La ricerca analizza la connessione tra forma e contenuto delle reti di sostegno che gli immigrati attivano nel paese di arrivo, tramite le loro cerchie sociali di riferimento (parenti, familiari, associati, colleghi, amici, vicini di casa), e le diverse strategie che gli stessi immigrati attivano nei percorsi di integrazione. Le relazioni all’interno di queste reti sono solitamente caratterizzate da fiducia, reciprocità, scambio e dono, tutti elementi che permettono di pensare a queste risorse, secondo la riflessione di Coleman, come una dotazione di capitale sociale, di cui i soggetti individuali si avvalgono per realizzare determinati fini, che non si potrebbero raggiungere in sua assenza. Il capitale sociale secondo questa prospettiva sta nelle relazioni e si genera grazie alle relazioni, non è una proprietà dell’individuo ma della struttura in cui esso circola. Il capitale sociale è una risorsa accessibile all’attore sociale solo nella misura in cui contribuisce a produrla, attraverso relazioni di scambio e apertura. In questa accezione il capitale sociale diventa un bene relazionale, un bene al quale si ha accesso solo se si contribuisce a produrlo e alimentarlo. Il principale ambito di studio in cui si sono sviluppati i presupposti teorici di questo lavoro è quello delle reti migratorie e del capitale sociale, che hanno rappresentato il punto di partenza di una riflessione tesa a focalizzare alcuni interrogativi che sono stati sviluppati nell’indagine empirica, circa le diverse funzioni che particolari forme di reti migratorie sono in grado di promuovere nei confronti dei propri affiliati e verso la società locale. Come quadro-teorico di riferimento per l’analisi del capitale sociale ho utilizzato la proposta che Donati ricava dalla sociologia relazionale, riferendosi a tale concetto come «una qualità delle relazioni sociali», non quindi come un qualcosa che ‘appartiene’ agli individui o alla struttura o al loro mix. In questa prospettiva il capitale sociale è una nozione positiva, in quanto diventa elemento costitutivo di beni relazionali. Si può quindi partire dall’assunto che una certa realtà associativa può produrre beni relazionali, e quindi capitale sociale, ma bisognerà poi valutare caso per caso come le dotazioni di capitale sociale vengano utilizzate, riprodotte o disperse. Per il ruolo dei reticoli sociali ho seguito i riferimenti dell’interazionismo strutturale, nei termini proposti da Degenne e Forsè, che stempera il riduzionismo strutturale restituendo margini di intenzionalità/libertà all’attore sociale. Nella fase successiva gli obiettivi conoscitivi sui quali ho ritenuto opportuno indagare sono: a) sondare se, in tema di sociologia delle migrazioni, l’assunzione di una diversa prospettiva di analisi (in questo caso ‘guardare’ al fenomeno dalla prospettiva del capitale sociale) offrisse una migliore conoscenza dei processi di integrazione sociale; b) verificare la possibilità di andare oltre un uso esclusivamente descrittivo e metaforico delle reti come strumenti-strategie di inclusione/integrazione; c) evidenziare le connessioni esistenti tra struttura (forma e contenuto) dei reticoli di prossimità e capitale sociale. Ho ipotizzato che l’inserimento in reticoli sociali non abbia solo una funzione di rafforzamento e stabilizzazione dell’identità sociale dell’immigrato (funzione bonding), ma che esso diventi anche canale di accesso a risorse che l’immigrato può attivare per “promuoversi” socialmente rispetto alla società di accoglienza (funzione bridging). Per la verifica delle ipotesi, ho condotto un’indagine esplorativa tesa a verificare quali tipi di reti di sostegno – differenziate sia sul versante dei contenuti che delle forme - siano maggiormente adatte a svolgere la duplice funzione bonding/bridging. Per il metodo della raccolta e del trattamento dei dati mi sono avvalso di tecniche specifiche della network analysis, fermando la mia attenzione su un campione di associazioni e di associati attivi nel territorio di Verona. La parte empirica è stata strutturata attraverso una rilevazione quanto-qualitativa delle reti di social support ego-centrate (intese come risorse interpersonali di tipo informale che si presentano in forma di sostegno e aiuto all’interno della rete di relazioni in cui un individuo è coinvolto) che gli immigrati attivano nel paese di arrivo. Al fine di rispondere a tali quesiti si è progettata un’indagine empirica, con lo scopo di indagare sulla natura e le caratteristiche dei reticoli di sostegno che gli affiliati alle reti migratorie sono in grado di attivare e sulle modalità di interazione delle reti stesse sul territorio in cui sono inserite. La ricerca è stata svolta nella città di Verona, che dal punto di vista dei flussi migratori ha visto negli ultimi quindici anni consolidarsi il medesimo trend nazionale, caratterizzato da aumenti costanti nelle presenze, eterogeneità nella provenienza nazionale, riallineamento di genere e quote consistenti di minori. La presenza significativa di immigrati ormai in gran parte stabilizzati ha favorito anche in questo territorio la costituzione di varie forme di reti associative, attivate prevalentemente in ambienti e centri di aggregazione su base etnica. La fase di raccolta dati si è articolata su due livelli, attraverso interviste semi-strutturate somministrate ai leader dei centri di aggregazione presi in esame per ricostruirne le origini, la tipologia e la natura dei percorsi di socializzazione interna (rivolti agli affiliati) ed esterna (rivolti alla società locale nel suo complesso); in secondo luogo attraverso interviste strutturate rivolte ai leader e attivisti dei centri presi in esame per ricostruire forma e contenuto del reticolo di aiuto e sostegno. I quesiti centrali di questa ricerca sono: 1) se effettivamente anche in contesti di immigrazione come quello italiano, caratterizzato da bassi livelli di embeddedness strutturale (scarso peso delle politiche governative, a livello nazionale e locale, promosse per favorire l’inserimento dei migranti e manifestazioni di chiusura o diffidenza da parte della società civile) l’aggregazione su base religiosa degli immigrati svolga un ruolo positivo nel facilitare la mobilità socio-economica, nel favorire l’apertura dell’immigrato alla più ampia comunità di arrivo o se in certi contesti invece la dimensione e la pratica religiosa portano più a situazioni di chiusura/enclaves che di apertura (realtà analizzate in questa ricerca: Consiglio islamico e ‘moschea’, “Assemblea di Dio” Chiesa evangelica brasiliana, Gruppo cinese dei Testimoni di Geova) 2) se nel medesimo contesto ambientale anche i centri di aggregazione su base non religiosa degli immigrati (etno-nazionale e di gender) svolgano analoghe funzioni nel promuovere l’embeddedness relazionale, cioè le risorse che il centro di aggregazione è in grado di mobilitare a favore dei propri membri (realtà analizzate in questa ricerca: Associazione degli Srilankesi, Associazione Donne Nigeriane, Associazione nazionale senegalese) Attraverso il riferimento teorico ed empirico dell’analisi strutturale, gli esiti di questo lavoro mettono in evidenza come le dimensioni di rete sociale e capitale sociale, tra loro profondamente correlate, siano strategiche ai fini della promozione di forme adeguate di inclusione sociale. Risorse che per gli immigrati appaiono particolarmente centrali in una realtà come l’Italia, in cui alla relativa novità di una significativa presenza di stranieri si unisce la mancanza di politiche esplicite e coordinate di inserimento sociale. Nello specifico emerge come l’appartenenza alle reti associative religiose prese in esame favorisca reticoli ego-centrati di sostegno caratterizzati da livelli significativi di capitale sociale bonding (legami di tipo interno e auto-diretti che tendono a rafforzare identità mutuamente esclusive e a preservarne l’omogeneità), mentre per coloro che partecipano a reti associative non religiose si manifesta un maggiore equilibrio tra la funzione bonding e bridging (legami di tipo etero-diretti, che consentono di generare relazioni di reciprocità più ampie e diffuse di quelle esistenti tra soggetti di diverso status socio-economico e origine culturale).

