Questo progetto nasce dal desiderio di investigare i personaggi presenti nei Media Narrativi (libri, film e serial) più amati dagli adolescenti, partendo dal desiderio di occuparsi di letteratura per ragazzi collocandola nel complesso contesto dell’industria culturale (Zipes, 2003) Conseguentemente le domande di ricerca sono: quali prodotti culturali appartenenti ai Media Narrativi sono i più amati dagli adolescenti? E all’interno dei prodotti culturali individuati, ci sono dei personaggi ricorrenti che possano incoraggiare l’omologazione piuttosto che un’autonoma definizione di sé? All’interno di questa ricerca sono stati utilizzati due strumenti un questionario e l’analisi narrativa di libri, film e serial risultati essere “i favoriti” dal target identificato. Lo scopo del questionario era quello di comprendere quali prodotti culturali appartenenti ai Media Narrativi sono più amati dagli adolescenti e verificare se i personaggi rappresentano un elemento significativo per i soggetti. Il questionario è composto da 28 item tra domande chiuse (per la definizione del profilo) e domande aperte (per la definizione del consumo culturale dei soggetti). Il questionario è stato distribuito tra il marzo e il giugno 2008 e il campione è composto da circa 1.500 soggetti tra i 12 e i 16 anni (cluster method). Per l’analisi dei prodotti culturali, le tecniche sono quelle offerte dalla Letteratura per ragazzi e dall’analisi narratologica, che ha un doppio focus: sul contenuto e sullo stile. Riguardo al contenuto particolare attenzione viene prestata ai temi, con enfasi sulla complessità sociale e individuale, e ai personaggi, esaminando la loro caratteristiche, le loro motivazioni e i loro valori. Questo metodo “passa attraverso” la letteratura per arrivare alla pedagogia, con finalità educative ma non didatticistiche, e il suo scopo è quello di individuare quelle caratteristiche dei prodotti culturali che possono essere considerati uno sprone verso un’elaborazione personale e quegli elementi che invece incoraggiano una omologazione della propria rappresentazione individuale (Blezza Picherle, 2004). Questo metodo, nato nell’ambito della Letteratura per ragazzi, è stato usato sia nel caso di romanzi che di film e serial, attraverso le opportune integrazioni derivate dall’analisi dei prodotti audiovisivi. Numerosissimi sono ormai gli studiosi, afferenti a diverse discipline, che hanno testimoniato il valore educativo della narrativa audiovisuale e scritta . Riguardo ai Media Narrativi, il sociologo Edgar Morin ha evidenziato come essi ci avvicinano alla comprensione dell’altro, mettendo in luce aspetti dell’animo che rimangono inascoltati nel quotidiano (Morin, 1999, p. 41). Angela E. Hubler, esperta in Comunicazione, ha invece evidenziato come i Media Narrativi, attraverso le “esperienze vicarie” che offrono, rappresentano un terreno importante su cui si gioca la crescita dell’individuo (Hubler, 2000, p. 91). Inoltre l’intera tradizione pedagogica della Media Education (che vanta nomi eccellenti come quelli di Pier Cesare Rivoltella, Marina D’Amato, David Buckingham e Sonia Livingstone) ha affermato con forza come i Media possano rappresentare uno stimolo all’interno del percorso educativo di bambini e ragazzi. Riguardo alla Letteratura per ragazzi, vale forse la pena ricordare innanzitutto che essa, soprattutto nelle sue punte di eccellenza, è Letteratura tout court. E riguardo al valore educativo della letteratura il sociologo Robert Jauss afferma che essa «non solo racchiude esperienze compiute, ma anticipa anche possibilità irrealizzate, amplia il margine limitato del comportamento sociale a nuovi desideri, esigenze e scopi, e così apre la strada all’esperienza futura» (Jauss, 1989, pp. 71-72). Lo psicoanalista Bruno Bettelheim sostiene invece che la storia “giusta” può rappresentare «una rivelazione, una nuova visione, che impartisce un certo ordine al mondo interiore» (Bettelheim, 1990, p. 113). Ma nei casi analizzati quelli che si rilevano sono personaggi omologanti,ripetitivi, statici che si configurano come perfettamente complementari: da una parte troviamo un eroe carismatico e sincero ma impulsivo e tormentato, mentre dall’altra vediamo un’eroina fragile e bisognosa d’aiuto, prontamente prestato del “cavaliere errante”. Come ha acutamente osservato Loredana Lipperini, sulla scorta di Elena Gianini Belloti, Step è molto simile a Gregory House, perché entrambi rappresentano il “modello maschile vincente”, a cui le adolescenti risultano sensibili per “condizionamento culturale” (Lipperini, 2007, p. 147). Inoltre, mentre nei prodotti culturali più amati dagli adolescenti maschi il protagonista maschile appare indipendente e solitario nel suo processo di costruzione della propria identità, in quelli preferiti dalle adolescenti, la protagonista è sempre posta in strettissima relazione con il co-protagonista maschile, dal quale il personaggio femminile fa dipendere in larga parte la propria rappresentazione di sé. Questo dimostra che, come afferma la Lipperini, i prodotti culturali mostrano una tipizzazione sessuale fortemente influenzata dal condizionamento culturale secondo cui le donne hanno bisogno di un uomo per realizzarsi (Lipperini, 2007, p. 189). Questa definizione stereotipata, rigida e sminuente dei personaggi appare come un tradimento del ruolo che potrebbe e dovrebbe avere la narrativa (sia essa letteraria o audiovisuale) nella crescita del soggetto, ponendosi come incentivo e supporto nello sviluppo di se, attraverso la promozione di cambiamenti individuali e sociali, conducendo il soggetto a «penetrare nella polisemia della vita» e a produrre pensiero critico, e concorrendo alla sua «educazione etica e valoriale » (Blezza Picherle, 2004, pp. 139-141; 277-298). Ciò appare particolarmente pericoloso oggi perché queste tipizzazioni sono presentate agli adolescenti attraverso una vera e propria catena di rinforzo multimediale, narcisistica e omologante, che si configura come invasiva nei processi di costruzione del sé presentando ai soggetti un unico modello di identificazione. John B. Thompson ha dimostrato come i media hanno cambiato I processi di costruzione del sé attraverso la loro pervasività simbolica (Thompson, 1995, p. 210). Questo, afferma Thompson, potrebbe rappresentare «un’espansione delle risorse simboliche a cui avere accesso all’interno della costruzione del sé» poiché «gli individui possono venire in contatto con nuove possibilità» e quindi «i loro orizzonti si allargano e i loro punti di riferimento simbolici cambiano continuamente» (Thompson, 1995, p. 212). Ma cosa accade se media differenti ritrasmettono le stesse “possibilità”, gli stessi «orizzonti” gli stessi “punti di riferimento simbolici»? Accade che gli orizzonti si chiudono, invece di aprirsi. Accade che i media narrativi, invece di aprire i soggetti verso rappresentazioni di sé e del mondo a cui non avrebbero altrimenti avuto accesso, vengono indirizzati verso modelli stereotipati e rigidi. Judith Butler afferma che la rappresentazione di genere deve essere decostruita a partire a partire dalla consapevolezza che la società produce sui soggetti un’influenza omologante, e che tale orientamento è particolarmente evidente nella definizione dell’identità di genere (Butler, 2004, p. 48, 197). Per ovviare a tale spinta omologante è necessario che le persone, e soprattutto le giovani generazioni, vengano in contatto con un range più ampio di rappresentazioni di genere, poiché è ormai assodato che I processi con cui gli adolescenti costruiscono la propria identità sono fortemente influenzati dai mass media. E conseguentemente è necessario che l’industria culturale “faccia la sua parte” rappresentando un ritratto dei ruoli di genere più equo e diversificato, accentando quella «responsabilità editoriale» (Spinazzola, 1999, 127) connessa al suo stesso esistere.

Nowadays something is happening between Children’s Literature and Narrative Media: more and more often Cinema (and sometimes even Television) draws inspiration from Children’s Literature, but, at the same time, a part of Children’s Literature, and especially Teenagers Fiction and Young Adult Fiction, seems to be more and more influenced by other narrative media, in particular Cinema and Television. In this situation, the exchange dynamics between Literature, Cinema and Television are more and more important, and it is essential to investigate what is actually happening among Teenagers Fiction and Narrative Media. This situation may encourage a "mutual influence" among these media languages, an influence based on the use of the same stock characters, the same stereotypes and the same narrative structures. But, are teen novels really influenced by teen drama and teen films, absorbing their characters, their clichés, their conventions? And, if this is the case, what is the dimension of this phenomenon? A two-step research work was planned in order to answer to these questions. Initially, a questionnaire was prepared and distributed to a sample of approximately 1500 teenagers (aged from 12 to 16). The survey questioned about books, serials and movies in order to identify the most popular ones. These books, serials and movies was then analyzed to verify if a narrative constant or a recurring factor is present. When this research project began, I expected to find a connection, between films, serials and books, influenced by marketing. I assumed that the questionnaires would demonstrate that the huge popularity of some cultural products (for example the Harry Potter book series or the Italian serial ‘I Cesaroni’) would be the driving force for some cultural products related to them (for example the films based on the Harry Potter series or the books based on ‘I Cesaroni’). But the outcome turned out to be different. Nevertheless the more I proceeded with the content analysis of the most popular cultural products, the more I realized that they have something in common: patterns of gender representation. Therefore I concentrated on the male characters that are most liked by the male audience and on the female characters that are most liked by the female audience; and I found out that there are recurrent character types.

Nel prisma delle rappresentazioniTra Letteratura per adolescenti e Media Narrativi

SILVA, Roberta
2010-01-01

Abstract

Nowadays something is happening between Children’s Literature and Narrative Media: more and more often Cinema (and sometimes even Television) draws inspiration from Children’s Literature, but, at the same time, a part of Children’s Literature, and especially Teenagers Fiction and Young Adult Fiction, seems to be more and more influenced by other narrative media, in particular Cinema and Television. In this situation, the exchange dynamics between Literature, Cinema and Television are more and more important, and it is essential to investigate what is actually happening among Teenagers Fiction and Narrative Media. This situation may encourage a "mutual influence" among these media languages, an influence based on the use of the same stock characters, the same stereotypes and the same narrative structures. But, are teen novels really influenced by teen drama and teen films, absorbing their characters, their clichés, their conventions? And, if this is the case, what is the dimension of this phenomenon? A two-step research work was planned in order to answer to these questions. Initially, a questionnaire was prepared and distributed to a sample of approximately 1500 teenagers (aged from 12 to 16). The survey questioned about books, serials and movies in order to identify the most popular ones. These books, serials and movies was then analyzed to verify if a narrative constant or a recurring factor is present. When this research project began, I expected to find a connection, between films, serials and books, influenced by marketing. I assumed that the questionnaires would demonstrate that the huge popularity of some cultural products (for example the Harry Potter book series or the Italian serial ‘I Cesaroni’) would be the driving force for some cultural products related to them (for example the films based on the Harry Potter series or the books based on ‘I Cesaroni’). But the outcome turned out to be different. Nevertheless the more I proceeded with the content analysis of the most popular cultural products, the more I realized that they have something in common: patterns of gender representation. Therefore I concentrated on the male characters that are most liked by the male audience and on the female characters that are most liked by the female audience; and I found out that there are recurrent character types.
