Il tema del presente lavoro ha per oggetto lo studio degli aspetti e dei problemi finanziari in ordine alla soppressione di monasteri e conventi nella Lombardia asburgica del secondo Settecento, con riferimento all'antico Ducato di Milano (1767- 1790). La delicata questione delle soppressioni settecentesche in territorio lombardo, non del tutto affrontata dalla storiografia tradizionale, rappresenta, per la storia economica, uno dei “tasselli”principali di tutta la politica riformistica intrapresa da Maria Teresa d' Austria e proseguita da suo figlio Giuseppe II. Essa, come lo dimostrano tutti  i documenti archivistici rinvenuti in questi tre anni di ricerca, nasce non solo da meri intenti giurisdizionalistici (preminenza dello Stato sulla Chiesa, rappresentata, soprattutto in Austria, dalla diffusione del Febronianesimo), ma dalla sempre più marcata crescita economica di un territorio, la Lombardia, che, ben presto, dopo i secoli di “stasi” spagnola, sarà destinato a diventare un vero e proprio motore di progresso e di sviluppo.  Gli austriaci apportano alle “potenzialità” di questa terra tutta la loro conoscenza amministrativa provvedendo a riformare lo Stato e cercando, in particolar modo, di eliminare gli antichi privilegi aristocratici, rappresentati in Senato, ed ecclesiastici.  Un lungo periodo di pace, a seguito della guerra di successione austriaca del 1748, favorirà, poi, le riforme: da quella, prima, amministrativa del 1757, passando per l'importantissima applicazione del catasto, per poi concludersi con quelle ecclesiastiche: stipula del Concordato del 1751,  riforme del Regio Economato, istituzione della Giunta Economale nel 1765, limitazioni al clero secolare e, soprattutto, al clero regolare.  La politica delle soppressioni é, quindi, frutto, primariamente, di un' esigenza economica dello Stato tesa a “colpire” le rendite di enti che, per un motivo o per l'altro, “sfuggivano” alle denunce, creando, con le proprie esenzioni, l'accumulo di una ricchezza solo limitatamente sfruttata.  In questo senso, dando una lettura generale alla politica fiscale asburgica, si può dedurre che le soppressioni non “cadono” improvvisamente con il regio decreto 3 agosto 1767, ma sono frutto di una gradualità, di una strategia.  Il terreno viene, innanzitutto, “preparato” con l'introduzione del catasto, strumento straordinariamente efficace nel monitorare i possedimenti sia laici che ecclesiastici. Seguiranno le riforme amministrative tese a riorganizzare più razionalmente lo Stato.  Per “contrastare” le immunità ecclesiastiche il governo si servirà di due importanti  istituti come il Regio Economato e la Giunta Economale. Sarà, soprattutto, quest'ultima, con la sua azione, a dominare tutta la fase delle soppressioni, provvedendo alla redazione dei Piani di Consistenza ed all'esecuzione dei decreti di chiusura.  Rimane sullo sfondo la domanda centrale: Perché si sopprime?  Vi é, senza dubbio, un' esigenza fiscale dettata, per lo Stato, dal provvedere a “rimpinguare” le casse, “dissanguate” dalle precedenti guerre ma vi é, anche, un disegno di venire incontro al “pubblico bene”, istituendo il Fondo di Religione e, provvedendo, con esso, a devolvere parte dei beni incamerati a favore di sanità e pubblica istruzione.  Il processo, che porterà alla chiusura di circa 238 istituti, sarà interrotto, momentaneamente e bruscamente, dalla venuta dei francesi.  All'interno di questo quadro, il vecchio Ducato di Milano, riformato dai provvedimenti teresiani del 1757 con la città, il suo contado e le pievi del Lecchese, del Varesotto e della Brianza, continuerà, per entità di conventi e monasteri ivi insistenti, a svolgere un ruolo preminente.  