La crisi agraria connessa alla “grande depressione” (1873-1896) segna un punto di svolta tra le crisi legate agli andamenti stagionali della produzione agricola e le congiunture economiche concatenate alle relazioni commerciali internazionali e ai consumi interni. Com’è ben noto, non si trattava di una crisi dettata da penuria di generi alimentari, come tradizionalmente accadeva in età preindustriale e come tuttora accade nelle aree del mondo in cui persiste l’arretratezza o che sono devastate dalla guerra, bensì di una congiuntura negativa causata da un’eccessiva disponibilità di cereali sui mercati ed al crollo del loro prezzo dovuto alla massiccia affluenza dei grani americani, russi e asiatici . La crisi agraria, che si presentava in un contesto socio-economico di forte evoluzione con significative difficoltà, operò come un potente acceleratore dell’emigrazione in America. In Italia come nella gran parte dell’Europa e degli Stati Uniti nella seconda metà del XIX secolo la povertà era ancora largamente diffusa e l’incremento del reddito pro capite e del PIL degli stati registrato negli ultimi decenni del secolo, non portò ad un miglioramento delle condizioni e delle aspettative di vita della popolazione, come evidenziato da Robert William Gogel. La crisi agraria e i conflitti doganali in Italia accentuarono tali situazioni di difficoltà soprattutto presso la popolazione dedita all’agricoltura, infatti, la grande abbondanza di cereali a basso costo non portò benefici, ma aumentò le quote di prodotto da destinare al mercato, riducendo l’autoconsumo dei contadini, e spinse i grandi proprietari a contrarre i coltivi e a limitare l’impiego di manodopera.
Percezioni della crisi tra liberismo e protezionismo: l'Italia negli anni della grande crisi agraria di fine Ottocento,
FERRARI, Maria Luisa
2013-01-01
Abstract
La crisi agraria connessa alla “grande depressione” (1873-1896) segna un punto di svolta tra le crisi legate agli andamenti stagionali della produzione agricola e le congiunture economiche concatenate alle relazioni commerciali internazionali e ai consumi interni. Com’è ben noto, non si trattava di una crisi dettata da penuria di generi alimentari, come tradizionalmente accadeva in età preindustriale e come tuttora accade nelle aree del mondo in cui persiste l’arretratezza o che sono devastate dalla guerra, bensì di una congiuntura negativa causata da un’eccessiva disponibilità di cereali sui mercati ed al crollo del loro prezzo dovuto alla massiccia affluenza dei grani americani, russi e asiatici . La crisi agraria, che si presentava in un contesto socio-economico di forte evoluzione con significative difficoltà, operò come un potente acceleratore dell’emigrazione in America. In Italia come nella gran parte dell’Europa e degli Stati Uniti nella seconda metà del XIX secolo la povertà era ancora largamente diffusa e l’incremento del reddito pro capite e del PIL degli stati registrato negli ultimi decenni del secolo, non portò ad un miglioramento delle condizioni e delle aspettative di vita della popolazione, come evidenziato da Robert William Gogel. La crisi agraria e i conflitti doganali in Italia accentuarono tali situazioni di difficoltà soprattutto presso la popolazione dedita all’agricoltura, infatti, la grande abbondanza di cereali a basso costo non portò benefici, ma aumentò le quote di prodotto da destinare al mercato, riducendo l’autoconsumo dei contadini, e spinse i grandi proprietari a contrarre i coltivi e a limitare l’impiego di manodopera.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.