2010
Letteratura per ragazzi; Letteratura per adolescenti; media narrativi; stereotipi; gender
Questo progetto nasce dal desiderio di investigare i personaggi presenti nei Media Narrativi (libri, film e serial) più amati dagli adolescenti, partendo dal desiderio di occuparsi di letteratura per ragazzi collocandola nel complesso contesto dell’industria culturale (Zipes, 2003) Conseguentemente le domande di ricerca sono: quali prodotti culturali appartenenti ai Media Narrativi sono i più amati dagli adolescenti? E all’interno dei prodotti culturali individuati, ci sono dei personaggi ricorrenti che possano incoraggiare l’omologazione piuttosto che un’autonoma definizione di sé? All’interno di questa ricerca sono stati utilizzati due strumenti un questionario e l’analisi narrativa di libri, film e serial risultati essere “i favoriti” dal target identificato. Lo scopo del questionario era quello di comprendere quali prodotti culturali appartenenti ai Media Narrativi sono più amati dagli adolescenti e verificare se i personaggi rappresentano un elemento significativo per i soggetti. Il questionario è composto da 28 item tra domande chiuse (per la definizione del profilo) e domande aperte (per la definizione del consumo culturale dei soggetti). Il questionario è stato distribuito tra il marzo e il giugno 2008 e il campione è composto da circa 1.500 soggetti tra i 12 e i 16 anni (cluster method). Per l’analisi dei prodotti culturali, le tecniche sono quelle offerte dalla Letteratura per ragazzi e dall’analisi narratologica, che ha un doppio focus: sul contenuto e sullo stile. Riguardo al contenuto particolare attenzione viene prestata ai temi, con enfasi sulla complessità sociale e individuale, e ai personaggi, esaminando la loro caratteristiche, le loro motivazioni e i loro valori. Questo metodo “passa attraverso” la letteratura per arrivare alla pedagogia, con finalità educative ma non didatticistiche, e il suo scopo è quello di individuare quelle caratteristiche dei prodotti culturali che possono essere considerati uno sprone verso un’elaborazione personale e quegli elementi che invece incoraggiano una omologazione della propria rappresentazione individuale (Blezza Picherle, 2004). Questo metodo, nato nell’ambito della Letteratura per ragazzi, è stato usato sia nel caso di romanzi che di film e serial, attraverso le opportune integrazioni derivate dall’analisi dei prodotti audiovisivi. Numerosissimi sono ormai gli studiosi, afferenti a diverse discipline, che hanno testimoniato il valore educativo della narrativa audiovisuale e scritta . Riguardo ai Media Narrativi, il sociologo Edgar Morin ha evidenziato come essi ci avvicinano alla comprensione dell’altro, mettendo in luce aspetti dell’animo che rimangono inascoltati nel quotidiano (Morin, 1999, p. 41). Angela E. Hubler, esperta in Comunicazione, ha invece evidenziato come i Media Narrativi, attraverso le “esperienze vicarie” che offrono, rappresentano un terreno importante su cui si gioca la crescita dell’individuo (Hubler, 2000, p. 91). Inoltre l’intera tradizione pedagogica della Media Education (che vanta nomi eccellenti come quelli di Pier Cesare Rivoltella, Marina D’Amato, David Buckingham e Sonia Livingstone) ha affermato con forza come i Media possano rappresentare uno stimolo all’interno del percorso educativo di bambini e ragazzi. Riguardo alla Letteratura per ragazzi, vale forse la pena ricordare innanzitutto che essa, soprattutto nelle sue punte di eccellenza, è Letteratura tout court. E riguardo al valore educativo della letteratura il sociologo Robert Jauss afferma che essa «non solo racchiude esperienze compiute, ma anticipa anche possibilità irrealizzate, amplia il margine limitato del comportamento sociale a nuovi desideri, esigenze e scopi, e così apre la strada all’esperienza futura» (Jauss, 1989, pp. 71-72). Lo psicoanalista Bruno Bettelheim sostiene invece che la storia “giusta” può rappresentare «una rivelazione, una nuova visione, che impartisce un certo ordine al mondo interiore» (Bettelheim, 1990, p. 113). Ma nei casi analizzati quelli che si rilevano sono personaggi omologanti,ripetitivi, statici che si configurano come perfettamente complementari: da una parte troviamo un eroe carismatico e sincero ma impulsivo e tormentato, mentre dall’altra vediamo un’eroina fragile e bisognosa d’aiuto, prontamente prestato del “cavaliere errante”. Come ha acutamente osservato Loredana Lipperini, sulla scorta di Elena Gianini Belloti, Step è molto simile a Gregory House, perché entrambi rappresentano il “modello maschile vincente”, a cui le adolescenti risultano sensibili per “condizionamento culturale” (Lipperini, 2007, p. 147). Inoltre, mentre nei prodotti culturali più amati dagli adolescenti maschi il protagonista maschile appare indipendente e solitario nel suo processo di costruzione della propria identità, in quelli preferiti dalle adolescenti, la protagonista è sempre posta in strettissima relazione con il co-protagonista maschile, dal quale il personaggio femminile fa dipendere in larga parte la propria rappresentazione di sé. Questo dimostra che, come afferma la Lipperini, i prodotti culturali mostrano una tipizzazione sessuale fortemente influenzata dal condizionamento culturale secondo cui le donne hanno bisogno di un uomo per realizzarsi (Lipperini, 2007, p. 189). Questa definizione stereotipata, rigida e sminuente dei personaggi appare come un tradimento del ruolo che potrebbe e dovrebbe avere la narrativa (sia essa letteraria o audiovisuale) nella crescita del soggetto, ponendosi come incentivo e supporto nello sviluppo di se, attraverso la promozione di cambiamenti individuali e sociali, conducendo il soggetto a «penetrare nella polisemia della vita» e a produrre pensiero critico, e concorrendo alla sua «educazione etica e valoriale » (Blezza Picherle, 2004, pp. 139-141; 277-298). Ciò appare particolarmente pericoloso oggi perché queste tipizzazioni sono presentate agli adolescenti attraverso una vera e propria catena di rinforzo multimediale, narcisistica e omologante, che si configura come invasiva nei processi di costruzione del sé presentando ai soggetti un unico modello di identificazione. John B. Thompson ha dimostrato come i media hanno cambiato I processi di costruzione del sé attraverso la loro pervasività simbolica (Thompson, 1995, p. 210). Questo, afferma Thompson, potrebbe rappresentare «un’espansione delle risorse simboliche a cui avere accesso all’interno della costruzione del sé» poiché «gli individui possono venire in contatto con nuove possibilità» e quindi «i loro orizzonti si allargano e i loro punti di riferimento simbolici cambiano continuamente» (Thompson, 1995, p. 212). Ma cosa accade se media differenti ritrasmettono le stesse “possibilità”, gli stessi «orizzonti” gli stessi “punti di riferimento simbolici»? Accade che gli orizzonti si chiudono, invece di aprirsi. Accade che i media narrativi, invece di aprire i soggetti verso rappresentazioni di sé e del mondo a cui non avrebbero altrimenti avuto accesso, vengono indirizzati verso modelli stereotipati e rigidi. Judith Butler afferma che la rappresentazione di genere deve essere decostruita a partire a partire dalla consapevolezza che la società produce sui soggetti un’influenza omologante, e che tale orientamento è particolarmente evidente nella definizione dell’identità di genere (Butler, 2004, p. 48, 197). Per ovviare a tale spinta omologante è necessario che le persone, e soprattutto le giovani generazioni, vengano in contatto con un range più ampio di rappresentazioni di genere, poiché è ormai assodato che I processi con cui gli adolescenti costruiscono la propria identità sono fortemente influenzati dai mass media. E conseguentemente è necessario che l’industria culturale “faccia la sua parte” rappresentando un ritratto dei ruoli di genere più equo e diversificato, accentando quella «responsabilità editoriale» (Spinazzola, 1999, 127) connessa al suo stesso esistere.
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