Nella tesi sono stati proposti diversi studi e approfondimenti riguardanti sia il problema della valutazione dell’intervista medica che alcuni degli aspetti salienti dell’interazione medico-paziente, quali la disponibilità a trattare tematiche psico-sociali e l’interazione tra il comportamento verbale del paziente (cues) e quello del medico. I dati sono stati raccolti in due fasi. Nella prima si sono raccolte sessioni ambulatoriali successive, senza operare selezioni sui pazienti, se non sulla base del consenso, mentre a posteriori sono stati considerati solo i pazienti adulti che erano giunti alla consultazione per un problema di salute nuovo. Nella seconda fase si sono estratti dal campione iniziale due gruppi di pazienti appaiati a costituire uno studio tipo “caso-controllo”. L’appaiamento è stato fatto sulla base del medico che ha condotto l’intervista, il sesso, l’età e la presenza o meno di malattia cronica. Ciò al fine di tenere sotto controllo le variabili che dallo studio della letteratura risultavano probabili confondenti. Tre sono stati i principali obiettivi perseguiti: 1. Formulazione di un sistema di classificazione valido e attendibile per descrivere il comportamento verbale del paziente durante la consultazione medica. 2. Valutazione delle caratteristiche socio-demografiche, cliniche e di personalità del paziente che possono essere associate ai comportamenti verbali messi in atto durante la consultazione medica. 3. Elaborazione di un modello in grado di descrivere l’interazione medico-paziente durante la consultazione. Il primo degli obiettivi proposti si è concretizzato nella realizzazione del VR-MICS (Verona Medical Interview Classification System), un sistema di classificazione che consente la valutazione del diverso apporto all’interazione del medico (VR-MICS/D, Saltini et al., 1998; 1999) e del paziente (VR-MICS/P, Del Piccolo et al., 1999a, 1999b) e che rende conto delle caratteristiche salienti dell’interazione “centrata sul paziente”. Lo studio di attendibilità del VR-MICS/P ha dimostrato che si tratta di uno strumento attendibile (accordo percentuale 87.5% e Kappa di Cohen pari a 0.85). Le categorie che presentano il più elevato grado di similarità (indice di Dice, 1945) sono le manifestazioni di accordo, le domande e gli statement sui sintomi e il loro trattamento. Rispetto alla formulazione, i cue sono meno facilmente individuabili rispetto agli statement, tuttavia il loro indice di similarità risulta complessivamente buono (0.81 contro 0.89 degli statement). La più critica è risultata la categoria relativa all’impatto della malattia sulle funzioni quotidiane. Si è deciso di mantenerla comunque, in quanto si tratta di un contenuto teoricamente importante. La sua presenza, infatti, costituisce un efficace indicatore dello stile di intervista “centrato sul paziente”, in quanto consente a quest’ultimo di introdurre anche tematiche psico-sociali tra gli argomenti proposti al medico. Proprio perché comportamento relativamente raro, può essere interessante analizzarne la frequenza prima e dopo un training, in quanto se il training è stato efficace, dovrebbe essere vistoso l’aumento di questa categoria. Analogamente, dovrebbe essere evidente il mutamento del comportamento verbale del medico dopo un cue del paziente. I cue verbali hanno quindi costituito l’oggetto di interesse dominante nella seconda fase della ricerca. Tuttavia, prima di analizzare nel dettaglio i comportamenti verbali, abbiamo indagato il significato di un altro dato rilevante: la discrepanza tra la percentuale di pazienti che si sono dichiarati in accordo con la trattazione di tematiche psico-sociali durante la consultazione medica (80%) e coloro che ne hanno effettivamente parlato (50%). I pazienti selezionati per questo studio rappresentano i tre quarti del campione che si è rivolto al medico di base. Tutti hanno indicato di aver affrontato eventi stressanti e/o problemi sociali di notevole/grave importanza, tuttavia solo la metà degli uomini e i due terzi delle donne ne hanno parlato con il medico di base durante la consultazione attuale. Il nostro proposito era dunque quello di individuare quali variabili socio-demografiche, psico-sociali e cliniche potessero spiegare questo comportamento. I risultati hanno evidenziato il ruolo fondamentale di un’attitudine positiva del paziente nell’affrontare tematiche psico-sociali con il medico, soprattutto nel caso degli uomini. Questa a sua volta è condizionata dall’età, dall’esperienza di aver parlato con il medico (sia in passato che nel presente per le donne, solo nel presente per gli uomini) e dalla gravità della malattia organica nei pazienti maschi. Oltre che da un’attitudine positiva, il fatto che il paziente abbia affrontato tematiche psico-sociali durante la consultazione è anche determinato dall’entità del disagio emotivo, quando presente, e nel caso di una paziente donna dall’averne già parlato in passato, nonché dal grado di conoscenza del medico (anni da cui è seguita). Nel caso delle donne la presenza di un evento stressante nuovo, costituisce molto spesso l’occasione per introdurre tematiche psico-sociali, soprattutto se sono compresenti problemi sociali. Tale comportamento diventa più frequente in presenza di una consolidata conoscenza del medico. E’ quindi plausibile pensare che le donne cerchino più che gli uomini un rapporto di confidenza con il medico di base, in