Molti studiosi sono concordi nel considerare l’organizzazione come entità psicologica fatta di percezioni, vissuti, emozioni, e non solo come ambiente fisico, razionale e territoriale, descrivibile con linguaggi mutuati dalla matematica, dalla fisica e dall’ingegneria. Ad esempio, Schein (1985), definisce l’organizzazione come un sistema complesso, da studiare come sistema totale se si vuole capire il comportamento degli individui al suo interno e le manifestazioni sia individuali che di gruppo. In qualsiasi organizzazione, risulta naturale la presenza sia di elementi di rinuncia individuale (in termini di spontaneità e soggettività) sia di elementi di utilità collettiva; rinunciare ad una parte della propria individualità può portare al raggiungimento di un benessere collettivo. Possiamo definire il benessere organizzativo come quella capacità che l’organizzazione ha di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori a tutti i livelli e per tutti i ruoli (Favretto et al., 2009b). La strategia comunitaria auspica un approccio globale al benessere e nelle normative nazionali in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, si richiede uno sforzo di integrazione che interessa i campi teorici che si occupano della salute delle persone al lavoro, i dispositivi giuridici di prevenzione ed i metodi di valutazione dei rischi. Tra i fenomeni legati al concetto di salute organizzativa, quello più studiato nel tempo, nelle sue varie forme, centro di frequenti discussioni e fraintendimenti, è lo stress. Il suo paradigma, infatti, fonda il suo valore e una gran parte del suo fascino ancora vivo ed attuale, sul fatto che esso crea un avvincente spazio di ricerca e azione interdisciplinare nel quale si collocano a pieno titolo almeno fisiologia, psicologia ed economia. Queste ed altre discipline, infatti, costituiscono le colonne portanti dello sforzo interpretativo e applicativo riconducibile al modello, in particolare quando esso venga utilizzato per lo studio delle funzioni o delle disfunzioni organizzative e delle attività lavorative. Efficienza, produttività, benessere organizzativo si radicano perfettamente in questo spazio e, in esso, possono essere meglio comprese, interpretate, sviluppate.
Benessere e lavoro: il punto di vista della psicologia del lavoro e dell’organizzazione
FAVRETTO, Giuseppe;CUBICO, Serena;SPERANZINI, Katia
2012-01-01
Abstract
Molti studiosi sono concordi nel considerare l’organizzazione come entità psicologica fatta di percezioni, vissuti, emozioni, e non solo come ambiente fisico, razionale e territoriale, descrivibile con linguaggi mutuati dalla matematica, dalla fisica e dall’ingegneria. Ad esempio, Schein (1985), definisce l’organizzazione come un sistema complesso, da studiare come sistema totale se si vuole capire il comportamento degli individui al suo interno e le manifestazioni sia individuali che di gruppo. In qualsiasi organizzazione, risulta naturale la presenza sia di elementi di rinuncia individuale (in termini di spontaneità e soggettività) sia di elementi di utilità collettiva; rinunciare ad una parte della propria individualità può portare al raggiungimento di un benessere collettivo. Possiamo definire il benessere organizzativo come quella capacità che l’organizzazione ha di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori a tutti i livelli e per tutti i ruoli (Favretto et al., 2009b). La strategia comunitaria auspica un approccio globale al benessere e nelle normative nazionali in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, si richiede uno sforzo di integrazione che interessa i campi teorici che si occupano della salute delle persone al lavoro, i dispositivi giuridici di prevenzione ed i metodi di valutazione dei rischi. Tra i fenomeni legati al concetto di salute organizzativa, quello più studiato nel tempo, nelle sue varie forme, centro di frequenti discussioni e fraintendimenti, è lo stress. Il suo paradigma, infatti, fonda il suo valore e una gran parte del suo fascino ancora vivo ed attuale, sul fatto che esso crea un avvincente spazio di ricerca e azione interdisciplinare nel quale si collocano a pieno titolo almeno fisiologia, psicologia ed economia. Queste ed altre discipline, infatti, costituiscono le colonne portanti dello sforzo interpretativo e applicativo riconducibile al modello, in particolare quando esso venga utilizzato per lo studio delle funzioni o delle disfunzioni organizzative e delle attività lavorative. Efficienza, produttività, benessere organizzativo si radicano perfettamente in questo spazio e, in esso, possono essere meglio comprese, interpretate, sviluppate.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.