Il confronto tra psicologia empirica e psicologia razionale costituisce senz’altro uno dei nodi più significativi del pensiero di Christian Wolff e permette non solo di ricostruirne dall’interno le motivazioni e gli sviluppi più significativi, ma anche di apprezzarne l’influsso nel dibattito successivo. Allo stesso tempo, tuttavia, proprio tale nodo centrale del suo pensiero si presta forse più degli altri al fraintendimento che si può riassumere nello schema, tante volte ripetuto nella letteratura critica, di un Wolff epigono della tradizione scolastica, della quale si limiterebbe a fornire una versione aggiornata sulla base delle nuove istanze del pensiero moderno. Quando Kant nella Critica della ragion pura, all’interno della Dialettica trascendentale, si confronterà con la grandi tesi della metafisica tradizionale, saranno proprio i grandi volumi delle opere wolffiane a costituire il termine di riferimento, al di là dell’assenza di un rimando esplicito e puntuale. L’impressione, che il lettore comune per lo più ne ricava, sembra avvalorare una sorta di continuità rispetto alle impostazioni scolastiche, quasi che la distinzione tra psicologia empirica e psicologia razionale fosse ormai assodata e non costituisse invece un elemento di novità. Una novità, del resto, che potrebbe risultare con tutta evidenza anche solo dal fatto che possiamo in effetti rintracciarla solo a partire dalle Institutiones del Thümmig pubblicate nel 1725, mentre risulta assente, sul piano strettamente terminologico, nelle stesse opere wolffiane anteriori a quella data, per essere invece consacrata in modo definitivo solo con l’edizione dei due grossi volumi latini, la Psychologia empirica e la Psychologia rationalis, apparsi la prima volta tra il 1732 e il 1734. Come spesso accade, l’uso dei termini corrisponde anche in Wolff ad uno specifico nodo problematico che si era venuto sviluppando già dalle prime opere, per trovare una prima formulazione compiuta nel testo della cosiddetta Metafisica tedesca, apparsa in prima edizione agli inizi del 1720. Nel tracciato di quest’opera, che solo in parte corrisponde alla scansione delle grandi opere latine degli anni Trenta, il discorso sull’anima viene ad occupare due capitoli ben distinti, il terzo e il quinto, sulla base di una precisa distinzione che fin d’ora suona, da una parte, come richiamo alla concretezza dell’esperienza (« Von der Seele überhaupt und was wir nehmlich von ihr wahrnehmen »), dall’altra, come tentativo di chiarirne l’essenza, in un discorso che si allarga, come riporta il titolo del capitolo, alla considerazione in genere di ogni soggetto spirituale («Von dem Wesen der Seele und eines Geistes überhaupt »). Si avverte fin d’ora tuttavia che i termini empirica e razionale risultano solo in parte appropriati ad indicare la distinzione, se non altro per il motivo che già nel terzo capitolo si parla di qualcosa che deve valere überhaupt e non solo sul piano della contingenza empirica. Per questo il confronto tra i due livelli della ricerca non dovrà mai dimenticare l’intreccio continuo che li collega costantemente, al di là delle facili schematizzazioni che vorrebbero un Wolff legato esclusivamente ad una deduzione a priori che parta dalla definizione dell’essenza dell’anima escludendo ogni rapporto con l’esperienza. Dal punto di vista metodologico, quella che potrebbe sembrare una manchevolezza dell’impianto wolffiano, soprattutto per la ridondanza dei richiami tra i due livelli appena indicati, risulta agli studi più recenti come uno degli aspetti più significativi e interessanti di un pensiero che rivela una complessità e una ricchezza notevoli, al di là delle difficoltà che inevitabilmente lo percorrono a motivo del difficile equilibrio che cerca di raggiungere sulla base delle diverse istanze tipiche del pensiero moderno. Senza voler passare da un Wolff come espressione compiuta del razionalismo illuministico ad un Wolff