Questo lavoro ha come oggetto l’analisi delle opere critiche di T.H. Green a carattere gnoseologico. Il filo conduttore che le unisce può essere identificato nella posizione greeniana rispetto alla questione epistemologica della tensione tra filosofia e psicologia nella spiegazione del processo conoscitivo da un lato, e dall’altro nel confronto teoretico tra la gnoseologia empirista ed evoluzionista con quella idealista. Poiché, come è noto, Green è uno dei primi esponenti del neoidealismo inglese, ritengo opportuno richiamare, a livello introduttivo, i tratti fondamentali di questa corrente filosofica, per una piena comprensione dei suoi scritti e del suo pensiero. L’espressione “neoidealismo inglese” indica l’influsso, significativo a partire dagli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento, del pensiero idealista tedesco su quello inglese. Dal punto di vista storico e storiografico, la definizione di questo movimento può passare, a mio avviso, attraverso le risposte ad alcuni quesiti, che mirano a stabilire quali furono le fasi della penetrazione e della diffusione del pensiero tedesco in ambito inglese, quale fu l’autore tedesco tenuto maggiormente in considerazione; quale fosse la tradizione culturale su cui questo pensiero si andò innestando; se l’idealismo tedesco fu l’unico pensiero straniero, in quell’epoca, a influenzare quello inglese. Dal punto di vista teoretico, sarà interessante per la presente ricerca evidenziare per quali aspetti, epistemologici e gnoseologici, il neoidealismo differisca rispetto alla tradizione inglese criticata dal Nostro. Per quanto riguarda le fasi della penetrazione e della diffusione del pensiero tedesco in ambito inglese, se nella prima metà del Settecento la cultura tedesca ebbe una scarsa influenza su quella britannica, a partire dagli anni Ottanta le cose cominciarono a cambiare. Dapprima fu la produzione letteraria, soprattutto teatrale, a essere tradotta in inglese; successivamente cominciarono a giungere notizie della filosofia tedesca, specialmente kantiana, che venne subito messa a confronto con la filosofia della tradizione britannica, ossia con l’empirismo di Locke, l’idealismo di Berkeley, lo scetticismo di Hume, e la nuova filosofia del Senso Comune proposta dalla Scuola Scozzese. Verso la fine del Settecento «l’interesse dell’opinione pubblica colta per gli aspetti politici ed etici della nuova filosofia tedesca, in particolare quella di Kant, andò rapidamente scemando; il dibattito su Kant, tuttavia, e sugli sviluppi della filosofia tedesca continuò, almeno tra coloro che coltivavano interessi per la filosofia». Il primo ad avere una conoscenza diretta della filosofia tedesca pre-kantiana, kantiana e post-kantiana fu W. Hamilton (la sua prima pubblicazione sulla filosofia tedesca risale al 1829), che fu anche il primo a introdurre il pensiero kantiano nella cultura accademica britannica; nei primi trent’anni dell’Ottocento solo Coleridge ebbe una conoscenza diretta di tutta, o quasi, la produzione kantiana e post-kantiana.

Non disponibile

Sul problema della conoscenza nell'idealismo di Thomas Hill Green

MORETTI, LAURA
2007-01-01

Abstract

Non disponibile
2007
conoscenza; Thomas Hill Green
Questo lavoro ha come oggetto l’analisi delle opere critiche di T.H. Green a carattere gnoseologico. Il filo conduttore che le unisce può essere identificato nella posizione greeniana rispetto alla questione epistemologica della tensione tra filosofia e psicologia nella spiegazione del processo conoscitivo da un lato, e dall’altro nel confronto teoretico tra la gnoseologia empirista ed evoluzionista con quella idealista. Poiché, come è noto, Green è uno dei primi esponenti del neoidealismo inglese, ritengo opportuno richiamare, a livello introduttivo, i tratti fondamentali di questa corrente filosofica, per una piena comprensione dei suoi scritti e del suo pensiero. L’espressione “neoidealismo inglese” indica l’influsso, significativo a partire dagli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento, del pensiero idealista tedesco su quello inglese. Dal punto di vista storico e storiografico, la definizione di questo movimento può passare, a mio avviso, attraverso le risposte ad alcuni quesiti, che mirano a stabilire quali furono le fasi della penetrazione e della diffusione del pensiero tedesco in ambito inglese, quale fu l’autore tedesco tenuto maggiormente in considerazione; quale fosse la tradizione culturale su cui questo pensiero si andò innestando; se l’idealismo tedesco fu l’unico pensiero straniero, in quell’epoca, a influenzare quello inglese. Dal punto di vista teoretico, sarà interessante per la presente ricerca evidenziare per quali aspetti, epistemologici e gnoseologici, il neoidealismo differisca rispetto alla tradizione inglese criticata dal Nostro. Per quanto riguarda le fasi della penetrazione e della diffusione del pensiero tedesco in ambito inglese, se nella prima metà del Settecento la cultura tedesca ebbe una scarsa influenza su quella britannica, a partire dagli anni Ottanta le cose cominciarono a cambiare. Dapprima fu la produzione letteraria, soprattutto teatrale, a essere tradotta in inglese; successivamente cominciarono a giungere notizie della filosofia tedesca, specialmente kantiana, che venne subito messa a confronto con la filosofia della tradizione britannica, ossia con l’empirismo di Locke, l’idealismo di Berkeley, lo scetticismo di Hume, e la nuova filosofia del Senso Comune proposta dalla Scuola Scozzese. Verso la fine del Settecento «l’interesse dell’opinione pubblica colta per gli aspetti politici ed etici della nuova filosofia tedesca, in particolare quella di Kant, andò rapidamente scemando; il dibattito su Kant, tuttavia, e sugli sviluppi della filosofia tedesca continuò, almeno tra coloro che coltivavano interessi per la filosofia». Il primo ad avere una conoscenza diretta della filosofia tedesca pre-kantiana, kantiana e post-kantiana fu W. Hamilton (la sua prima pubblicazione sulla filosofia tedesca risale al 1829), che fu anche il primo a introdurre il pensiero kantiano nella cultura accademica britannica; nei primi trent’anni dell’Ottocento solo Coleridge ebbe una conoscenza diretta di tutta, o quasi, la produzione kantiana e post-kantiana.
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