cui al di là del disagio personale ha un ruolo determinante il rapporto di fiducia che nel tempo si instaura. In entrambe le regressioni elaborate nello studio emerge l’importanza delle precedenti esperienze di confidenza sia nel favorire la disponibilità a parlare di eventi e problemi durante la consultazione, sia un’attitudine positiva verso tale comportamento. Nel caso degli uomini, il fatto di aver parlato con il medico è determinato unicamente dall’attitudine positiva e viceversa. Essi non sembrano dunque disposti a confidarsi con il medico unicamente sulla base della conoscenza reciproca o dell’esperienza di consultazioni precedenti, tendendo a preferire soluzioni pragmatiche fondate principalmente sui sintomi organici presentati e solo quando questi sono particolarmente gravi si mostrano più disposti a trattare anche tematiche psico-sociali, come è emerso dalla regressione relativa all’attitudine a confidarsi. Un altro elemento che interviene a favore di una positiva attitudine a confidarsi è l’età. Confrontate con i giovani, le persone più anziane tendono a essere più disponibili a parlare con il medico dei loro problemi. Tale associazione tra attitudine ed età può essere legata alla presenza di un maggior numero di difficoltà psico-sociali negli anziani quali l’elevata probabilità di vivere soli, la presenza di patologie invalidanti, la minor fiducia nelle capacità personali di fronteggiare le difficoltà. Infine, nel 30% dei pazienti che pur ritenendo importante trattare tematiche psico-sociali non l’hanno fatto è presumibile pensare che sia stata determinante l’assenza di facilitazioni da parte del medico. A tale scopo, insegnare ai medici a elicitare e quindi affrontare con il paziente tematiche psico-sociali ha un ruolo determinante sia nel facilitare una corretta diagnosi, data l’associazione tra problemi sociali, eventi stressanti e disagio emotivo, sia nel migliorare la qualità del rapporto medico-paziente. Allo scopo di comprendere quali fossero i comportamenti verbali del medico più appropriati alla corretta identificazione della presenza/assenza di disagio emotivo, sono stati svolti due studi, riportati negli ultimi due capitoli. Il primo ha puntato l’attenzione sulle differenze nel comportamento verbale (cues) di pazienti con e senza disagio emotivo durante la consultazione, valutando l’influenza sia di variabili psico-sociali relative al paziente sia del comportamento verbale messo in atto dal medico durante l’intervista medica. Il secondo si è concentrato sulla sequenza d’interazione medico-paziente, valutando il contributo di comportamenti verbali del medico immediatamente precedenti o seguenti quelli del paziente. Nel primo dei due studi citati, sono state formulate tre ipotesi, in buona parte confermate. La prima ipotesi riguardava il numero di cues emessi da pazienti con e senza disagio emotivo. Si è dimostrato che coloro che sono positivi al test di screening (casi) forniscono in media un numero più elevato di cues rispetto ai rispettivi controlli, anche se tale comportamento è esibito in misura più consistente dai soggetti riconosciuti dal medico. La seconda ipotesi, a corollario della prima, riguardava il contenuto dei cues emessi dai casi riconosciuti e non dal medico. I primi forniscono un maggior numero di segnali a contenuto psico-sociale rispetto ai secondi, mentre i cues a contenuto medico-terapeutico e i riferimenti a eventi o allo stile di vita sono presenti nella stessa proporzione. Sembra quindi che i casi al GHQ-12, non riconosciuti dal medico (falsi negativi) abbiano tentato, durante la consultazione, di introdurre aspetti legati alla loro situazione psico-sociale, ma anziché riferirlo in termini psicologici, hanno riferito tematiche legate a eventi personali o allo stile di vita. Tali tematiche non sono state poi approfondite dai medici in modo appropriato (prevalendo nel migliore dei casi domande chiuse a contenuto psico-sociale) per cui l’eventuale disagio emotivo non è emerso all’interno della consultazione. Infine, la terza ipotesi suggeriva un’influenza del comportamento verbale del medico sul numero di cues emessi. Si è osservato che la presenza di domande chiuse aumenta la quantità di cues emessi, mentre l’uso di tecniche attive quali la verifica (Check), la richiesta di opinioni o la verifica della comprensione (Ask for Opinion, Ask for Understanding) e l’espressione di accordo (Agree), ne determina un decremento. Quindi, da un lato la presenza di disagio emotivo favorisce una maggiore emissione di cues, dall’altro atteggiamenti “centrati sul paziente” contribuiscono a diminuirne la proporzione. Tale fenomeno si spiega nell’opportunità che ha il paziente di parlare dei contenuti che lo preoccupano senza la necessità utilizzare un linguaggio connotato da numerosi segnali espliciti di disagio, anche se spesso sono questi che determinano il riconoscimento da parte del medico. L’analisi delle sequenze d’interazione ha consentito di evidenziare il ruolo determinante delle tecniche comunicative, sia in termini di facilitazioni (Back Channel Response) che di tecniche attive (Check, Ask for Opinion, Ask for Understanding e Agree). L’uso di tecniche comunicative si è dimostrato di notevole aiuto nella corretta attribuzione del disagio emotivo, sia quando presente che quando assente, e il loro insegnamento risulta dunque cruciale nella pratica clinica della medicina di base.