filosofo dell’esperienza sulla base di un modello che potremmo sinteticamente definire “scientifico-sperimentale”, occorre riconoscere che entrambe le interpretazioni possono trovare delle giustificazioni all’interno delle opere wolffiane, e tra queste proprio le due grandi Psychologiæ latine ne forniscono l’esempio più articolato e significativo. Tra gli studi che costituiscono come l’occasione per le indagini svolte nel volume che qui presentiamo, possiamo certamente ricordare i contributi delle giornate di studio ad Halle, presso il Centro interdisciplinare di ricerca sull’Illuminismo europeo (IZEA), nell’aprile del 2002, promosse da Jürgen Stolzenberg (Halle) e Pierre-François Moreau (Lyon) e dedicate appunto alla psicologia di Wolff nella sua elaborazione sistematica, oltre che al suo significato e agli influssi nel pensiero successivo 1. Ma non possiamo allo stesso tempo non ricordare anche il primo Convegno internazionale su Wolff, in occasione dei duecentocinquant’anni dalla sua scomparsa, tenutosi sempre ad Halle, nell’aprile del 2004, dal titolo « Christian Wolff und die Europäische Aufklärung »: un’occasione unica che ha visto il concorso di gran numero di studiosi, permettendo un bilancio quanto mai significativo sulla fortuna del suo pensiero nel più vasto contesto del dibattito filosofico europeo attorno alla metà del Settecento. Le giornate di studio, svoltesi a Verona nel maggio del 2005, di cui qui presentiamo i contributi, intendono porsi sulla linea di tale rinnovato interesse per le problematiche wolffiane, e in particolare della sua psicologia, non solo dal punto di vista dell’articolazione interna del suo pensiero, ma anche da quello dei riferimenti storici che ne possono consentire una migliore comprensione, così come degli influssi e delle discussioni che ha contibuito a determinare. Nel segno di un ideale collegamento con il Convegno di Halle, in apertura delle giornate veronesi si è voluto anzitutto ricordare la figura di Hans-Werner Arndt, che a quel Convegno aveva tenuto la relazione inaugurale su « Christian Wolff - Philosophie als Weltweisheit », in una sorta di continuità nel campo della ricerca scientifica, che si può senz’altro ravvisare nell’accentuazione del ruolo dell’esperienza all’interno del pensiero wolffiano, al di là degli schemi usuali invalsi nella storiografia filosofica. Il filo che riannoda i diversi contributi del volume può essere infatti ravvisato nel tentativo di accentuare, sia pure in maniera diversa, il richiamo alla concretezza dell’indagine psicologica presente nelle opere wolffiane. Se non si può certamente dimenticare che la nascita della psicologia come disciplina scientifica autonoma si avrà solo con la seconda metà dell’Ottocento, va riconosciuto all’insieme delle indagini compiute da Wolff nel corso delle diverse opere – non solo le due Psychologiæ, ma anche la Physik e i Versuche, per ricordare solo alcune tra le più significative oltre la Metafisica tedesca –, il merito di aver approfondito in modo rigoroso il vissuto umano, giungendo all’individuazione di alcune leggi specifiche che lo regolano, tra le quali basti ricordare, ad esempio, il ruolo svolto non solo dai processi dell’associazione mentale, ma anche dal complesso intreccio tra tendenze e atti della volontà che regola il nostro comportamento. Nell’insieme, potremmo dire che rimane costante il confronto tra fatti psichici e considerazioni filosofiche, in un intreccio di considerazioni che si potrebbero riassumere nel connubium tra ragione ed esperienza, al quale Wolff più volte si richiama. Senza ripercorrere qui l’apporto fornito alla discussione dai singoli contributi, basti ricordare, a titolo di esempio, il confronto con Locke e Malebranche, oltre che l’analisi delle cosiddette ideae sensuales o dei processi tipici dell’immaginazione e del linguaggio simbolico, e insieme la possibilità dell’utilizzo della matematica nella psicometria.