L' obbiettivo principale del lavoro é quello di spiegare, dando spazio alle carte d'archivio, come, dal punto di vista storico- economico, sia avvenuta la strategia delle soppressioni nel Ducato di Milano, il “cuore” ed il centro amministrativo della Lombardia austriaca. E' infatti dalla sua capitale, Milano, che “partono” le riforme e, quindi, le progressive riduzioni del clero. E' in questa città che, soprattutto, hanno sede alcune delle più importanti case religiose, sia maschili che femminili, con ragguardevoli possedimenti fondiari nel contado. Oltre Milano, poi, si hanno numerosi enti religiosi presenti in alcune delle principali città del territorio: da Lecco, a Varese, a Gallarate, a Monza, a Melzo e Melegnano, comprendendo la “terra separata” di Treviglio.  L'altro, ma non meno rilevante scopo, sarà quello, di analizzare, utilizzando le sezioni Culto p. a ed Amministrazione Fondo di Religione, tutte le carte relative ai conventi soppressi (nel Ducato di Milano si conteranno quasi il 40 % di tutta la Lombardia austriaca), andando a consultare tutti i Piani di consistenza previsti, suddivisi per congregazione, in modo da avere una mappatura completa.  Non saranno fatte delle analisi solo quantitative, ma anche economico- sociali sui conventi, esaminando i rispettivi stati patrimoniali, bilanci e corrispondenze varie.  Alla luce di tali considerazioni, la ricerca é articolata in quattro capitoli.  Nel primo si cerca di fornire un quadro complessivo generale della nodale questione delle soppressioni nel Settecento lombardo fra storiografia, problematiche fiscali ed aspetti inter-istituzionali.  Il secondo ed il terzo capitolo studiano le soppressioni delle Case del clero regolare nelle zone del Lecchese, della Brianza e del Varesotto, attingendo, sistematicamente, alle fonti archivistiche.  L'ultima parte del lavoro affronta la redazione di un quarto capitolo, centrale, sugli istituti di Milano e del suo contado, seguita da un paragrafo conclusivo, di natura riepilogativa, in cui si sono incrociati i dati ottenuti. Tale paragrafo produce un bilancio storico e socio- economico delle soppressioni. Esso é redatto partendo dai piccioli conventi soppressi in età teresiana per giungere alla vera e propria “ondata” giuseppina che sancirà la progressiva chiusura di una buona parte  delle case maschili e femminili.  In questo seno un certo rilievo assumono alcune importanti consulte della Camera dei Conti, con soprattutto quella del 19 ottobre 1792, riepilogativa di tutti i risultati economici ottenuti con le chiusure teresio- giuseppine. Si tratta, ancora una volta, di dare risalto al complesso intreccio di relazioni  tra economia, monasteri e territorio  nella ricca e vasta  area milanese.  E' questo un modo efficace e razionale per cercare di rispondere all'obbiettivo generale che, in fondo, accompagna tutta la ricerca: che destinazione economica  hanno avuto i beni dei soppressi enti? Quali sono state le reali intenzioni dei cattolicissimi austriaci: sopprimere per il pubblico bene (sanità ed assistenza in primis), oppure per la costruzione di un nuovo edificio, ossia un nuovo Stato amministrativo forte e militarizzato? Quale é stato il destino dell'appena costituito Fondo di Religione?  Per fare ciò, ci si avvale delle carte contenute nell'Archivio di Stato di Milano, sezioni Culto p. a ed Amministrazione Fondo di Religione . Si parte dalle prime istruzioni del Consiglio di Governo del 1789, passando per i criteri adottati nell'elaborazione dei dati attinenti gli esiti finanziari delle chiusure per giungere, infine, alla temporanea risistemazione del Fondo, avvenuta nel biennio 1792- 93.

