Il biodiritto mette in luce con particolare evidenza alcune delle dinamiche contemporanee più significative e problematiche che coinvolgono il ‘sistema’ delle fonti . In particolare, è lo spiccare della giurisprudenza come fonte del diritto, anche all’interno di ordinamenti di civil law che non le hanno mai attribuito formalmente tale ruolo, a stimolare chi guardi con occhio critico al dibattito biogiuridico . Nel mio contributo, punto di osservazione privilegiato di queste frizioni sarà la nota sentenza della Cassazione sul caso Englaro (n. 21748/2007), con la quale si è consentito al tutore legale di un soggetto in stato vegetativo permanente di ottenere l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale artificiale. Nel caso di specie, stante la irreversibilità dello SVP, il padre-tutore, dopo aver ricostruito la volontà della figlia sulle cure, ha chiesto e ottenuto l’interruzione di alimentazione e idratazione artificiali, esprimendo in luogo della paziente il dissenso alla prosecuzione dei trattamenti. L’esame della sentenza, che costituisce un chiaro esempio di osmosi tra ordinamenti, permetterà di rilevare: - lo sfruttamento di pronunce straniere quali loci extrinseci nell’argomentare della Cassazione, all’insegna di una delle accezioni di quel ‘dialogo fra Corti’ sempre più all’attenzione della dottrina; - la rispondenza del requisito della riconduzione dell’istanza di interruzione alla volontà del paziente sulle cure alla dottrina nordamericana del ‘giudizio sostitutivo’, a cavallo tra il filone Quinlan-Jobes (che punta alla elaborazione di una ipotetica volontà del paziente) e il filone Conroy-Cruzan (che punta alla ricostruzione della volontà effettiva del paziente); - la tensione irrisolta tra la dimensione della ‘scoperta’ e quella della ‘invenzione’ della volontà del paziente, che porta il criterio della (ri)costruzione della volontà sulle cure ad oscillare tra un approccio descrittivistico ed uno costruttivistico dell’ ‘oggetto-volontà’. Non manca chi abbia visto nel principio di diritto elaborato dalla Cassazione, il quale conferisce rilievo alle pregresse manifestazioni orali del paziente, il riconoscimento per via giudiziale dell’istituto del testamento biologico. In chiusura del contributo si evidenzierà il carattere problematico di tale riconoscimento, il quale rischia di farsi esempio di quell’imperialismo giudiziario tanto temuto dai critici del giusrealismo.

Osmosi tra ordinamenti giuridici. Un caso per il biodiritto: il giudizio sostitutivo

Mingardo, Letizia
2012-01-01

Abstract

Il biodiritto mette in luce con particolare evidenza alcune delle dinamiche contemporanee più significative e problematiche che coinvolgono il ‘sistema’ delle fonti . In particolare, è lo spiccare della giurisprudenza come fonte del diritto, anche all’interno di ordinamenti di civil law che non le hanno mai attribuito formalmente tale ruolo, a stimolare chi guardi con occhio critico al dibattito biogiuridico . Nel mio contributo, punto di osservazione privilegiato di queste frizioni sarà la nota sentenza della Cassazione sul caso Englaro (n. 21748/2007), con la quale si è consentito al tutore legale di un soggetto in stato vegetativo permanente di ottenere l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale artificiale. Nel caso di specie, stante la irreversibilità dello SVP, il padre-tutore, dopo aver ricostruito la volontà della figlia sulle cure, ha chiesto e ottenuto l’interruzione di alimentazione e idratazione artificiali, esprimendo in luogo della paziente il dissenso alla prosecuzione dei trattamenti. L’esame della sentenza, che costituisce un chiaro esempio di osmosi tra ordinamenti, permetterà di rilevare: - lo sfruttamento di pronunce straniere quali loci extrinseci nell’argomentare della Cassazione, all’insegna di una delle accezioni di quel ‘dialogo fra Corti’ sempre più all’attenzione della dottrina; - la rispondenza del requisito della riconduzione dell’istanza di interruzione alla volontà del paziente sulle cure alla dottrina nordamericana del ‘giudizio sostitutivo’, a cavallo tra il filone Quinlan-Jobes (che punta alla elaborazione di una ipotetica volontà del paziente) e il filone Conroy-Cruzan (che punta alla ricostruzione della volontà effettiva del paziente); - la tensione irrisolta tra la dimensione della ‘scoperta’ e quella della ‘invenzione’ della volontà del paziente, che porta il criterio della (ri)costruzione della volontà sulle cure ad oscillare tra un approccio descrittivistico ed uno costruttivistico dell’ ‘oggetto-volontà’. Non manca chi abbia visto nel principio di diritto elaborato dalla Cassazione, il quale conferisce rilievo alle pregresse manifestazioni orali del paziente, il riconoscimento per via giudiziale dell’istituto del testamento biologico. In chiusura del contributo si evidenzierà il carattere problematico di tale riconoscimento, il quale rischia di farsi esempio di quell’imperialismo giudiziario tanto temuto dai critici del giusrealismo.
2012
9788856849660
biodiritto; volontà; descrittivismo; costruttivismo
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