Nel corso degli ultimi 15 anni ho partecipato a diversi progetti che rientrano nell’ambito della sociologia sanitaria, molti dei quali relativi alla valutazione di quelli che vengono definiti outcomes umanistici o più recentemente patient reported outcomes: qualità della vita correlata alla salute, soddisfazione del paziente. Qualche volta mi sono imbattuta in temi o problemi che mi sono ripromessa di approfondire o indagare. Uno di questi temi è l’oggetto di questa tesi. Si tratta in realtà di quello che spesso viene definito come un paradosso, ovvero il fatto che sebbene le donne abbiano un’aspettativa di vita alla nascita superiore a quella dell’uomo di circa 5 anni, tuttavia, valutano la propria salute come peggiore, riferiscono più sintomi fisici e utilizzano maggiormente i servizi sanitari. Il mio lavoro di tesi si concentra sul primo aspetto e cioè sulla valutazione soggettiva dello stato di salute da parte delle donne e degli uomini. Il concetto di salute è connotato socialmente, esso non è uguale in tutte le culture, per questo motivo in questo lavoro ho ristretto il campo di indagine ai paesi occidentali che fanno riferimento a modelli di salute che possiamo ragionevolmente considerare simili, se non equivalenti, pur nelle specificità dei singoli Stati. A partire da questo paradosso, ho formulato 2 ipotesi di ricerca e ho abbozzato uno schema dello studio. Nel frattempo, ho cominciato col leggere rassegne sull’argomento e ad accumulare articoli e testi, alla ricerca di qualche stimolo e di qualche risposta. Mi sono trovata di fronte a una letteratura sterminata. Man mano che procedevo nella lettura, anziché rischiararsi, il quadro si faceva sempre più complesso e confuso. Quella che sembrava essere una premessa condivisa e indiscutibile veniva messa in dubbio da evidenze che difficilmente si conciliavano con quello che finiva per assomigliare sempre di più ad un assioma. Da un lato le ipotesi e le risposte si moltiplicavano, dall’altro venivano a mancare i fondamenti su cui poggiava tutta la discussione. Ad un certo punto mi sono chiesta se non avessi imboccato un vicolo cieco e affrontato un problema che era tale solo nella mia immaginazione. In realtà la complessità del tema non si presta a facili semplificazioni. Certamente si tratta di un tema delicato che rischia in molti casi di essere affrontato in maniera troppo emotiva. Ci sono autori, e soprattutto autrici, che di questo ambito di studio hanno fatto un campo di battaglia in cui è difficile talvolta distinguere fra la volontà di minimizzare, negando le differenze, e quella di rivendicare una più attenta analisi dei dati, al di là di enunciati generali che hanno più il carattere di assiomi che di teoremi da dimostrare. Nei paragrafi che seguono comincerò con il delineare l’evoluzione del concetto di salute, distinguendo fra le definizioni scientifico-professionali e quelle “profane” vale a dire della gente comune. Introdurrò il tema delle disuguaglianze nella salute legate a fattori di ordine sociale, per cercare di cogliere il peso rivestito dal genere al loro interno. Seguirà una presentazione degli strumenti di valutazione della salute percepita con particolare riferimento agli strumenti utilizzati per la raccolta dei dati. Infine saranno descritti cinque studi, dei quali i primi 3 di tipo secondario, effettuando un’analisi di alcuni grossi database di studi sanitari di popolazione; gli altri due originali, costituiti da un approfondimento quantitativo e uno qualitativo sempre relativo ai differenziali di genere relativi alla percezione della salute.
Non disponibile
Differenze di genere nella percezione della salute
OPRANDI, Nadia Carolina
2007-01-01
Abstract
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Tesi di dottorato
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