The dissertation analyses how immigrants’ social support networks, generated in the country of destination, can influence the relationships between the immigrants themselves, their social network (relatives, friends, colleague and neighbours) and the local society. It does so by means of a case study based in the city of Verona, in the north of Italy. The aim is to find out which is the role played by the mechanism of brokerage (Burt) and closure (Coleman), the two primary elements by which social networks constitute social capital. Brokerage involves building connections across groups to increase exposure to diverse opinion and practice. Closure involves strengthening connections with a group to focus the group on a limited set of opinion and practice. My main research questions are as follow: do immigrants who are active members of religious ethnic networks (Muslim local council, Brazilian Evangelical Church, Chinese Witnesses of Jehovah) and immigrants who are active members of non-religious ethnic networks (Sri Lankan national association, Nigerian Women Association, Senegalese national association) tend to balance the mechanism of closure and brokerage? Can the religious/non-religious membership play a significant role in the form of the immigrants’ social support networks? How do these social networks influence levels of brokerage and closure? Through the use of a theoretical and empirical approach based on the network analysis (with reference on the essays of Forsé and Degenne), my research work shows that immigrants who are active members of religious ethnic networks tend to generate ego-centred social support networks characterized by higher level of closure, while the active members of non-religious ethnic networks tend to balance the mechanism of closure and brokerage.

