Girolamo Dai Libri pittore Tesi di dottorato di Monica Molteni Girolamo Dai Libri (1474 c. – 1555), pittore e miniatore veronese, inizia la sua attività all’interno della bottega familiare. Le prime prove note, attendibilmente databili dall’inizio degli anni Novanta del ‘400, sono le miniature destinate ad illustrare i libri corali di alcuni monasteri, fra cui quelli veronesi di Santa Maria in Organo, San Nazaro e Celso, San Bernardino e San Giorgio in Braida. Stilisticamente esse denunciano forti affinità con i modi del padre Francesco e questo fatto rende talora difficile scindere i diversi contributi, a riprova del rapporto strettamente simbiotico instauratosi fra i due artisti. In seguito Girolamo maturerà una propria, più marcata autonomia linguistica, che si comincia a percepire con chiarezza soprattutto nelle opere pittoriche. Ad apertura del catalogo dei dipinti Vasari (1568), uniformemente seguito dagli scrittori successivi, poneva la Deposizione eseguita per la cappella dei Da Lisca in Santa Maria in Organo e attualmente nella parrocchiale di Malcesine. In realtà la consapevolezza di mezzi che si coglie in questa pala fa pensare che il veronese avesse già avuto modo in precedenza di prendere confidenza con la tecnica a olio, sebbene le scarse sopravvivenze – in pratica la sola Adorazione ex Mond – non consentano di ricomporre che un quadro assai lacunoso. Le molte miniature per i libri corali, la Deposizione oggi a Malcesine, il Presepe dei conigli di Castelvecchio, eseguito sul 1500, i due Santi Mond e con essi i perduti dipinti per l’altare del Sacramento, tutti destinati alla chiesa olivetana di Santa Maria in Organo, indicano la centralità di questo cantiere nella vicenda giovanile del pittore (1498c. – 1502 c.), che qui ebbe l’occasione di fare molti e produttivi incontri: con il vecchio Liberale, con i due Morone e con l’intagliatore ed architetto fra Giovanni, con il quale collabora alla decorazione degli altari del Sacramento e della Muletta. Ai primi del ‘500, dopo un probabile soggiorno a Vicenza (1506), Girolamo torna nella città natale. I decenni d’avvio del nuovo secolo lo vedono professionalmente molto attivo: in questo periodo prendono infatti forma alcune importanti commissioni quali la pala per l’altare Centrego in Santa Anastasia, quella per San Leonardo (New York, Metropolitan Museum) e quelle per la cappella Bonalini in Santa Maria in Organo (Berlino, Gemäldegalerie), per San Tommaso Cantauriense e San Giacomo alla Pigna (Verona, Castelvecchio). Nello stesso frangente cronologico egli si dedica anche alla pittura a fresco, lavorando insieme ad aiuti non identificati a una facciata di Piazza delle Erbe, né dovettero mancargli richieste di operine di minor impegno, verosimilmente destinate alla devozione privata, quali il bel Cristo Risorto di Cristie, la cui attribuzione al Dai Libri è confortata dalla perfetta analogia della figura con un tipo iconografico più volte replicato e dalle corrispondenze stilistiche con le opere di questo momento. Gli anni della maturità vedono intensificarsi il rapporto di Girolamo con Francesco Morone, con il quale egli si troverà a collaborare a più riprese fra 1513 e 1529, in particolare nel contesto di Santa Maria in Organo, chiesa cui erano destinate le portelle d’organo oggi esposte nella parrocchiale di Marcellise (1515), nelle quali è al massimo grado lampante il processo di reciproco adeguamento stilistico messo in atto dai due artisti. Un’analoga sintonia d’intenti pare inoltre ravvisabile in San Giorgio in Braida, ove i pittori si dividono la decorazione dell’altare con la Madonna col Bambino e i santi Lorenzo Giustiniani e Zeno (1526), eseguita insieme alla sottostante predella da Girolamo e coronata da una lunetta con Dio Padre, opera del Morone. Non molto dopo, il Dai Libri comincerà a registrare con sempre maggior attenzione anche gli spunti dinamici e coloristici della pittura del Cavazzola, di cui si colgono riflessi evidenti nella Madonna con il Bambino e Sant’Anna della National Gallery di Londra (da Santa Maria della Scala, risalente al 1518) e nella luminosa e successiva pala per San Paolo in Campo Marzio. I dipinti estremi non prospettano particolari problemi di cronologia in quanto tutti datati o documentati: dalla pala per San Giorgio, risalente al 1526, alla cosiddetta Madonna dell’ombrellino (Verona, Castelvecchio; da Santa Maria della Vittoria Nuova) del 1530, fino alla più tarda Madonna della quercia (Verona, Castelvecchio; da Sant’Andrea), Girolamo rimane fedele all’impostazione classicista che connota fin dagli esordi la sua maniera, sviluppandola tuttavia in direzione del paesaggio, che verrà ad avere un peso compositivo sempre più rilevante. A rimanere in sospeso è semmai la ricostruzione dell’ultimo ventennio della sua carriera: a fronte dell’incerta datazione della pala per Sant’Andrea e della mancanza di ulteriori dipinti sicuri inquadrabili in questo lasso cronologico, dopo il 1530 della Madonna dell’ombrellino lo svolgimento del suo percorso professionale si fa in effetti quanto mai elusivo. L’apparenza è che egli abbia abbandonato la pittura per riconvertirsi alla miniatura, che praticò fino alla morte, come dimostrano le date 1554 e 1555 che si leggono sui corali superstiti di Polirone. È tuttavia possibile che egli non avesse del tutto – e inspiegabilmente – accantonato i pennelli, ma che più semplicemente, sopravanzato da autori più moderni, fosse uscito dal circuito delle commissioni ufficiali e insieme alla bottega avesse ripiegato su una produzione destinata agli ambiti sempre conservatori del collezionismo privato, probabilmente concentrandosi nella produzione di dipinti da camera: la collocazione ‘defilata’ di questo genere di lavori, la loro mancata inventariazione nelle guide e negli scritti degli storici veronesi e la conseguente facilità della loro dispersione aiuterebbero dunque a spiegare almeno in parte l’incredibile e più che ventennale lacuna che compromette la ricostruzione della sua attività estrema.

Girolamo Dai Libri painter Girolamo Dai Libri (1474 c. – 1555), painter and miniaturist from Verona, begins his activity inside the family shop. The first known tests, reliably dated from the beginning of the nineties of ‘400, are the miniatures of the choral books of some monasteries, also included those from Verona such as Santa Maria in Organo, San Nazaro and Celso, San Bernardino and San Giorgio in Braida. From a stylistic point of view, they present strong affinities with the style of father Francesco and this fact sometimes makes difficult to divide the different contributions, as confirmation of the close symbiotical relationship between the two artists. Later on, Girolamo shall mature his own and more pronounced linguistic autonomy, that begins to appear with major clearness especially in the paint works. At opening of the catalogue of paintings, Vasari (1568), commonly followed by the later writers, placed the Deposizione, performed for the chapel of Da Lisca in Santa Maria in Organo and, at present, in the parish of Malcesine. In fact, the consciousness of means that appear in this altarpiece make believe that the artist from Verona already had the opportunity of dealing with the oil technique painting, even though the few surviving pieces -only the Adorazione ex Mond- allow to give just an incomplete summary of the situation. The many miniatures for choral books, the Deposizione at present at Malcesine, the Presepe dei Conigli of Castelvecchio performed in 1500, the two Santi Mond and together with them the lost paintings for the Sacramento altar, all addressed to the church of Santa Maria in Organo, point out the importance of this workshop in the youth of the painter (1498c. – 1502c.), that in this context had the opportunity of making several and productive acquaintances: with the old Liberale, with the two Morone and with the carver and architect fra Giovanni, with whom he collaborates on the decoration of the Sacramento and Muletta altars. At the beginning of sixteenth century, after a probable stay in Vicenza (1506), Girolamo returns to Verona. The first decades of the new century are very active for his profession: in this period in fact some important works are placed such as the altarpiece for the Centrego altar in Santa Anastasia, the one for San Leonardo (New York, Metropolitan Museum) and the one for the Bonalini chapel in Santa Maria in Organo (Berlin, Gemäldegalerie), for San Tommaso Catauriense and San Giacomo alla Pigna (Verona, Castelvecchio). In the same period of time he also devotes himself to the fresco, working together with non identified helpers to a front in Piazza delle Erbe, he receives requests for minor difficult pictures, probably assigned for private devoutness purposes, such as the beautiful Cristie’s Cristo Risorto, whose attribution to Dai Libri is supported by the perfect analogy of the picture with an often repeated iconographical model and by the stylistic correspondents to the works of this period. During the years of his maturity, Girolamo intensifies the relationship with Francesco Morone, with whom he will collaborate on several occasions between 1513 and 1529, in particular within the context of Santa Maria in Organo, a church that was destined to receive the pictures for the organ that are at present exhibited in the parish of Marcellise (1515), where the process of reciprocal stylistic adaptation of the two artists is crystal clear. A similar wavelength of intents appears in San Giorgio in Braida, where the painters split up the decoration of the altar with the Madonna with the Child and Saints Lorenzo Giustiniani e Zeno (1526), performed together with the below predella by Girolamo and crowned by a lunette representing Dio Padre, work of Morone. Not much later, Dai Libri began to note, with growing attention, the dynamic and colour cues of the paintings of Cavazzola, whose obvious influence appears in the Madonna with Child and S. Anna in the London National Gallery (from Santa Maria della Scala, dated around 1518) and in the bright and subsequent altarpiece for San Paolo in Campo Marzio. The final paintings do not present particular chronological problems since they are all dated or supported by documents: starting from the altarpiece for San Giorgio, dated around 1526, to the so-called Madonna dell’Ombrellino (Verona, Castelvecchio; from Santa Maria della Vittoria Nuova) dated 1530, until the later Madonna della quercia (Verona, Castelvecchio; from Sant’Andrea), Girolamo remains faithful to the classicist formation that distinguishes his style from the beginning, yet developing it towards the landscape, that will have an increasing constituent importance. In case, remains pending the reconstruction of the last twenty year period of his career: regarding the uncertain dating of the altarpiece for Sant’Andrea and the lack of further certain paintings set in this lapse of time, after 1530 with the Madonna dell’ombrellino, his professional course is in fact quite evasive. Apparently he abandoned painting to be converted to miniature that he practised until his death, as proved by the dates 1554 and 1555 that are found on the surviving choral books of Polirone. It is perhaps possible that he had not completely set aside paint brushing but simply, being surpassed by more modern authors, had left the circuit of the official orders and together with the shop, had decided to fall back on a production assigned to the conservative private collection, probably concentrating on the production of little paintings: the “out of range” placing of these kind of works, the lack of inventory in the guides and writings of the historians of Verona and the consequent easiness of their dispersion shall therefore help to explain at least in part, the incredible and more then twenty-year gap that compromises the reconstruction of his last activity.

Girolamo Dai Libri pittore

MOLTENI, Monica
2002-01-01

Abstract

Girolamo Dai Libri painter Girolamo Dai Libri (1474 c. – 1555), painter and miniaturist from Verona, begins his activity inside the family shop. The first known tests, reliably dated from the beginning of the nineties of ‘400, are the miniatures of the choral books of some monasteries, also included those from Verona such as Santa Maria in Organo, San Nazaro and Celso, San Bernardino and San Giorgio in Braida. From a stylistic point of view, they present strong affinities with the style of father Francesco and this fact sometimes makes difficult to divide the different contributions, as confirmation of the close symbiotical relationship between the two artists. Later on, Girolamo shall mature his own and more pronounced linguistic autonomy, that begins to appear with major clearness especially in the paint works. At opening of the catalogue of paintings, Vasari (1568), commonly followed by the later writers, placed the Deposizione, performed for the chapel of Da Lisca in Santa Maria in Organo and, at present, in the parish of Malcesine. In fact, the consciousness of means that appear in this altarpiece make believe that the artist from Verona already had the opportunity of dealing with the oil technique painting, even though the few surviving pieces -only the Adorazione ex Mond- allow to give just an incomplete summary of the situation. The many miniatures for choral books, the Deposizione at present at Malcesine, the Presepe dei Conigli of Castelvecchio performed in 1500, the two Santi Mond and together with them the lost paintings for the Sacramento altar, all addressed to the church of Santa Maria in Organo, point out the importance of this workshop in the youth of the painter (1498c. – 1502c.), that in this context had the opportunity of making several and productive acquaintances: with the old Liberale, with the two Morone and with the carver and architect fra Giovanni, with whom he collaborates on the decoration of the Sacramento and Muletta altars. At the beginning of sixteenth century, after a probable stay in Vicenza (1506), Girolamo returns to Verona. The first decades of the new century are very active for his profession: in this period in fact some important works are placed such as the altarpiece for the Centrego altar in Santa Anastasia, the one for San Leonardo (New York, Metropolitan Museum) and the one for the Bonalini chapel in Santa Maria in Organo (Berlin, Gemäldegalerie), for San Tommaso Catauriense and San Giacomo alla Pigna (Verona, Castelvecchio). In the same period of time he also devotes himself to the fresco, working together with non identified helpers to a front in Piazza delle Erbe, he receives requests for minor difficult pictures, probably assigned for private devoutness purposes, such as the beautiful Cristie’s Cristo Risorto, whose attribution to Dai Libri is supported by the perfect analogy of the picture with an often repeated iconographical model and by the stylistic correspondents to the works of this period. During the years of his maturity, Girolamo intensifies the relationship with Francesco Morone, with whom he will collaborate on several occasions between 1513 and 1529, in particular within the context of Santa Maria in Organo, a church that was destined to receive the pictures for the organ that are at present exhibited in the parish of Marcellise (1515), where the process of reciprocal stylistic adaptation of the two artists is crystal clear. A similar wavelength of intents appears in San Giorgio in Braida, where the painters split up the decoration of the altar with the Madonna with the Child and Saints Lorenzo Giustiniani e Zeno (1526), performed together with the below predella by Girolamo and crowned by a lunette representing Dio Padre, work of Morone. Not much later, Dai Libri began to note, with growing attention, the dynamic and colour cues of the paintings of Cavazzola, whose obvious influence appears in the Madonna with Child and S. Anna in the London National Gallery (from Santa Maria della Scala, dated around 1518) and in the bright and subsequent altarpiece for San Paolo in Campo Marzio. The final paintings do not present particular chronological problems since they are all dated or supported by documents: starting from the altarpiece for San Giorgio, dated around 1526, to the so-called Madonna dell’Ombrellino (Verona, Castelvecchio; from Santa Maria della Vittoria Nuova) dated 1530, until the later Madonna della quercia (Verona, Castelvecchio; from Sant’Andrea), Girolamo remains faithful to the classicist formation that distinguishes his style from the beginning, yet developing it towards the landscape, that will have an increasing constituent importance. In case, remains pending the reconstruction of the last twenty year period of his career: regarding the uncertain dating of the altarpiece for Sant’Andrea and the lack of further certain paintings set in this lapse of time, after 1530 with the Madonna dell’ombrellino, his professional course is in fact quite evasive. Apparently he abandoned painting to be converted to miniature that he practised until his death, as proved by the dates 1554 and 1555 that are found on the surviving choral books of Polirone. It is perhaps possible that he had not completely set aside paint brushing but simply, being surpassed by more modern authors, had left the circuit of the official orders and together with the shop, had decided to fall back on a production assigned to the conservative private collection, probably concentrating on the production of little paintings: the “out of range” placing of these kind of works, the lack of inventory in the guides and writings of the historians of Verona and the consequent easiness of their dispersion shall therefore help to explain at least in part, the incredible and more then twenty-year gap that compromises the reconstruction of his last activity.
2002
Girolamo Dai Libri; pittura; Verona; XVI secolo
Girolamo Dai Libri pittore Tesi di dottorato di Monica Molteni Girolamo Dai Libri (1474 c. – 1555), pittore e miniatore veronese, inizia la sua attività all’interno della bottega familiare. Le prime prove note, attendibilmente databili dall’inizio degli anni Novanta del ‘400, sono le miniature destinate ad illustrare i libri corali di alcuni monasteri, fra cui quelli veronesi di Santa Maria in Organo, San Nazaro e Celso, San Bernardino e San Giorgio in Braida. Stilisticamente esse denunciano forti affinità con i modi del padre Francesco e questo fatto rende talora difficile scindere i diversi contributi, a riprova del rapporto strettamente simbiotico instauratosi fra i due artisti. In seguito Girolamo maturerà una propria, più marcata autonomia linguistica, che si comincia a percepire con chiarezza soprattutto nelle opere pittoriche. Ad apertura del catalogo dei dipinti Vasari (1568), uniformemente seguito dagli scrittori successivi, poneva la Deposizione eseguita per la cappella dei Da Lisca in Santa Maria in Organo e attualmente nella parrocchiale di Malcesine. In realtà la consapevolezza di mezzi che si coglie in questa pala fa pensare che il veronese avesse già avuto modo in precedenza di prendere confidenza con la tecnica a olio, sebbene le scarse