Durante tutto il Quattrocento e ancora nei primi anni del Cinquecento gli stati italiani furono un polo di attrazione per molti letterati spagnoli che, mossi dalla speranza di gustare i cibi preziosi della rinata cultura classica, oppure più semplicemente in cerca di un mecenate che li sostenesse nei loro studi, si dirigevano pieni di aspettative verso le principali città della penisola, alla volta degli studia più prestigiosi. Di questa realtà erano ben consci anche gli umanisti italiani che dalla metà del XV secolo rivendicavano apertamente il loro primato culturale. All’epoca di Carlo V la situazione aveva conosciuto un sostanziale mutamento, grazie alla crescita della Spagna e all’inizio del parallelo declino politico, economico e culturale degli stati italiani. Contestualmente anche questi ultimi, con le loro università e le loro corti, smisero di essere una terra promessa per molti intellettuali iberici che furono invece calamitati dalla dalle nuove prospettive offerte dall’imperatore, desideroso di incrementare il proprio prestigio anche attraverso l’abile penna di già famosi scrittori o il talento di giovani in cerca di un patrono. Il cambiamento fu certo graduale e per rappresentarlo concretamente si presentano in questa occasione le vicende di un professore spagnolo della metà del Quattrocento, rimasto ignoto ai più fino a non molti anni fa, Giacomo Publicio, per contrapporlo all’esperienza di un altro grande umanista spagnolo dell’epoca di Carlo V, Juan Ginés de Sepúlveda.

Umanisti spagnoli tra Italia e Spagna

FORNER, Fabio
2011-01-01

Abstract

Durante tutto il Quattrocento e ancora nei primi anni del Cinquecento gli stati italiani furono un polo di attrazione per molti letterati spagnoli che, mossi dalla speranza di gustare i cibi preziosi della rinata cultura classica, oppure più semplicemente in cerca di un mecenate che li sostenesse nei loro studi, si dirigevano pieni di aspettative verso le principali città della penisola, alla volta degli studia più prestigiosi. Di questa realtà erano ben consci anche gli umanisti italiani che dalla metà del XV secolo rivendicavano apertamente il loro primato culturale. All’epoca di Carlo V la situazione aveva conosciuto un sostanziale mutamento, grazie alla crescita della Spagna e all’inizio del parallelo declino politico, economico e culturale degli stati italiani. Contestualmente anche questi ultimi, con le loro università e le loro corti, smisero di essere una terra promessa per molti intellettuali iberici che furono invece calamitati dalla dalle nuove prospettive offerte dall’imperatore, desideroso di incrementare il proprio prestigio anche attraverso l’abile penna di già famosi scrittori o il talento di giovani in cerca di un patrono. Il cambiamento fu certo graduale e per rappresentarlo concretamente si presentano in questa occasione le vicende di un professore spagnolo della metà del Quattrocento, rimasto ignoto ai più fino a non molti anni fa, Giacomo Publicio, per contrapporlo all’esperienza di un altro grande umanista spagnolo dell’epoca di Carlo V, Juan Ginés de Sepúlveda.
2011
9788896419267
Umanesimo; Erasmo; Spagna; Italia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/382026
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