Le funzioni del capitale sociale nelle reti associative degli immigrati. Dinamiche relazionali e percorsi di integrazione

BERTANI, Michele
2009-01-01

Abstract

The dissertation analyses how immigrants’ social support networks, generated in the country of destination, can influence the relationships between the immigrants themselves, their social network (relatives, friends, colleague and neighbours) and the local society. It does so by means of a case study based in the city of Verona, in the north of Italy. The aim is to find out which is the role played by the mechanism of brokerage (Burt) and closure (Coleman), the two primary elements by which social networks constitute social capital. Brokerage involves building connections across groups to increase exposure to diverse opinion and practice. Closure involves strengthening connections with a group to focus the group on a limited set of opinion and practice. My main research questions are as follow: do immigrants who are active members of religious ethnic networks (Muslim local council, Brazilian Evangelical Church, Chinese Witnesses of Jehovah) and immigrants who are active members of non-religious ethnic networks (Sri Lankan national association, Nigerian Women Association, Senegalese national association) tend to balance the mechanism of closure and brokerage? Can the religious/non-religious membership play a significant role in the form of the immigrants’ social support networks? How do these social networks influence levels of brokerage and closure? Through the use of a theoretical and empirical approach based on the network analysis (with reference on the essays of Forsé and Degenne), my research work shows that immigrants who are active members of religious ethnic networks tend to generate ego-centred social support networks characterized by higher level of closure, while the active members of non-religious ethnic networks tend to balance the mechanism of closure and brokerage.
2009
capitale sociale nelle reti associative degli immigrati
La ricerca analizza la connessione tra forma e contenuto delle reti di sostegno che gli immigrati attivano nel paese di arrivo, tramite le loro cerchie sociali di riferimento (parenti, familiari, associati, colleghi, amici, vicini di casa), e le diverse strategie che gli stessi immigrati attivano nei percorsi di integrazione. Le relazioni all’interno di queste reti sono solitamente caratterizzate da fiducia, reciprocità, scambio e dono, tutti elementi che permettono di pensare a queste risorse, secondo la riflessione di Coleman, come una dotazione di capitale sociale, di cui i soggetti individuali si avvalgono per realizzare determinati fini, che non si potrebbero raggiungere in sua assenza. Il capitale sociale secondo questa prospettiva sta nelle relazioni e si genera grazie alle relazioni, non è una proprietà dell’individuo ma della struttura in cui esso circola. Il capitale sociale è una risorsa accessibile all’attore sociale solo nella misura in cui contribuisce a produrla, attraverso relazioni di scambio e apertura. In questa accezione il capitale sociale diventa un bene relazionale, un bene al quale si ha accesso solo se si contribuisce a produrlo e alimentarlo. Il principale ambito di studio in cui si sono sviluppati i presupposti teorici di questo lavoro è quello delle reti migratorie e del capitale sociale, che hanno rappresentato il punto di partenza di una riflessione tesa a focalizzare alcuni interrogativi che sono stati sviluppati nell’indagine empirica, circa le diverse funzioni che particolari forme di reti migratorie sono in grado di promuovere nei confronti dei propri affiliati e verso la società locale. Come quadro-teorico di riferimento per l’analisi del capitale sociale ho utilizzato la proposta che Donati ricava dalla sociologia relazionale, riferendosi a tale concetto come «una qualità delle relazioni sociali», non quindi come un qualcosa che ‘appartiene’ agli individui o alla struttura o al loro mix. In questa prospettiva il capitale sociale è una nozione positiva, in quanto diventa elemento costitutivo di beni relazionali. Si può quindi partire dall’assunto che una certa realtà associativa può produrre beni relazionali, e quindi capitale sociale, ma bisognerà poi valutare caso per caso come le dotazioni di capitale sociale vengano utilizzate, riprodotte o disperse. Per il ruolo dei reticoli sociali ho seguito i riferimenti dell’interazionismo strutturale, nei termini proposti da Degenne e Forsè, che stempera il riduzionismo strutturale restituendo margini di intenzionalità/libertà all’attore sociale. Nella fase successiva gli obiettivi conoscitivi sui quali ho ritenuto opportuno indagare sono: a) sondare se, in tema di sociologia delle migrazioni, l’assunzione di una diversa prospettiva di analisi (in questo caso ‘guardare’ al fenomeno dalla prospettiva del capitale sociale) offrisse una migliore conoscenza dei processi di integrazione sociale; b) verificare la possibilità di andare oltre un uso esclusivamente descrittivo e metaforico delle reti come strumenti-strategie di inclusione/integrazione; c) evidenziare le connessioni esistenti tra struttura (forma e contenuto) dei reticoli di prossimità e capitale sociale. Ho ipotizzato che l’inserimento in reticoli sociali non abbia solo una funzione di rafforzamento e stabilizzazione dell’identità sociale dell’immigrato (funzione bonding), ma che esso diventi anche canale di accesso a risorse che l’immigrato può attivare per “promuoversi” socialmente rispetto alla società di accoglienza (funzione bridging). Per la verifica delle ipotesi, ho condotto un’indagine esplorativa tesa a verificare quali tipi di reti di sostegno – differenziate sia sul versante dei contenuti che delle forme - siano maggiormente adatte a svolgere la duplice funzione bonding/bridging. Per il metodo della raccolta e del trattamento dei dati mi sono avvalso di tecniche specifiche della network analysis, fermando la mia attenzione su un campione di associazioni e di associati attivi nel territorio di Verona. La parte empirica è stata strutturata attraverso una rilevazione quanto-qualitativa delle reti di social support ego-centrate (intese come risorse interpersonali di tipo informale che si presentano in forma di sostegno e aiuto all’interno della rete di relazioni in cui un individuo è coinvolto) che gli immigrati attivano nel paese di arrivo. Al fine di rispondere a tali quesiti si è progettata un’indagine empirica, con lo scopo di indagare sulla natura e le caratteristiche dei reticoli di sostegno che gli affiliati alle reti migratorie sono in grado di attivare e sulle modalità di interazione delle reti stesse sul territorio in cui sono inserite. La ricerca è stata svolta nella città di Verona, che dal punto di vista dei flussi migratori ha visto negli ultimi quindici anni consolidarsi il medesimo trend nazionale, caratterizzato da aumenti costanti nelle presenze, eterogeneità nella provenienza nazionale, riallineamento di genere e quote consistenti di minori. La presenza significativa di immigrati ormai in gran parte stabilizzati ha favorito anche in questo territorio la costituzione di varie forme di reti associative, attivate prevalentemente in ambienti e centri di aggregazione su base etnica. La fase di raccolta dati si è articolata su due livelli, attraverso interviste semi-strutturate somministrate ai leader dei centri di aggregazione presi in esame per ricostruirne le origini, la tipologia e la natura dei percorsi di socializzazione interna (rivolti agli affiliati) ed esterna (rivolti alla società locale nel suo complesso); in secondo luogo attraverso interviste strutturate rivolte ai leader e attivisti dei centri presi in esame per ricostruire forma e contenuto del reticolo di aiuto e sostegno. I quesiti centrali di questa ricerca sono: 1) se effettivamente anche in contesti di immigrazione come quello italiano, caratterizzato da bassi livelli di embeddedness strutturale (scarso peso delle politiche governative, a livello nazionale e locale, promosse per favorire l’inserimento dei migranti e manifestazioni di chiusura o diffidenza da parte della società civile) l’aggregazione su base religiosa degli immigrati svolga un ruolo positivo nel facilitare la mobilità socio-economica, nel favorire l’apertura dell’immigrato alla più ampia comunità di arrivo o se in certi contesti invece la dimensione e la pratica religiosa portano più a situazioni di chiusura/enclaves che di apertura (realtà analizzate in questa ricerca: Consiglio islamico e ‘moschea’, “Assemblea di Dio” Chiesa evangelica brasiliana, Gruppo cinese dei Testimoni di Geova) 2) se nel medesimo contesto ambientale anche i centri di aggregazione su base non religiosa degli immigrati (etno-nazionale e di gender) svolgano analoghe funzioni nel promuovere l’embeddedness relazionale, cioè le risorse che il centro di aggregazione è in grado di mobilitare a favore dei propri membri (realtà analizzate in questa ricerca: Associazione degli Srilankesi, Associazione Donne Nigeriane, Associazione nazionale senegalese) Attraverso il riferimento teorico ed empirico dell’analisi strutturale, gli esiti di questo lavoro mettono in evidenza come le dimensioni di rete sociale e capitale sociale, tra loro profondamente correlate, siano strategiche ai fini della promozione di forme adeguate di inclusione sociale. Risorse che per gli immigrati appaiono particolarmente centrali in una realtà come l’Italia, in cui alla relativa novità di una significativa presenza di stranieri si unisce la mancanza di politiche esplicite e coordinate di inserimento sociale. Nello specifico emerge come l’appartenenza alle reti associative religiose prese in esame favorisca reticoli ego-centrati di sostegno caratterizzati da livelli significativi di capitale sociale bonding (legami di tipo interno e auto-diretti che tendono a rafforzare identità mutuamente esclusive e a preservarne l’omogeneità), mentre per coloro che partecipano a reti associative non religiose si manifesta un maggiore equilibrio tra la funzione bonding e bridging (legami di tipo etero-diretti, che consentono di generare relazioni di reciprocità più ampie e diffuse di quelle esistenti tra soggetti di diverso status socio-economico e origine culturale).
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Bertani_tesi completa.pdf

non disponibili

Tipologia: Tesi di dottorato
Licenza: Accesso ristretto
Dimensione 1.51 MB
Formato Adobe PDF
1.51 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/337446
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact