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CATALOGO DEI PRODOTTI DELLA RICERCA
Il 2004 è stato proclamato dall’Unione Europea l’Anno Europeo dell’Educazione
attraverso lo Sport e il 2005 è stato dichiarato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite
l’Anno Mondiale dello Sport e dell’Educazione Fisica. Bastano solo poche coordinate –
da unire alla costante crescita della pratica sportiva in Italia registrata da Istat e Coni –
per comprendere quanto il fenomeno sportivo stia acquistando importanza graduale
nello scenario sociale e culturale italiano e internazionale.
Il mondo sportivo è in crescita. Lo sport è diventato un bisogno, un diritto, un obiettivo
politico, culturale, sanitario. Ma se indiscusso è il riconoscimento dell’alto significato
sociale (ed economico) dello sport, non altrettanto esplicito è invece il riconoscimento e
la valorizzazione degli operatori e degli organizzatori che sorreggono e mantengono
quotidianamente in vita tale sistema.
Chi è dunque a tenere in piedi dalle sue fondamenta lo sport? Chi interpreta,
comunica e fa vivere lo sport a giovani, adulti, anziani? Dove si trova e in quali
condizioni opera anche la base di quell’iceberg che vede emergere dagli abissi solo lo
sport-spettacolo?
Da questi quesiti siamo dunque partiti per aprire un varco di conoscenza in un
settore del mercato del lavoro, quello sportivo, che – pur restando nell’ombra delle
statistiche ufficiali – alimenta un fenomeno in ascesa e senza dubbio di notevole
rilevanza sociale. Abbiamo quindi cercato, attraverso questo lavoro di ricerca, di
offrirne un piccolo ma, a nostro parere, interessante spaccato.
La scelta di tale campo d’indagine è nata in primo luogo dalla volontà di studiare il
mondo lavoro dalla parte del soggetto, con l’obiettivo da un lato di comprendere il
mutato legame tra identità e lavoro, in un’epoca in cui questo sembra perdere centralità
a fronte del moltiplicarsi e del frammentarsi delle fonti identitarie; e dall’altro di
analizzare le modalità con cui i singoli vivono le macro trasformazioni del mondo del
lavoro, le elaborano a livello di significati e le traducono in scelte, progetti e
investimenti personali e professionali. Nello specifico l’obiettivo è stato di comprendere
il senso e i significati attribuiti al lavoro, nonché il suo rapporto con i processi identitari
e di riconoscimento sociale cui pare oggi essere ancora in parte legato.
Il tema non è certo nuovo alla sociologia, poiché l’analisi delle trasformazioni
sociali che si generano a partire dal lavoro è uno degli argomenti più cari a questa
disciplina, oltre che bussola della riflessione sociologica sin dai suoi esordi: i maggiori
processi di mutamento negli assetti societari sono stati infatti strettamente condizionati
dalle trasformazioni riguardanti il modo di lavorare e di organizzare il lavoro. Lungo più
di un secolo di storia sociale del lavoro e della sociologia studi e ricerche hanno così
messo in evidenza come esso abbia assunto man mano significati e collocazioni diverse
rispetto alla società.
Ed è per questo che abbiamo concentrato l’attenzione sul settore sportivo. Il motivo
è duplice. Il mercato del lavoro nello sport ci è sembrato particolarmente interessante,
poiché risulta essere caratterizzato – e, peraltro, in maniera assai accentuata – dalla
presenza di quei processi di individualizzazione e flessibilizzazione tipici dell’attuale
contesto post-fordista: le condizioni di professionalizzazione e di carriera sono variabili,
instabili e flessibili, le attività sono prevalentemente atipiche, diffusi sono i fenomeni di
pluriattività e di secondo lavoro, limitata è la convergenza delle agenzie deputate alla
formazione, necessario è il continuo aggiornamento delle competenze, nonché scarsa è
l’organizzazione e la regolamentazione del mercato del lavoro (per citare solo alcuni
aspetti).
Allo stesso tempo, però, è un settore dalle forti peculiarità. In primo luogo lo sport
si configura oggi come un’importante fonte identitaria (sia nel momento della sua
pratica diretta che della sua fruizione), in quanto esso continua a rappresentare,
nonostante l’indebolimento dei motori di produzione di senso, uno degli spazi sociali a
più alta intensità relazionale. In secondo luogo, la scelta di svolgere un’attività
professionale in tale ambito è generalmente il risultato spontaneo di una carriera da
agonista o da atleta e nella maggior parte dei casi mossa da una forte motivazione
intrinseca e passione.
Se da un lato quindi il mondo sportivo bene interpreta le attuali tendenze postfordiste
del mercato del lavoro, dall’altro è altresì vero che esso si differenzia da altri
settori professionali proprio per la natura del contenuto professionale. Tale connubio ha
reso, a nostro avviso, quanto mai interessante e stimolante lo studio di questo settore,
peraltro oggi prepotentemente in crescita ma sinora rimasto, a torto, lontano dall’alveo
delle ricerche sociologiche. Se si vuole infatti tendere alla creazione e alla diffusione di
una cultura sportiva orientata all’educazione e alla trasmissione di valori sociali,
imprescindibile è una riflessione sulle condizioni di formazione e di lavoro di quelle
persone a cui, di fatto, è affidato l’oneroso compito di socializzare allo sport schiere di
giovani (e meno giovani).
Il 2004 è stato proclamato dall’Unione Europea l’Anno Europeo dell’Educazione
attraverso lo Sport e il 2005 è stato dichiarato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite
l’Anno Mondiale dello Sport e dell’Educazione Fisica. Bastano solo poche coordinate –
da unire alla costante crescita della pratica sportiva in Italia registrata da Istat e Coni –
per comprendere quanto il fenomeno sportivo stia acquistando importanza graduale
nello scenario sociale e culturale italiano e internazionale.
Il mondo sportivo è in crescita. Lo sport è diventato un bisogno, un diritto, un obiettivo
politico, culturale, sanitario. Ma se indiscusso è il riconoscimento dell’alto significato
sociale (ed economico) dello sport, non altrettanto esplicito è invece il riconoscimento e
la valorizzazione degli operatori e degli organizzatori che sorreggono e mantengono
quotidianamente in vita tale sistema.
Chi è dunque a tenere in piedi dalle sue fondamenta lo sport? Chi interpreta,
comunica e fa vivere lo sport a giovani, adulti, anziani? Dove si trova e in quali
condizioni opera anche la base di quell’iceberg che vede emergere dagli abissi solo lo
sport-spettacolo?
Da questi quesiti siamo dunque partiti per aprire un varco di conoscenza in un
settore del mercato del lavoro, quello sportivo, che – pur restando nell’ombra delle
statistiche ufficiali – alimenta un fenomeno in ascesa e senza dubbio di notevole
rilevanza sociale. Abbiamo quindi cercato, attraverso questo lavoro di ricerca, di
offrirne un piccolo ma, a nostro parere, interessante spaccato.
La scelta di tale campo d’indagine è nata in primo luogo dalla volontà di studiare il
mondo lavoro dalla parte del soggetto, con l’obiettivo da un lato di comprendere il
mutato legame tra identità e lavoro, in un’epoca in cui questo sembra perdere centralità
a fronte del moltiplicarsi e del frammentarsi delle fonti identitarie; e dall’altro di
analizzare le modalità con cui i singoli vivono le macro trasformazioni del mondo del
lavoro, le elaborano a livello di significati e le traducono in scelte, progetti e
investimenti personali e professionali. Nello specifico l’obiettivo è stato di comprendere
il senso e i significati attribuiti al lavoro, nonché il suo rapporto con i processi identitari
e di riconoscimento sociale cui pare oggi essere ancora in parte legato.
Il tema non è certo nuovo alla sociologia, poiché l’analisi delle trasformazioni
sociali che si generano a partire dal lavoro è uno degli argomenti più cari a questa
disciplina, oltre che bussola della riflessione sociologica sin dai suoi esordi: i maggiori
processi di mutamento negli assetti societari sono stati infatti strettamente condizionati
dalle trasformazioni riguardanti il modo di lavorare e di organizzare il lavoro. Lungo più
di un secolo di storia sociale del lavoro e della sociologia studi e ricerche hanno così
messo in evidenza come esso abbia assunto man mano significati e collocazioni diverse
rispetto alla società.