The thesis is based on a study conducted in two phases. During the first phase all the consultations of the patients who came for a new health problem were collected and recorded. During the second phase a case-control staudy was conducted. For the six participating GPs two groups of matched pairs of patients (N¯238) were created. The two groups comprised either patients considered by GPs as being without emotional distress or patients considered as emotionally distressed. Within each pair, one patient was a case (GHQ-12 score "2) and the other was the matched control (GHQ-12 score !3). The medical interviews with these patients were transcribed and classified according to the Verona Medical Interview Classification System (VR-MICS). The thesis permitted to conduct reability studies on the VR-MICS and to analyse the verbal behaviour of patients and doctors during clinical consultations showing that to improve the recognition of those emotionally distressed patients most likely to be missed, GPs should increase their attention to cues related to life style and life episodes..

L’INTERAZIONE MEDICO-PAZIENTE NELLA MEDICINA GENERALE.Definizione di un modello descrittivo dell’intervista medica e delle variabili che contribuiscono al riconoscimento del disagio emotivo nel contesto della medicina generale.

DEL PICCOLO, Lidia
1999-01-01

Abstract

The thesis is based on a study conducted in two phases. During the first phase all the consultations of the patients who came for a new health problem were collected and recorded. During the second phase a case-control staudy was conducted. For the six participating GPs two groups of matched pairs of patients (N¯238) were created. The two groups comprised either patients considered by GPs as being without emotional distress or patients considered as emotionally distressed. Within each pair, one patient was a case (GHQ-12 score "2) and the other was the matched control (GHQ-12 score !3). The medical interviews with these patients were transcribed and classified according to the Verona Medical Interview Classification System (VR-MICS). The thesis permitted to conduct reability studies on the VR-MICS and to analyse the verbal behaviour of patients and doctors during clinical consultations showing that to improve the recognition of those emotionally distressed patients most likely to be missed, GPs should increase their attention to cues related to life style and life episodes..
