Tutte le attività della vita quotidiana richiedono di prestare attenzione a certi aspetti dell’ambiente, ignorando quelli che sono irrilevanti o addirittura distraenti per l’attività che si sta svolgendo. Questa capacità di isolare gli elementi salienti dal flusso di informazioni che continuamente raggiunge il cervello è definita “attenzione selettiva”, e fa parte delle abilità cognitive di ordine superiore essenziali all’adattamento dell’uomo all’ambiente e quindi alla sua stessa sopravvivenza. Le funzioni esecutive, di cui l’attenzione selettiva rappresenta una componente, rendono l’elaborazione degli stimoli rilevanti prioritaria rispetto a quella degli stimoli irrilevanti, determinando un’adeguata risposta comportamentale. I meccanismi neurali alla base di queste funzioni sono già stati studiati, soprattutto in ambito visivo, con metodiche neuropsicologiche, e recentemente con tecniche elettrofisiologiche e di brain imaging (Corbetta et al., 1993; De Simone 1998; Banich et al., 2000; Pessoa et al., 2002). Si ritiene che per identificare un preciso stimolo visivo, vengano inizialmente innescati processi attenzionali automatici, ai quali seguono processi di attenzione selettiva da cui dipende l’identificazione dello stimolo stesso. Studi sull’uomo e sulla scimmia (Chelazzi et al., 1993; Luck e Hillyard 1994; Kastener et al., 1998; Smith et al., 2000; Hopf et al., 2002), dimostrano che l’attenzione selettiva agisce attraverso meccanismi inibitori che sopprimono l’informazione non rilevante riducendo l’interferenza. L’attenzione selettiva può essere misurata in condizioni sperimentali attraverso stimoli che introducono una condizione di interferenza tra l’elemento saliente e il distrattore. La più nota di queste procedure è il Test di Stroop, utilizzato anche nel nostro lavoro in una versione modificata. Gli stimoli variano per due dimensioni ed il soggetto deve ignorarne una per fornire la risposta corretta al test. La rapidità della risposta stima l’efficienza dell’attenzione selettiva. Scopo di questo lavoro è valutare con Risonanza Magnetica funzionale (fMRI) ad alto campo (3 Tesla) il ruolo delle funzioni esecutive, attraverso l’elaborazione di un paradigma sperimentale di Stroop che permetta di localizzare le aree cerebrali coinvolte nel processamento degli aspetti d’incongruenza della funzione attentiva. La Risonanza Magnetica funzionale è un metodo di indagine che permette di esplorare l’anatomia funzionale del cervello in maniera non invasiva. Per questi motivi la tecnica ha incontrato un notevole successo e negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi studi basati sull’applicazione della stessa. L’innovazione del nostro lavoro, rispetto agli studi precedenti, è rappresentata dall’utilizzo di un paradigma di Stroop strutturato con stimoli non verbali (frecce), confrontato con un paradigma di Stroop tradizionale (colorword). Dati preliminari raccolti in bambini normali e dislessici dicono che l’effetto Stroop si realizza anche in compiti che utilizzano stimoli non verbali. Nei dislessici, tuttavia, solo i compiti che utilizzano stimoli verbali danno un effetto d’incongruenza maggiore che nei controlli, suggerendo meccanismi diversi per i due tipi di compito (Faccioli, 2006; Faccioli et al., in stampa). In questo studio, abbiamo voluto verificarli in un gruppo di adulti normali, raccogliendo assieme ai dati comportamentali (tempi di reazione) quelli di fMRI. Questo ci ha permesso di provare che effetti d’interferenza simili corrispondono all’attivazione di aree cerebrali distinte nell’ambito di quelle coinvolte nel controllo esecutivo.

Non disponibile

Controllo esecutivo e lateralizzazione emisferica: studi di neuroimaging con paradigma di Stroop

ZOCCATELLI, Giada
2007-01-01

Abstract

Non disponibile
2007
controllo esecutivo; lateralizzazione emisferica; neuroimaging; paradigma di stroop
Tutte le attività della vita quotidiana richiedono di prestare attenzione a certi aspetti dell’ambiente, ignorando quelli che sono irrilevanti o addirittura distraenti per l’attività che si sta svolgendo. Questa capacità di isolare gli elementi salienti dal flusso di informazioni che continuamente raggiunge il cervello è definita “attenzione selettiva”, e fa parte delle abilità cognitive di ordine superiore essenziali all’adattamento dell’uomo all’ambiente e quindi alla sua stessa sopravvivenza. Le funzioni esecutive, di cui l’attenzione selettiva rappresenta una componente, rendono l’elaborazione degli stimoli rilevanti prioritaria rispetto a quella degli stimoli irrilevanti, determinando un’adeguata risposta comportamentale. I meccanismi neurali alla base di queste funzioni sono già stati studiati, soprattutto in ambito visivo, con metodiche neuropsicologiche, e recentemente con tecniche elettrofisiologiche e di brain imaging (Corbetta et al., 1993; De Simone 1998; Banich et al., 2000; Pessoa et al., 2002). Si ritiene che per identificare un preciso stimolo visivo, vengano inizialmente innescati processi attenzionali automatici, ai quali seguono processi di attenzione selettiva da cui dipende l’identificazione dello stimolo stesso. Studi sull’uomo e sulla scimmia (Chelazzi et al., 1993; Luck e Hillyard 1994; Kastener et al., 1998; Smith et al., 2000; Hopf et al., 2002), dimostrano che l’attenzione selettiva agisce attraverso meccanismi inibitori che sopprimono l’informazione non rilevante riducendo l’interferenza. L’attenzione selettiva può essere misurata in condizioni sperimentali attraverso stimoli che introducono una condizione di interferenza tra l’elemento saliente e il distrattore. La più nota di queste procedure è il Test di Stroop, utilizzato anche nel nostro lavoro in una versione modificata. Gli stimoli variano per due dimensioni ed il soggetto deve ignorarne una per fornire la risposta corretta al test. La rapidità della risposta stima l’efficienza dell’attenzione selettiva. Scopo di questo lavoro è valutare con Risonanza Magnetica funzionale (fMRI) ad alto campo (3 Tesla) il ruolo delle funzioni esecutive, attraverso l’elaborazione di un paradigma sperimentale di Stroop che permetta di localizzare le aree cerebrali coinvolte nel processamento degli aspetti d’incongruenza della funzione attentiva. La Risonanza Magnetica funzionale è un metodo di indagine che permette di esplorare l’anatomia funzionale del cervello in maniera non invasiva. Per questi motivi la tecnica ha incontrato un notevole successo e negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi studi basati sull’applicazione della stessa. L’innovazione del nostro lavoro, rispetto agli studi precedenti, è rappresentata dall’utilizzo di un paradigma di Stroop strutturato con stimoli non verbali (frecce), confrontato con un paradigma di Stroop tradizionale (colorword). Dati preliminari raccolti in bambini normali e dislessici dicono che l’effetto Stroop si realizza anche in compiti che utilizzano stimoli non verbali. Nei dislessici, tuttavia, solo i compiti che utilizzano stimoli verbali danno un effetto d’incongruenza maggiore che nei controlli, suggerendo meccanismi diversi per i due tipi di compito (Faccioli, 2006; Faccioli et al., in stampa). In questo studio, abbiamo voluto verificarli in un gruppo di adulti normali, raccogliendo assieme ai dati comportamentali (tempi di reazione) quelli di fMRI. Questo ci ha permesso di provare che effetti d’interferenza simili corrispondono all’attivazione di aree cerebrali distinte nell’ambito di quelle coinvolte nel controllo esecutivo.
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