Lo scopo di questo lavoro è quello di rilevare nella filosofia newtoniana l’importanza delle cause finali per lo studio dei fenomeni naturali. A differenza di Leibniz, che si era dedicato in modo esplicito e continuo all’affermazione della finalità nella natura in generale e nella vita organica in particolare, Newton è per lo più conosciuto come un pensatore ed uno scienziato meccanicista, che evita il ricorso alle cause finali, e sicuramente i suoi lavori, soprattutto i Principia mathematica, sono stati scritti tenendo presente questo metodo. Tuttavia da alcune riflessioni che emergono dagli stessi Principia, dalle lettere a Oldenburg e dall’Optics è possibile a mio avviso rilevare che il suo metodo meccanicista non è in contrasto con le cause finali che sono tra l’altro ammesse da Newton come “attributi di Dio”, e grazie alla loro riconoscibilità da parte nostra, sarebbe possibile ammirare e conoscere lo stesso Dio Creatore. Il sistema planetario è stato creato in modo “meraviglioso” e “uniforme”, e per questo, secondo Newton, deve essere considerato «il risultato di una scelta». La conoscenza della causa prima nella filosofia naturale permette pertanto, secondo il filosofo inglese, di ampliare anche i confini della morale. Per affrontare questa analisi sono partita dallo studio della teoria newtoniana della luce e dei colori, perché già in quello che Newton scrive nella Letter to Mr. Oldenburg, 6th february 1671-72, si trova, a mio avviso, una visione della natura che ne esclude un’origine casuale. Questa tesi sarà poi esplicitata e ampliata nei Principia mathematica – che furono tra l’altro già in fieri in quegli anni – in particolare nello Scolio finale posto al termine del Libro Terzo, e nella Query 31 dell’Optics, che saranno trattati nei paragrafi successivi.

La filosofia newtoniana e le cause finali

PROCURANTI, Lucia
2009-01-01

Abstract

Lo scopo di questo lavoro è quello di rilevare nella filosofia newtoniana l’importanza delle cause finali per lo studio dei fenomeni naturali. A differenza di Leibniz, che si era dedicato in modo esplicito e continuo all’affermazione della finalità nella natura in generale e nella vita organica in particolare, Newton è per lo più conosciuto come un pensatore ed uno scienziato meccanicista, che evita il ricorso alle cause finali, e sicuramente i suoi lavori, soprattutto i Principia mathematica, sono stati scritti tenendo presente questo metodo. Tuttavia da alcune riflessioni che emergono dagli stessi Principia, dalle lettere a Oldenburg e dall’Optics è possibile a mio avviso rilevare che il suo metodo meccanicista non è in contrasto con le cause finali che sono tra l’altro ammesse da Newton come “attributi di Dio”, e grazie alla loro riconoscibilità da parte nostra, sarebbe possibile ammirare e conoscere lo stesso Dio Creatore. Il sistema planetario è stato creato in modo “meraviglioso” e “uniforme”, e per questo, secondo Newton, deve essere considerato «il risultato di una scelta». La conoscenza della causa prima nella filosofia naturale permette pertanto, secondo il filosofo inglese, di ampliare anche i confini della morale. Per affrontare questa analisi sono partita dallo studio della teoria newtoniana della luce e dei colori, perché già in quello che Newton scrive nella Letter to Mr. Oldenburg, 6th february 1671-72, si trova, a mio avviso, una visione della natura che ne esclude un’origine casuale. Questa tesi sarà poi esplicitata e ampliata nei Principia mathematica – che furono tra l’altro già in fieri in quegli anni – in particolare nello Scolio finale posto al termine del Libro Terzo, e nella Query 31 dell’Optics, che saranno trattati nei paragrafi successivi.
2009
9788870885712
Newton; finalità; attrazione; repulsione
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