1999
comunicazione; relazione medico-paziente; disagio emotivo; formazione alla comunicazione
Nella tesi sono stati proposti diversi studi e approfondimenti riguardanti sia il problema della valutazione dell’intervista medica che alcuni degli aspetti salienti dell’interazione medico-paziente, quali la disponibilità a trattare tematiche psico-sociali e l’interazione tra il comportamento verbale del paziente (cues) e quello del medico. I dati sono stati raccolti in due fasi. Nella prima si sono raccolte sessioni ambulatoriali successive, senza operare selezioni sui pazienti, se non sulla base del consenso, mentre a posteriori sono stati considerati solo i pazienti adulti che erano giunti alla consultazione per un problema di salute nuovo. Nella seconda fase si sono estratti dal campione iniziale due gruppi di pazienti appaiati a costituire uno studio tipo “caso-controllo”. L’appaiamento è stato fatto sulla base del medico che ha condotto l’intervista, il sesso, l’età e la presenza o meno di malattia cronica. Ciò al fine di tenere sotto controllo le variabili che dallo studio della letteratura risultavano probabili confondenti. Tre sono stati i principali obiettivi perseguiti: 1. Formulazione di un sistema di classificazione valido e attendibile per descrivere il comportamento verbale del paziente durante la consultazione medica. 2. Valutazione delle caratteristiche socio-demografiche, cliniche e di personalità del paziente che possono essere associate ai comportamenti verbali messi in atto durante la consultazione medica. 3. Elaborazione di un modello in grado di descrivere l’interazione medico-paziente durante la consultazione. Il primo degli obiettivi proposti si è concretizzato nella realizzazione del VR-MICS (Verona Medical Interview Classification System), un sistema di classificazione che consente la valutazione del diverso apporto all’interazione del medico (VR-MICS/D, Saltini et al., 1998; 1999) e del paziente (VR-MICS/P, Del Piccolo et al., 1999a, 1999b) e che rende conto delle caratteristiche salienti dell’interazione “centrata sul paziente”. Lo studio di attendibilità del VR-MICS/P ha dimostrato che si tratta di uno strumento attendibile (accordo percentuale 87.5% e Kappa di Cohen pari a 0.85). Le categorie che presentano il più elevato grado di similarità (indice di Dice, 1945) sono le manifestazioni di accordo, le domande e gli statement sui sintomi e il loro trattamento. Rispetto alla formulazione, i cue sono meno facilmente individuabili rispetto agli statement, tuttavia il loro indice di similarità risulta complessivamente buono (0.81 contro 0.89 degli statement). La più critica è risultata la categoria relativa all’impatto della malattia sulle funzioni quotidiane. Si è deciso di mantenerla comunque, in quanto si tratta di un contenuto teoricamente importante. La sua presenza, infatti, costituisce un efficace indicatore dello stile di intervista “centrato sul paziente”, in quanto consente a quest’ultimo di introdurre anche tematiche psico-sociali tra gli argomenti proposti al medico. Proprio perché comportamento relativamente raro, può essere interessante analizzarne la frequenza prima e dopo un training, in quanto se il training è stato efficace, dovrebbe essere vistoso l’aumento di questa categoria. Analogamente, dovrebbe essere evidente il mutamento del comportamento verbale del medico dopo un cue del paziente. I cue verbali hanno quindi costituito l’oggetto di interesse dominante nella seconda fase della ricerca. Tuttavia, prima di analizzare nel dettaglio i comportamenti verbali, abbiamo indagato il significato di un altro dato rilevante: la discrepanza tra la percentuale di pazienti che si sono dichiarati in accordo con la trattazione di tematiche psico-sociali durante la consultazione medica (80%) e coloro che ne hanno effettivamente parlato (50%). I pazienti selezionati per questo studio rappresentano i tre quarti del campione che si è rivolto al medico di base. Tutti hanno indicato di aver affrontato eventi stressanti e/o problemi sociali di notevole/grave importanza, tuttavia solo la metà degli uomini e i due terzi delle donne ne hanno parlato con il medico di base durante la consultazione attuale. Il nostro proposito era dunque quello di individuare quali variabili socio-demografiche, psico-sociali e cliniche potessero spiegare questo comportamento. I risultati hanno evidenziato il ruolo fondamentale di un’attitudine positiva del paziente nell’affrontare tematiche psico-sociali con il medico, soprattutto nel caso degli uomini. Questa a sua volta è condizionata dall’età, dall’esperienza di aver parlato con il medico (sia in passato che nel presente per le donne, solo nel presente per gli uomini) e dalla gravità della malattia organica nei pazienti maschi. Oltre che da un’attitudine positiva, il fatto che il paziente abbia affrontato tematiche psico-sociali durante la consultazione è anche determinato dall’entità del disagio emotivo, quando presente, e nel caso di una paziente donna dall’averne già parlato in passato, nonché dal grado di conoscenza del medico (anni da cui è seguita). Nel caso delle donne la presenza di un evento stressante nuovo, costituisce molto spesso l’occasione per introdurre tematiche psico-sociali, soprattutto se sono compresenti problemi sociali. Tale comportamento diventa più frequente in presenza di una consolidata conoscenza del medico. E’ quindi plausibile pensare che le donne cerchino più che gli uomini un rapporto di confidenza con