This work, written by the author Gianraimondo Farina, talk about the economic history of the manastic orders in Milan in the seven hundred century, with attention to the fenomeny of the clousion during the illuminism period

Aspetti e problemi finanziari in ordine alla soppressione di monasteri e conventi nella lombardia asburgica del secondo settecento: il ducato di milano

FARINA, Gianraimondo
2011-01-01

Abstract

This work, written by the author Gianraimondo Farina, talk about the economic history of the manastic orders in Milan in the seven hundred century, with attention to the fenomeny of the clousion during the illuminism period
2011
monasteri; conventi; fiscalità; giurisdizionalismo
Il tema del presente lavoro ha per oggetto lo studio degli aspetti e dei problemi finanziari in ordine alla soppressione di monasteri e conventi nella Lombardia asburgica del secondo Settecento, con riferimento all'antico Ducato di Milano (1767- 1790). La delicata questione delle soppressioni settecentesche in territorio lombardo, non del tutto affrontata dalla storiografia tradizionale, rappresenta, per la storia economica, uno dei “tasselli”principali di tutta la politica riformistica intrapresa da Maria Teresa d' Austria e proseguita da suo figlio Giuseppe II. Essa, come lo dimostrano tutti  i documenti archivistici rinvenuti in questi tre anni di ricerca, nasce non solo da meri intenti giurisdizionalistici (preminenza dello Stato sulla Chiesa, rappresentata, soprattutto in Austria, dalla diffusione del Febronianesimo), ma dalla sempre più marcata crescita economica di un territorio, la Lombardia, che, ben presto, dopo i secoli di “stasi” spagnola, sarà destinato a diventare un vero e proprio motore di progresso e di sviluppo.  Gli austriaci apportano alle “potenzialità” di questa terra tutta la loro conoscenza amministrativa provvedendo a riformare lo Stato e cercando, in particolar modo, di eliminare gli antichi privilegi aristocratici, rappresentati in Senato, ed ecclesiastici.  Un lungo periodo di pace, a seguito della guerra di successione austriaca del 1748, favorirà, poi, le riforme: da quella, prima, amministrativa del 1757, passando per l'importantissima applicazione del catasto, per poi concludersi con quelle ecclesiastiche: stipula del Concordato del 1751,  riforme del Regio Economato, istituzione della Giunta Economale nel 1765, limitazioni al clero secolare e, soprattutto, al clero regolare.  La politica delle soppressioni é, quindi, frutto, primariamente, di un' esigenza economica dello Stato tesa a “colpire” le rendite di enti che, per un motivo o per l'altro, “sfuggivano” alle denunce, creando, con le proprie esenzioni, l'accumulo di una ricchezza solo limitatamente sfruttata.  In questo senso, dando una lettura generale alla politica fiscale asburgica, si può dedurre che le soppressioni non “cadono” improvvisamente con il regio decreto 3 agosto 1767, ma sono frutto di una gradualità, di una strategia.  Il terreno viene, innanzitutto, “preparato” con l'introduzione del catasto, strumento straordinariamente efficace nel monitorare i possedimenti sia laici che ecclesiastici. Seguiranno le riforme amministrative tese a riorganizzare più razionalmente lo Stato.  Per “contrastare” le immunità ecclesiastiche il governo si servirà di due importanti  istituti come il Regio Economato e la Giunta Economale. Sarà, soprattutto, quest'ultima, con la sua azione, a dominare tutta la fase delle soppressioni, provvedendo alla redazione dei Piani di Consistenza ed all'esecuzione dei decreti di chiusura.  Rimane sullo sfondo la domanda centrale: Perché si sopprime?  Vi é, senza dubbio, un' esigenza fiscale dettata, per lo Stato, dal provvedere a “rimpinguare” le casse, “dissanguate” dalle precedenti guerre ma vi é, anche, un disegno di venire incontro al “pubblico bene”, istituendo il Fondo di Religione e, provvedendo, con esso, a devolvere parte dei beni incamerati a favore di sanità e pubblica istruzione.  Il processo, che porterà alla chiusura di circa 238 istituti, sarà interrotto, momentaneamente e bruscamente, dalla venuta dei francesi.  