sopravvivenze – in pratica la sola Adorazione ex Mond – non consentano di ricomporre che un quadro assai lacunoso. Le molte miniature per i libri corali, la Deposizione oggi a Malcesine, il Presepe dei conigli di Castelvecchio, eseguito sul 1500, i due Santi Mond e con essi i perduti dipinti per l’altare del Sacramento, tutti destinati alla chiesa olivetana di Santa Maria in Organo, indicano la centralità di questo cantiere nella vicenda giovanile del pittore (1498c. – 1502 c.), che qui ebbe l’occasione di fare molti e produttivi incontri: con il vecchio Liberale, con i due Morone e con l’intagliatore ed architetto fra Giovanni, con il quale collabora alla decorazione degli altari del Sacramento e della Muletta. Ai primi del ‘500, dopo un probabile soggiorno a Vicenza (1506), Girolamo torna nella città natale. I decenni d’avvio del nuovo secolo lo vedono professionalmente molto attivo: in questo periodo prendono infatti forma alcune importanti commissioni quali la pala per l’altare Centrego in Santa Anastasia, quella per San Leonardo (New York, Metropolitan Museum) e quelle per la cappella Bonalini in Santa Maria in Organo (Berlino, Gemäldegalerie), per San Tommaso Cantauriense e San Giacomo alla Pigna (Verona, Castelvecchio). Nello stesso frangente cronologico egli si dedica anche alla pittura a fresco, lavorando insieme ad aiuti non identificati a una facciata di Piazza delle Erbe, né dovettero mancargli richieste di operine di minor impegno, verosimilmente destinate alla devozione privata, quali il bel Cristo Risorto di Cristie, la cui attribuzione al Dai Libri è confortata dalla perfetta analogia della figura con un tipo iconografico più volte replicato e dalle corrispondenze stilistiche con le opere di questo momento. Gli anni della maturità vedono intensificarsi il rapporto di Girolamo con Francesco Morone, con il quale egli si troverà a collaborare a più riprese fra 1513 e 1529, in particolare nel contesto di Santa Maria in Organo, chiesa cui erano destinate le portelle d’organo oggi esposte nella parrocchiale di Marcellise (1515), nelle quali è al massimo grado lampante il processo di reciproco adeguamento stilistico messo in atto dai due artisti. Un’analoga sintonia d’intenti pare inoltre ravvisabile in San Giorgio in Braida, ove i pittori si dividono la decorazione dell’altare con la Madonna col Bambino e i santi Lorenzo Giustiniani e Zeno (1526), eseguita insieme alla sottostante predella da Girolamo e coronata da una lunetta con Dio Padre, opera del Morone. Non molto dopo, il Dai Libri comincerà a registrare con sempre maggior attenzione anche gli spunti dinamici e coloristici della pittura del Cavazzola, di cui si colgono riflessi evidenti nella Madonna con il Bambino e Sant’Anna della National Gallery di Londra (da Santa Maria della Scala, risalente al 1518) e nella luminosa e successiva pala per San Paolo in Campo Marzio. I dipinti estremi non prospettano particolari problemi di cronologia in quanto tutti datati o documentati: dalla pala per San Giorgio, risalente al 1526, alla cosiddetta Madonna dell’ombrellino (Verona, Castelvecchio; da Santa Maria della Vittoria Nuova) del 1530, fino alla più tarda Madonna della quercia (Verona, Castelvecchio; da Sant’Andrea), Girolamo rimane fedele all’impostazione classicista che connota fin dagli esordi la sua maniera, sviluppandola tuttavia in direzione del paesaggio, che verrà ad avere un peso compositivo sempre più rilevante. A rimanere in sospeso è semmai la ricostruzione dell’ultimo ventennio della sua carriera: a fronte dell’incerta datazione della pala per Sant’Andrea e della mancanza di ulteriori dipinti sicuri inquadrabili in questo lasso cronologico, dopo il 1530 della Madonna dell’ombrellino lo svolgimento del suo percorso professionale si fa in effetti quanto mai elusivo. L’apparenza è che egli abbia abbandonato la pittura per riconvertirsi alla miniatura, che praticò fino alla morte, come dimostrano le date 1554 e 1555 che si leggono sui corali superstiti di Polirone. È tuttavia possibile che egli non avesse del tutto – e inspiegabilmente – accantonato i pennelli, ma che più semplicemente, sopravanzato da autori più moderni, fosse uscito dal circuito delle commissioni ufficiali e insieme alla bottega avesse ripiegato su una produzione destinata agli ambiti sempre conservatori del collezionismo privato, probabilmente concentrandosi nella produzione di dipinti da camera: la collocazione ‘defilata’ di questo genere di lavori, la loro mancata inventariazione nelle guide e negli scritti degli storici veronesi e la conseguente facilità della loro dispersione aiuterebbero dunque a spiegare almeno in parte l’incredibile e più che ventennale lacuna che compromette la ricostruzione della sua attività estrema.
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