Hannah Arendt, allieva di Heidegger, afferma l’importanza di frequentare le questioni di significato o considerevoli, oppure come dice Heinz von Foerster le questioni metafisiche, perché non hanno risposta. Solo dedicando tempo del proprio vivere pensando a questioni senza risposte certe (che cosa sono la felicità, la giustizia, il bene, la vita e il suo senso…), l’essere umano costruirebbe un orizzonte di senso per la sua esistenza. Il problema è quello di dimenticarsi di coltivare queste domande ed il rischio è quello di vivere una vita inautentica. Una vita in cui la persona è un tecnico che applica idee decise da altri anziché un soggetto competente che ragiona a partire da sé, pensando in prima persona, cercando di smobilitare le idee cristallizzate, congelate (Arendt). Pensare è riflettere su ciò che si fa, è pensare sull’agire. Si tratta di pensare contestualmente le cose non in modo strumentale. La seguente ricerca ha per oggetto esperienze di educazione al pensare che vengono da me organizzate e poi fatte oggetto di una ricerca di tipo qualitativo; in particolare approfondisce i modi in cui i soggetti esercitano il pensare discutendo tra loro. Infatti ho ritenuto significativo esplorare i diversi stili cognitivi e gli ambienti che favoriscono o ostacolano la facoltà del pensare, che significa allo stesso tempo capacità di esprimere giudizi, prendere parola e posizione, con coraggio, coerenza e responsabilità.
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Educazione a pensare. Riflettere su questioni di Bioetica
CAMERELLA, Alessia
2007-01-01
Abstract
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Tesi di dottorato
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