All'interno di questo quadro, il vecchio Ducato di Milano, riformato dai provvedimenti teresiani del 1757 con la città, il suo contado e le pievi del Lecchese, del Varesotto e della Brianza, continuerà, per entità di conventi e monasteri ivi insistenti, a svolgere un ruolo preminente.  L' obbiettivo principale del lavoro é quello di spiegare, dando spazio alle carte d'archivio, come, dal punto di vista storico- economico, sia avvenuta la strategia delle soppressioni nel Ducato di Milano, il “cuore” ed il centro amministrativo della Lombardia austriaca. E' infatti dalla sua capitale, Milano, che “partono” le riforme e, quindi, le progressive riduzioni del clero. E' in questa città che, soprattutto, hanno sede alcune delle più importanti case religiose, sia maschili che femminili, con ragguardevoli possedimenti fondiari nel contado. Oltre Milano, poi, si hanno numerosi enti religiosi presenti in alcune delle principali città del territorio: da Lecco, a Varese, a Gallarate, a Monza, a Melzo e Melegnano, comprendendo la “terra separata” di Treviglio.  L'altro, ma non meno rilevante scopo, sarà quello, di analizzare, utilizzando le sezioni Culto p. a ed Amministrazione Fondo di Religione, tutte le carte relative ai conventi soppressi (nel Ducato di Milano si conteranno quasi il 40 % di tutta la Lombardia austriaca), andando a consultare tutti i Piani di consistenza previsti, suddivisi per congregazione, in modo da avere una mappatura completa.  Non saranno fatte delle analisi solo quantitative, ma anche economico- sociali sui conventi, esaminando i rispettivi stati patrimoniali, bilanci e corrispondenze varie.  Alla luce di tali considerazioni, la ricerca é articolata in quattro capitoli.  Nel primo si cerca di fornire un quadro complessivo generale della nodale questione delle soppressioni nel Settecento lombardo fra storiografia, problematiche fiscali ed aspetti inter-istituzionali.  Il secondo ed il terzo capitolo studiano le soppressioni delle Case del clero regolare nelle zone del Lecchese, della Brianza e del Varesotto, attingendo, sistematicamente, alle fonti archivistiche.  L'ultima parte del lavoro affronta la redazione di un quarto capitolo, centrale, sugli istituti di Milano e del suo contado, seguita da un paragrafo conclusivo, di natura riepilogativa, in cui si sono incrociati i dati ottenuti. Tale paragrafo produce un bilancio storico e socio- economico delle soppressioni. Esso é redatto partendo dai piccioli conventi soppressi in età teresiana per giungere alla vera e propria “ondata” giuseppina che sancirà la progressiva chiusura di una buona parte  delle case maschili e femminili.  In questo seno un certo rilievo assumono alcune importanti consulte della Camera dei Conti, con soprattutto quella del 19 ottobre 1792, riepilogativa di tutti i risultati economici ottenuti con le chiusure teresio- giuseppine. Si tratta, ancora una volta, di dare risalto al complesso intreccio di relazioni  tra economia, monasteri e territorio  nella ricca e vasta  area milanese.  E' questo un modo efficace e razionale per cercare di rispondere all'obbiettivo generale che, in fondo, accompagna tutta la ricerca: che destinazione economica  hanno avuto i beni dei soppressi enti? Quali sono state le reali intenzioni dei cattolicissimi austriaci: sopprimere per il pubblico bene (sanità ed assistenza in primis), oppure per la costruzione di un nuovo edificio, ossia un nuovo Stato amministrativo forte e militarizzato? Quale é stato il destino dell'appena costituito Fondo di Religione?  Per fare ciò, ci si avvale delle carte contenute nell'Archivio di Stato di Milano, sezioni Culto p. a ed Amministrazione Fondo di Religione . Si parte dalle prime istruzioni del Consiglio di Governo del 1789, passando per i criteri adottati nell'elaborazione dei dati attinenti gli esiti finanziari delle chiusure per giungere, infine, alla temporanea risistemazione del Fondo, avvenuta nel biennio 1792- 93.
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