Ed è per questo che abbiamo concentrato l’attenzione sul settore sportivo. Il motivo
è duplice. Il mercato del lavoro nello sport ci è sembrato particolarmente interessante,
poiché risulta essere caratterizzato – e, peraltro, in maniera assai accentuata – dalla
presenza di quei processi di individualizzazione e flessibilizzazione tipici dell’attuale
contesto post-fordista: le condizioni di professionalizzazione e di carriera sono variabili,
instabili e flessibili, le attività sono prevalentemente atipiche, diffusi sono i fenomeni di
pluriattività e di secondo lavoro, limitata è la convergenza delle agenzie deputate alla
formazione, necessario è il continuo aggiornamento delle competenze, nonché scarsa è
l’organizzazione e la regolamentazione del mercato del lavoro (per citare solo alcuni
aspetti).
Allo stesso tempo, però, è un settore dalle forti peculiarità. In primo luogo lo sport
si configura oggi come un’importante fonte identitaria (sia nel momento della sua
pratica diretta che della sua fruizione), in quanto esso continua a rappresentare,
nonostante l’indebolimento dei motori di produzione di senso, uno degli spazi sociali a
più alta intensità relazionale. In secondo luogo, la scelta di svolgere un’attività
professionale in tale ambito è generalmente il risultato spontaneo di una carriera da
agonista o da atleta e nella maggior parte dei casi mossa da una forte motivazione
intrinseca e passione.
Se da un lato quindi il mondo sportivo bene interpreta le attuali tendenze postfordiste
del mercato del lavoro, dall’altro è altresì vero che esso si differenzia da altri
settori professionali proprio per la natura del contenuto professionale. Tale connubio ha
reso, a nostro avviso, quanto mai interessante e stimolante lo studio di questo settore,
peraltro oggi prepotentemente in crescita ma sinora rimasto, a torto, lontano dall’alveo
delle ricerche sociologiche. Se si vuole infatti tendere alla creazione e alla diffusione di
una cultura sportiva orientata all’educazione e alla trasmissione di valori sociali,
imprescindibile è una riflessione sulle condizioni di formazione e di lavoro di quelle
persone a cui, di fatto, è affidato l’oneroso compito di socializzare allo sport schiere di
giovani (e meno giovani).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/337676
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simulazione ASN
Il report seguente simula gli indicatori relativi alla propria produzione scientifica in relazione alle soglie ASN 2023-2025 del proprio SC/SSD. Si ricorda che il superamento dei valori soglia (almeno 2 su 3) è requisito necessario ma non sufficiente al conseguimento dell'abilitazione. La simulazione si basa sui dati IRIS e sugli indicatori bibliometrici alla data indicata e non tiene conto di eventuali periodi di congedo obbligatorio, che in sede di domanda ASN danno diritto a incrementi percentuali dei valori. La simulazione può differire dall'esito di un’eventuale domanda ASN sia per errori di catalogazione e/o dati mancanti in IRIS, sia per la variabilità dei dati bibliometrici nel tempo. Si consideri che Anvur calcola i valori degli indicatori all'ultima data utile per la presentazione delle domande.
La presente simulazione è stata realizzata sulla base delle specifiche raccolte sul tavolo ER del Focus Group IRIS coordinato dall’Università di Modena e Reggio Emilia e delle regole riportate nel DM 589/2018 e allegata Tabella A. Cineca, l’Università di Modena e Reggio Emilia e il Focus Group IRIS non si assumono alcuna responsabilità in merito all’uso che il diretto interessato o terzi faranno della simulazione. Si specifica inoltre che la simulazione contiene calcoli effettuati con dati e algoritmi di pubblico dominio e deve quindi essere considerata come un mero ausilio al calcolo svolgibile manualmente o con strumenti equivalenti.
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