Il rallentamento della crescita economica negli ultimi anni e il progressivo deterioramento della posizione dell’industria italiana sui mercati internazionali hanno giustamente indirizzato l’attenzione degli studiosi sulle cause del “declino” del nostro sistema di sviluppo (Gallino, 2003; Nardozzi, 2004; Onida, 2004). Accanto ad alcune debolezze “storiche” del nostro contesto socio-economico ed istituzionale (Graziani, 2000; Salvati, 2000), emergono nuove questioni proposte con urgenza dall’attuale contesto competitivo tecnologico. Sotto il profilo dell’organizzazione industriale, alcuni autori hanno sostenuto la tesi che tale rivelata inadeguatezza debba essere ricondotta all’esaurimento delle potenzialità di un modello di specializzazione basato su settori tradizionali, sul ruolo delle piccole imprese (anche laddove queste si siano organizzate in senso distrettuale) e sulla prevalenza di scelte innovative centrate sul progresso tecnico e sulle innovazioni di processo. Sul piano strutturale sono quindi auspicabili un’articolata riconversione industriale che incentivi lo sviluppo dei settori avanzati (Vivarelli e Pianta, 2000), la progressiva diminuzione delle politiche a supporto delle micro e piccole imprese e della natalità imprenditoriale, in favore dell’incremento di politiche di supporto alle medie imprese (Lotti, Santarelli e Vivarelli, 2003; Santarelli e Vivarelli, 2002), una politica industriale dell’innovazione favorevole agli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) con particolare riferimento alle innovazioni di prodotto (Pianta e Vivarelli, 1999; Vivarelli, 2002). Oltre a queste considerazioni sul quadro strutturale, l’attenzione può spostarsi su un piano microeconomico, al fine di discutere i nessi che legano innovazione, organizzazione e risorse umane alla produttività d’impresa e dunque ai livelli di competitività, espressi in aggregato da un dato modello di organizzazione industriale (Vivarelli, Piga e Piva, 2004). Su entrambi i livelli, quello strutturale e quello aziendale, vanno ricercate le debolezze del sistema italiano. Sotto il profilo delle scelte imprenditoriali, il dibattito accademico e politico italiano si sta incentrando via via sull’auspicabile aumento degli investimenti privati in R&S (Santarelli, 2004). Sebbene tale auspicio sia condivisibile e sostanzialmente coerente con il quadro delle politiche strutturali sopra esposte, la semplice esortazione ad aumentare indistintamente gli investimenti in innovazione appare intrinsecamente insufficiente a risollevare il livello di competitività delle imprese industriali italiane (Vivarelli e coll., 2004). In quest’ottica, appare necessaria una co-evoluzione dei tre vertici di un triangolo competitivo (Carolli, 2001)basato su rilevanti e contemporanei investimenti in innovazione, cambiamento organizzativo e risorse umane.

not available

Il lavoro in rete nei gruppi e nelle organizzazioni virtuali

MATTANA, Veronica
2008-01-01

Abstract

not available
2008
reti; gruppi di lavoro; organizzazioni; virtualità
Il rallentamento della crescita economica negli ultimi anni e il progressivo deterioramento della posizione dell’industria italiana sui mercati internazionali hanno giustamente indirizzato l’attenzione degli studiosi sulle cause del “declino” del nostro sistema di sviluppo (Gallino, 2003; Nardozzi, 2004; Onida, 2004). Accanto ad alcune debolezze “storiche” del nostro contesto socio-economico ed istituzionale (Graziani, 2000; Salvati, 2000), emergono nuove questioni proposte con urgenza dall’attuale contesto competitivo tecnologico. Sotto il profilo dell’organizzazione industriale, alcuni autori hanno sostenuto la tesi che tale rivelata inadeguatezza debba essere ricondotta all’esaurimento delle potenzialità di un modello di specializzazione basato su settori tradizionali, sul ruolo delle piccole imprese (anche laddove queste si siano organizzate in senso distrettuale) e sulla prevalenza di scelte innovative centrate sul progresso tecnico e sulle innovazioni di processo. Sul piano strutturale sono quindi auspicabili un’articolata riconversione industriale che incentivi lo sviluppo dei settori avanzati (Vivarelli e Pianta, 2000), la progressiva diminuzione delle politiche a supporto delle micro e piccole imprese e della natalità imprenditoriale, in favore dell’incremento di politiche di supporto alle medie imprese (Lotti, Santarelli e Vivarelli, 2003; Santarelli e Vivarelli, 2002), una politica industriale dell’innovazione favorevole agli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) con particolare riferimento alle innovazioni di prodotto (Pianta e Vivarelli, 1999; Vivarelli, 2002). Oltre a queste considerazioni sul quadro strutturale, l’attenzione può spostarsi su un piano microeconomico, al fine di discutere i nessi che legano innovazione, organizzazione e risorse umane alla produttività d’impresa e dunque ai livelli di competitività, espressi in aggregato da un dato modello di organizzazione industriale (Vivarelli, Piga e Piva, 2004). Su entrambi i livelli, quello strutturale e quello aziendale, vanno ricercate le debolezze del sistema italiano. Sotto il profilo delle scelte imprenditoriali, il dibattito accademico e politico italiano si sta incentrando via via sull’auspicabile aumento degli investimenti privati in R&S (Santarelli, 2004). Sebbene tale auspicio sia condivisibile e sostanzialmente coerente con il quadro delle politiche strutturali sopra esposte, la semplice esortazione ad aumentare indistintamente gli investimenti in innovazione appare intrinsecamente insufficiente a risollevare il livello di competitività delle imprese industriali italiane (Vivarelli e coll., 2004). In quest’ottica, appare necessaria una co-evoluzione dei tre vertici di un triangolo competitivo (Carolli, 2001)basato su rilevanti e contemporanei investimenti in innovazione, cambiamento organizzativo e risorse umane.
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