Christian Wolff tra psicologia empirica e psicologia razionale: atti del seminario internazionale di studi, Verona, 13-14 maggio 2005

MARCOLUNGO, Ferdinando Luigi
2007-01-01

Abstract

Il confronto tra psicologia empirica e psicologia razionale costituisce senz’altro uno dei nodi più significativi del pensiero di Christian Wolff e permette non solo di ricostruirne dall’interno le motivazioni e gli sviluppi più significativi, ma anche di apprezzarne l’influsso nel dibattito successivo. Allo stesso tempo, tuttavia, proprio tale nodo centrale del suo pensiero si presta forse più degli altri al fraintendimento che si può riassumere nello schema, tante volte ripetuto nella letteratura critica, di un Wolff epigono della tradizione scolastica, della quale si limiterebbe a fornire una versione aggiornata sulla base delle nuove istanze del pensiero moderno. Quando Kant nella Critica della ragion pura, all’interno della Dialettica trascendentale, si confronterà con la grandi tesi della metafisica tradizionale, saranno proprio i grandi volumi delle opere wolffiane a costituire il termine di riferimento, al di là dell’assenza di un rimando esplicito e puntuale. L’impressione, che il lettore comune per lo più ne ricava, sembra avvalorare una sorta di continuità rispetto alle impostazioni scolastiche, quasi che la distinzione tra psicologia empirica e psicologia razionale fosse ormai assodata e non costituisse invece un elemento di novità. Una novità, del resto, che potrebbe risultare con tutta evidenza anche solo dal fatto che possiamo in effetti rintracciarla solo a partire dalle Institutiones del Thümmig pubblicate nel 1725, mentre risulta assente, sul piano strettamente terminologico, nelle stesse opere wolffiane anteriori a quella data, per essere invece consacrata in modo definitivo solo con l’edizione dei due grossi volumi latini, la Psychologia empirica e la Psychologia rationalis, apparsi la prima volta tra il 1732 e il 1734. Come spesso accade, l’uso dei termini corrisponde anche in Wolff ad uno specifico nodo problematico che si era venuto sviluppando già dalle prime opere, per trovare una prima formulazione compiuta nel testo della cosiddetta Metafisica tedesca, apparsa in prima edizione agli inizi del 1720. Nel tracciato di quest’opera, che solo in parte corrisponde alla scansione delle grandi opere latine degli anni Trenta, il discorso sull’anima viene ad occupare due capitoli ben distinti, il terzo e il quinto, sulla base di una precisa distinzione che fin d’ora suona, da una parte, come richiamo alla concretezza dell’esperienza (« Von der Seele überhaupt und was wir nehmlich von ihr wahrnehmen »), dall’altra, come tentativo di chiarirne l’essenza, in un discorso che si allarga, come riporta il titolo del capitolo, alla considerazione in genere di ogni soggetto spirituale («Von dem Wesen der Seele und eines Geistes überhaupt »). Si avverte fin d’ora tuttavia che i termini empirica e razionale risultano solo in parte appropriati ad indicare la distinzione, se non altro per il motivo che già nel terzo capitolo si parla di qualcosa che deve valere überhaupt e non solo sul piano della contingenza empirica. Per questo il confronto tra i due livelli della ricerca non dovrà mai dimenticare l’intreccio continuo che li collega costantemente, al di là delle facili schematizzazioni che vorrebbero un Wolff legato esclusivamente ad una deduzione a priori che parta dalla definizione dell’essenza dell’anima escludendo ogni rapporto con l’esperienza. Dal punto di vista metodologico, quella che potrebbe sembrare una manchevolezza dell’impianto wolffiano, soprattutto per la ridondanza dei richiami tra i due livelli appena indicati, risulta agli studi più recenti come uno degli aspetti più significativi e interessanti di un pensiero che rivela una complessità e una ricchezza notevoli, al di là delle difficoltà che inevitabilmente lo percorrono a motivo del difficile equilibrio che cerca di raggiungere sulla base delle diverse istanze tipiche del pensiero moderno. Senza voler passare da un Wolff come espressione compiuta del razionalismo illuministico ad un Wolff filosofo dell’esperienza sulla base di un modello che potremmo sinteticamente definire “scientifico-sperimentale”, occorre