il medico di base, in cui al di là del disagio personale ha un ruolo determinante il rapporto di fiducia che nel tempo si instaura. In entrambe le regressioni elaborate nello studio emerge l’importanza delle precedenti esperienze di confidenza sia nel favorire la disponibilità a parlare di eventi e problemi durante la consultazione, sia un’attitudine positiva verso tale comportamento. Nel caso degli uomini, il fatto di aver parlato con il medico è determinato unicamente dall’attitudine positiva e viceversa. Essi non sembrano dunque disposti a confidarsi con il medico unicamente sulla base della conoscenza reciproca o dell’esperienza di consultazioni precedenti, tendendo a preferire soluzioni pragmatiche fondate principalmente sui sintomi organici presentati e solo quando questi sono particolarmente gravi si mostrano più disposti a trattare anche tematiche psico-sociali, come è emerso dalla regressione relativa all’attitudine a confidarsi. Un altro elemento che interviene a favore di una positiva attitudine a confidarsi è l’età. Confrontate con i giovani, le persone più anziane tendono a essere più disponibili a parlare con il medico dei loro problemi. Tale associazione tra attitudine ed età può essere legata alla presenza di un maggior numero di difficoltà psico-sociali negli anziani quali l’elevata probabilità di vivere soli, la presenza di patologie invalidanti, la minor fiducia nelle capacità personali di fronteggiare le difficoltà. Infine, nel 30% dei pazienti che pur ritenendo importante trattare tematiche psico-sociali non l’hanno fatto è presumibile pensare che sia stata determinante l’assenza di facilitazioni da parte del medico. A tale scopo, insegnare ai medici a elicitare e quindi affrontare con il paziente tematiche psico-sociali ha un ruolo determinante sia nel facilitare una corretta diagnosi, data l’associazione tra problemi sociali, eventi stressanti e disagio emotivo, sia nel migliorare la qualità del rapporto medico-paziente. Allo scopo di comprendere quali fossero i comportamenti verbali del medico più appropriati alla corretta identificazione della presenza/assenza di disagio emotivo, sono stati svolti due studi, riportati negli ultimi due capitoli. Il primo ha puntato l’attenzione sulle differenze nel comportamento verbale (cues) di pazienti con e senza disagio emotivo durante la consultazione, valutando l’influenza sia di variabili psico-sociali relative al paziente sia del comportamento verbale messo in atto dal medico durante l’intervista medica. Il secondo si è concentrato sulla sequenza d’interazione medico-paziente, valutando il contributo di comportamenti verbali del medico immediatamente precedenti o seguenti quelli del paziente. Nel primo dei due studi citati, sono state formulate tre ipotesi, in buona parte confermate. La prima ipotesi riguardava il numero di cues emessi da pazienti con e senza disagio emotivo. Si è dimostrato che coloro che sono positivi al test di screening (casi) forniscono in media un numero più elevato di cues rispetto ai rispettivi controlli, anche se tale comportamento è esibito in misura più consistente dai soggetti riconosciuti dal medico. La seconda ipotesi, a corollario della prima, riguardava il contenuto dei cues emessi dai casi riconosciuti e non dal medico. I primi forniscono un maggior numero di segnali a contenuto psico-sociale rispetto ai secondi, mentre i cues a contenuto medico-terapeutico e i riferimenti a eventi o allo stile di vita sono presenti nella stessa proporzione. Sembra quindi che i casi al GHQ-12, non riconosciuti dal medico (falsi negativi) abbiano tentato, durante la consultazione, di introdurre aspetti legati alla loro situazione psico-sociale, ma anziché riferirlo in termini psicologici, hanno riferito tematiche legate a eventi personali o allo stile di vita. Tali tematiche non sono state poi approfondite dai medici in modo appropriato (prevalendo nel migliore dei casi domande chiuse a contenuto psico-sociale) per cui l’eventuale disagio emotivo non è emerso all’interno della consultazione. Infine, la terza ipotesi suggeriva un’influenza del comportamento verbale del medico sul numero di cues emessi. Si è osservato che la presenza di domande chiuse aumenta la quantità di cues emessi, mentre l’uso di tecniche attive quali la verifica (Check), la richiesta di opinioni o la verifica della comprensione (Ask for Opinion, Ask for Understanding) e l’espressione di accordo (Agree), ne determina un decremento. Quindi, da un lato la presenza di disagio emotivo favorisce una maggiore emissione di cues, dall’altro atteggiamenti “centrati sul paziente” contribuiscono a diminuirne la proporzione. Tale fenomeno si spiega nell’opportunità che ha il paziente di parlare dei contenuti che lo preoccupano senza la necessità utilizzare un linguaggio connotato da numerosi segnali espliciti di disagio, anche se spesso sono questi che determinano il riconoscimento da parte del medico. L’analisi delle sequenze d’interazione ha consentito di evidenziare il ruolo determinante delle tecniche comunicative, sia in termini di facilitazioni (Back Channel Response) che di tecniche attive (Check, Ask for Opinion, Ask for Understanding e Agree). L’uso di tecniche comunicative si è dimostrato di notevole aiuto nella corretta attribuzione del disagio emotivo, sia quando presente che quando assente, e il loro insegnamento risulta dunque cruciale nella pratica clinica della medicina di base.
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