La presente tesi di dottorato espone i risultati di uno studio che si occupa dell’esperienza letteraria di scrittori ebrei tedeschi a contatto con la cultura ebraica orientale. La ricerca si è focalizzata in particolare su tre scrittori, Karl Emil Franzos, Martin Buber e Joseph Roth, le cui opere rappresentano momenti esemplari in un percorso storico-culturale e letterario compreso tra la fine dell’Ottocento e il primo dopoguerra. Si tratta di autori le cui radici culturali sono da ricercare in seno alle comunità ebraiche dell’Est europeo, dalle quali essi si allontanano in un movimento di assimilazione in direzione del Westjudentum tedesco. Tuttavia nelle loro opere essi non rinunciano ad un ritorno, attuato nel medium della letteratura, a quelle realtà remote e retrograde il cui potenziale culturale continua ad esercitare un’attrazione mai sopita. Gli autori eletti ad oggetto di indagine hanno evidenziato in maniera più esplicita la varietà delle tonalità narrative risultanti dall’incontro di ebraismo occidentale e orientale nel medium letterario. Essi offrono infatti la possibilità di sviluppare la riflessione in una prospettiva diacronica che si muove di pari passo con la vicenda storica in declino dell’esperienza culturale ebraica nel continente europeo e segnatamente nei territori asburgici orientali. Nelle sue novelle Karl Emil Franzos descrive la vita di una comunità ancora presente e viva, la cui eredità culturale si trasmette attraverso la narrazione di episodi esemplari della vita dei suoi membri. Il veicolo della sopravvivenza della collettività è costituito dal racconto orale, di cui Franzos offre numerose e vivide rappresentazioni mimetiche. Martin Buber, la cui attività intellettuale spazia dalla filosofia della religione alla scienza della formazione, viene qui sottoposto a studio nel suo ruolo di raccoglitore, rielaboratore ed editore del materiale narrativo chassidico in forma di racconti ed aneddoti. Si tratta dell’autore che più ha influenzato la riflessione dell’occidente europeo in merito all’esperienza culturale degli ebrei dei territori galiziani, polacchi e ucraini, abbattendo le barriere conoscitive tra i due mondi e offrendo ad un pubblico più ampio e fino a quel momento per lo più ignaro un patrimonio ricchissimo di storie e leggende. La sua attività di rielaborazione, di grande impatto sebbene non sempre accolta con favore, assume i caratteri di una Nacherzählung che impegna Buber in una prolungata e attenta riflessione sui suoi procedimenti narrativi, ai quali dedica numerosi saggi esplicativi. Joseph Roth, infine, costituisce una voce che registra il declino dell’esperienza ebraica-orientale europea nel suo soccombere alle incalzanti vicende storicopolitiche. Negli anni Trenta, quando Roth scrive i suoi romanzi, le comunità sono ormai quasi completamente scomparse, mentre i loro membri si disperdono in Europa, in Israele e oltreoceano, estendendo così i confini dell’esperienza diasporica fino ai quattro angoli del mondo. La decadenza e il mito colorano le tonalità narrative di Roth di sfumature particolari, che rendono le sue opere di straordinario fascino e di grande interesse...

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Westjudentum e Ostjudentum tra oralità e scrittura. Karl Emil Franzos, Martin Buber, Joseph Roth

CERIANI, Roberta
2007-01-01

Abstract

Non disponibile
2007
Westjudentum; Ostjudentum; Karl Emil Franzos; Martin Buber; Joseph Roth
La presente tesi di dottorato espone i risultati di uno studio che si occupa dell’esperienza letteraria di scrittori ebrei tedeschi a contatto con la cultura ebraica orientale. La ricerca si è focalizzata in particolare su tre scrittori, Karl Emil Franzos, Martin Buber e Joseph Roth, le cui opere rappresentano momenti esemplari in un percorso storico-culturale e letterario compreso tra la fine dell’Ottocento e il primo dopoguerra. Si tratta di autori le cui radici culturali sono da ricercare in seno alle comunità ebraiche dell’Est europeo, dalle quali essi si allontanano in un movimento di assimilazione in direzione del Westjudentum tedesco. Tuttavia nelle loro opere essi non rinunciano ad un ritorno, attuato nel medium della letteratura, a quelle realtà remote e retrograde il cui potenziale culturale continua ad esercitare un’attrazione mai sopita. Gli autori eletti ad oggetto di indagine hanno evidenziato in maniera più esplicita la varietà delle tonalità narrative risultanti dall’incontro di ebraismo occidentale e orientale nel medium letterario. Essi offrono infatti la possibilità di sviluppare la riflessione in una prospettiva diacronica che si muove di pari passo con la vicenda storica in declino dell’esperienza culturale ebraica nel continente europeo e segnatamente nei territori asburgici orientali. Nelle sue novelle Karl Emil Franzos descrive la vita di una comunità ancora presente e viva, la cui eredità culturale si trasmette attraverso la narrazione di episodi esemplari della vita dei suoi membri. Il veicolo della sopravvivenza della collettività è costituito dal racconto orale, di cui Franzos offre numerose e vivide rappresentazioni mimetiche. Martin Buber, la cui attività intellettuale spazia dalla filosofia della religione alla scienza della formazione, viene qui sottoposto a studio nel suo ruolo di raccoglitore, rielaboratore ed editore del materiale narrativo chassidico in forma di racconti ed aneddoti. Si tratta dell’autore che più ha influenzato la riflessione dell’occidente europeo in merito all’esperienza culturale degli ebrei dei territori galiziani, polacchi e ucraini, abbattendo le barriere conoscitive tra i due mondi e offrendo ad un pubblico più ampio e fino a quel momento per lo più ignaro un patrimonio ricchissimo di storie e leggende. La sua attività di rielaborazione, di grande impatto sebbene non sempre accolta con favore, assume i caratteri di una Nacherzählung che impegna Buber in una prolungata e attenta riflessione sui suoi procedimenti narrativi, ai quali dedica numerosi saggi esplicativi. Joseph Roth, infine, costituisce una voce che registra il declino dell’esperienza ebraica-orientale europea nel suo soccombere alle incalzanti vicende storicopolitiche. Negli anni Trenta, quando Roth scrive i suoi romanzi, le comunità sono ormai quasi completamente scomparse, mentre i loro membri si disperdono in Europa, in Israele e oltreoceano, estendendo così i confini dell’esperienza diasporica fino ai quattro angoli del mondo. La decadenza e il mito colorano le tonalità narrative di Roth di sfumature particolari, che rendono le sue opere di straordinario fascino e di grande interesse...
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