L’autoefficacia professionale è, come richiamato anche nei precedenti capitoli, un costrutto teorico non direttamente misurabile e la sua valutazione può avvenire solo attraverso l’analisi dei diversi aspetti osservabili ad essa correlati. In altre parole, l’autoefficacia professionale può essere definita come quella variabile latente che costituisce la parte comune dei diversi aspetti direttamente osservabili ad essa correlati e responsabile della correlazione tra di essi. Da un punto di vista statistico, un tale costrutto ricade naturalmente nel contesto classico dell’analisi fattoriale il cui scopo principale è quello di identificare alcune (esigue) variabili latenti (fattori) incorrelate tra di loro in grado di spiegare i legami, le interrelazioni e le dipendenze tra le variabili statistiche osservate. Lo studio delle relazioni esistenti tra le variabili osservate tramite l’individuazione di fattori comuni a tutte le variabili e di fattori specifici a ciascuna variabile, si è sviluppato a partire dalle idee di Galton, e deve la coniazione del suo nome ed i primi sviluppi, soprattutto in ambito psicologico, a Spearman. Solo successivamente, grazie a Lawley, l'analisi fattoriale ebbe la sua completa formalizzazione, da un punto di vista inferenziale, con la derivazione delle stime di massima verosimiglianza. Negli ultimi anni, importanti sviluppi hanno riguardato l’estensione del modello fattoriale a diverse tipologie di variabili osservate, spaziando dall’estensione del modello fattoriale a dati non gaussiani, all’estensione a dati aventi distribuzioni probabilistiche diverse. Altri recenti studi hanno invece riguardato lo sviluppo di modelli fattoriali in cui anche per i fattori latenti, oltre che per le variabili osservate, si ipotizzano distribuzioni diverse dalla gaussiana.
Analisi dell’autoefficacia professionale con un modello fattoriale per dati binomiali
FERRARI, Clarissa;MINOZZO, Marco
2011-01-01
Abstract
L’autoefficacia professionale è, come richiamato anche nei precedenti capitoli, un costrutto teorico non direttamente misurabile e la sua valutazione può avvenire solo attraverso l’analisi dei diversi aspetti osservabili ad essa correlati. In altre parole, l’autoefficacia professionale può essere definita come quella variabile latente che costituisce la parte comune dei diversi aspetti direttamente osservabili ad essa correlati e responsabile della correlazione tra di essi. Da un punto di vista statistico, un tale costrutto ricade naturalmente nel contesto classico dell’analisi fattoriale il cui scopo principale è quello di identificare alcune (esigue) variabili latenti (fattori) incorrelate tra di loro in grado di spiegare i legami, le interrelazioni e le dipendenze tra le variabili statistiche osservate. Lo studio delle relazioni esistenti tra le variabili osservate tramite l’individuazione di fattori comuni a tutte le variabili e di fattori specifici a ciascuna variabile, si è sviluppato a partire dalle idee di Galton, e deve la coniazione del suo nome ed i primi sviluppi, soprattutto in ambito psicologico, a Spearman. Solo successivamente, grazie a Lawley, l'analisi fattoriale ebbe la sua completa formalizzazione, da un punto di vista inferenziale, con la derivazione delle stime di massima verosimiglianza. Negli ultimi anni, importanti sviluppi hanno riguardato l’estensione del modello fattoriale a diverse tipologie di variabili osservate, spaziando dall’estensione del modello fattoriale a dati non gaussiani, all’estensione a dati aventi distribuzioni probabilistiche diverse. Altri recenti studi hanno invece riguardato lo sviluppo di modelli fattoriali in cui anche per i fattori latenti, oltre che per le variabili osservate, si ipotizzano distribuzioni diverse dalla gaussiana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.