riconoscere che entrambe le interpretazioni possono trovare delle giustificazioni all’interno delle opere wolffiane, e tra queste proprio le due grandi Psychologiæ latine ne forniscono l’esempio più articolato e significativo. Tra gli studi che costituiscono come l’occasione per le indagini svolte nel volume che qui presentiamo, possiamo certamente ricordare i contributi delle giornate di studio ad Halle, presso il Centro interdisciplinare di ricerca sull’Illuminismo europeo (IZEA), nell’aprile del 2002, promosse da Jürgen Stolzenberg (Halle) e Pierre-François Moreau (Lyon) e dedicate appunto alla psicologia di Wolff nella sua elaborazione sistematica, oltre che al suo significato e agli influssi nel pensiero successivo 1. Ma non possiamo allo stesso tempo non ricordare anche il primo Convegno internazionale su Wolff, in occasione dei duecentocinquant’anni dalla sua scomparsa, tenutosi sempre ad Halle, nell’aprile del 2004, dal titolo « Christian Wolff und die Europäische Aufklärung »: un’occasione unica che ha visto il concorso di gran numero di studiosi, permettendo un bilancio quanto mai significativo sulla fortuna del suo pensiero nel più vasto contesto del dibattito filosofico europeo attorno alla metà del Settecento. Le giornate di studio, svoltesi a Verona nel maggio del 2005, di cui qui presentiamo i contributi, intendono porsi sulla linea di tale rinnovato interesse per le problematiche wolffiane, e in particolare della sua psicologia, non solo dal punto di vista dell’articolazione interna del suo pensiero, ma anche da quello dei riferimenti storici che ne possono consentire una migliore comprensione, così come degli influssi e delle discussioni che ha contibuito a determinare. Nel segno di un ideale collegamento con il Convegno di Halle, in apertura delle giornate veronesi si è voluto anzitutto ricordare la figura di Hans-Werner Arndt, che a quel Convegno aveva tenuto la relazione inaugurale su « Christian Wolff - Philosophie als Weltweisheit », in una sorta di continuità nel campo della ricerca scientifica, che si può senz’altro ravvisare nell’accentuazione del ruolo dell’esperienza all’interno del pensiero wolffiano, al di là degli schemi usuali invalsi nella storiografia filosofica. Il filo che riannoda i diversi contributi del volume può essere infatti ravvisato nel tentativo di accentuare, sia pure in maniera diversa, il richiamo alla concretezza dell’indagine psicologica presente nelle opere wolffiane. Se non si può certamente dimenticare che la nascita della psicologia come disciplina scientifica autonoma si avrà solo con la seconda metà dell’Ottocento, va riconosciuto all’insieme delle indagini compiute da Wolff nel corso delle diverse opere – non solo le due Psychologiæ, ma anche la Physik e i Versuche, per ricordare solo alcune tra le più significative oltre la Metafisica tedesca –, il merito di aver approfondito in modo rigoroso il vissuto umano, giungendo all’individuazione di alcune leggi specifiche che lo regolano, tra le quali basti ricordare, ad esempio, il ruolo svolto non solo dai processi dell’associazione mentale, ma anche dal complesso intreccio tra tendenze e atti della volontà che regola il nostro comportamento. Nell’insieme, potremmo dire che rimane costante il confronto tra fatti psichici e considerazioni filosofiche, in un intreccio di considerazioni che si potrebbero riassumere nel connubium tra ragione ed esperienza, al quale Wolff più volte si richiama. Senza ripercorrere qui l’apporto fornito alla discussione dai singoli contributi, basti ricordare, a titolo di esempio, il confronto con Locke e Malebranche, oltre che l’analisi delle cosiddette ideae sensuales o dei processi tipici dell’immaginazione e del linguaggio simbolico, e insieme la possibilità dell’utilizzo della matematica nella psicometria.
2007
9783487135434
"Kant"; "Christian Wolff"; "psicologia empirica"; "psicologia razionale"; "metafisica"; "psicologia"
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Indice.pdf

accesso aperto

Tipologia: Altro materiale allegato
Licenza: Dominio pubblico
Dimensione 77.49 kB
Formato Adobe PDF
77.49 kB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/338738
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact