Nel fiorente sviluppo delle arti manifestatosi in Italia durante il Rinascimento, minore attenzione ha sempre destato tra la critica la tecnica della tarsia lignea. Eppure la sua fortuna, essenzialmente tra il Quattro e il Cinquecento, assume un risalto che ci pare innegabile nel momento in cui si osservino le peculiarità di una diffusione (per tutto il XV secolo confinata pressoché alla sola penisola italiana) che assume di volta in volta connotati specifici in virtù della declinazione territoriale che sottende la genesi dei diversi cicli, ma a conti fatti si struttura secondo un codice informato di valori condivisi. Né scultura, né pittura (o forse “pittura di legno”, giusta la definizione di Pier Luigi Bagatin quale parafrasi dell’espressione “legni tinti” di vasariana memoria), né – infine – architettura. O forse, a ben vedere, tutte e tre le arti insieme. Sviluppata su un piano bidimensionale e secondo ben collaudati canoni cromatici cari alla pittura, la tarsia vive tuttavia di materia che va intagliata, composta, e dunque “scolpita”, e trova la massima esaltazione delle proprie insite potenzialità nel raffigurare oggetti letti nella tridimensionalità, ovvero spazi urbani tradotti attraverso studiatissime prospettive di architetture.
Tarsie lignee del Rinascimento in Italia
TREVISAN, Luca
2011-01-01
Abstract
Nel fiorente sviluppo delle arti manifestatosi in Italia durante il Rinascimento, minore attenzione ha sempre destato tra la critica la tecnica della tarsia lignea. Eppure la sua fortuna, essenzialmente tra il Quattro e il Cinquecento, assume un risalto che ci pare innegabile nel momento in cui si osservino le peculiarità di una diffusione (per tutto il XV secolo confinata pressoché alla sola penisola italiana) che assume di volta in volta connotati specifici in virtù della declinazione territoriale che sottende la genesi dei diversi cicli, ma a conti fatti si struttura secondo un codice informato di valori condivisi. Né scultura, né pittura (o forse “pittura di legno”, giusta la definizione di Pier Luigi Bagatin quale parafrasi dell’espressione “legni tinti” di vasariana memoria), né – infine – architettura. O forse, a ben vedere, tutte e tre le arti insieme. Sviluppata su un piano bidimensionale e secondo ben collaudati canoni cromatici cari alla pittura, la tarsia vive tuttavia di materia che va intagliata, composta, e dunque “scolpita”, e trova la massima esaltazione delle proprie insite potenzialità nel raffigurare oggetti letti nella tridimensionalità, ovvero spazi urbani tradotti attraverso studiatissime prospettive di architetture.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.