LA LOTTA ALLA CRIMINALITÀ INFORMATICA A LIVELLO TRANSNAZIONALEDue sono gli ordini di fattori che convergono nel collocare la lotta alla criminalità informatica in una prospettiva strutturalmente transnazionale:A. Sul piano empirico-criminologico la dimensione sovrannazionale che hanno assunto i reati informatici; B. Sul piano giuridico-penale il rafforzamento degli strumenti di cooperazione internazionale e delle fonti di armonizzazione del diritto penale, sia sostanziale che processuale.A. Con la diffusione di Internet ed il crescente dislocamento nel c.d. Cyberspace di moltissimi rapporti economici, sociali, interpersonali, giuridici di ogni genere, fino a quelli illeciti, i crimini informatici hanno assunto un ruolo preponderante, quale autonoma tipologia di reati definibili “cibernetici” in senso stretto (ad es. phishing, spamming, hacking, cracking, abuso di dispositivi di accesso e protezione, ecc.), che si affiancano ed assorbono quelli “informatici” classici (frodi, falsi, danneggiamenti, spionaggi informatici, ecc.), specie se si considera che nel Cyberspace si aprono altresì nuove possibilità e modalità di commissione o supporto – sia pur solo parziale – di reati tradizionali: dalle violazioni dei diritti d’autore e dei diritti connessi, alla diffusione al pubblico o comunicazione a terzi di contenuti illeciti (quali materiale pedopornografico, incitamento al razzismo ed alla xenofobia, diffamazioni ed ingiurie on line, ecc.), fino ai traffici illeciti di ogni tipo (armi, droga, esseri umani - in specie donne e minori - organi, ecc.), estendendosi al terrorismo ed alla criminalità organizzata. Per tutti questi reati si pongono specifici problemi, attinenti alla raccolta e validità delle prove, ai mezzi investigativi disponibili ed utilizzabili, alla necessaria cooperazione tra autorità di Stati diversi.B. Parallelamente, a vari livelli istituzionali e seppur con differente intensità, la lotta alla criminalità informatica è da tempo considerata un ambito strategico di intervento, oggetto di strumenti di cooperazione internazionale e di istanze di armonizzazione del diritto penale, sia sostanziale che processuale.L’articolato ventaglio di fonti giuridiche sovrannazionali in materia, talora in parte sovrapposte fra loro, può schematizzarsi secondo tre differenti livelli, tenendo però presente che a livello nazionale, ancora decisivo per la loro efficacia negli ordinamenti interni, manca spesso un’efficace attuazione.1. A livello globale, si deve considerare il ruolo propulsivo delle Nazioni unite, che non hanno tuttavia ancora perfezionato un approccio sistematico capace di sfociare in una proposta di Convenzione internazionale. Altri organismi - quali G 8, WIPO, WTO, ecc. - hanno prodotto studi, raccomandazioni e singoli strumenti negli specifici settori di competenza, toccando anche la materia penale, data comunque l’esigenza di contrastare la criminalità “ad alta tecnologia” in una prospettiva “mondiale”. 2. In ambito continentale, accanto a quella dell’OECD, va menzionata soprattutto la fondamentale attività del Consiglio d’Europa, che dopo le analisi e gli studi intrapresi già negli anni ’80 e via via sfociati in importanti Raccomandazioni (fra cui quella generale R (9) del settembre 1989), ha prodotto la fondamentale Convenzione Cybercrime del novembre 2001, ormai entrata in vigore e sottoscritta da importanti Paesi anche extraeuropei (Stati Uniti, Canada, Sud Africa, ecc.), con il relativo Protocollo addizionale per la lotta contro il razzismo e la xenofobia del 2003.3. Infine a livello di Unione europea bisogna ancora muovere dalla distinzione fra:(a) strumenti del I Pilastro, che trovano fondamento nell’esigenza di promuovere il mercato unico comunitario, quali in specie le direttive sulla protezione e circolazione dei dati personali, il commercio elettronico, la protezione del diritto d’autore, ecc., che hanno finora toccato solo mediatamente, ma non senza incisività, anche la materia penale: rispetto a questa, la giurisprudenza recente della Corte di Giustizia, con la sentenza sulla protezione penale dell’ambiente del 2005, sembra aver allargato l’ambito delle attribuzioni legislative;(b) strumenti del III Pilastro, finalizzati alla cooperazione giudiziaria e di polizia in ambito penale, la cui base giuridica è costituita dagli artt. 29 s. TUE, rappresentati da numerose decisioni quadro, come quelle contro gli attacchi informatici, lo sfruttamento sessuale di minori e la pedopornografia, il terrorismo, oltre che di natura processuale, come quelle sul mandato d’arresto europeo, il sequestro e la confisca di beni, l’acquisizione di prove documentali, ecc., che includono esplicitamente la criminalità informatica nelle liste di reati per cui si prescinde dalla doppia incriminazione.Ma l’intero assetto delle attribuzioni dell’Unione europea in materia penale è ormai prossimo ad essere radicalmente rivisto dal Trattato di riforma dei Trattati europei, approvato a Lisbona nel novembre 2007, alla cui stregua – superata la menzionata divisione in Pilastri – la “criminalità informatica” risulta esplicitamente inclusa fra le materie di competenza legislativa europea.

La lotta alla criminalità informatica a livello transnazionale

PICOTTI, Lorenzo
2008-01-01

Abstract

LA LOTTA ALLA CRIMINALITÀ INFORMATICA A LIVELLO TRANSNAZIONALEDue sono gli ordini di fattori che convergono nel collocare la lotta alla criminalità informatica in una prospettiva strutturalmente transnazionale:A. Sul piano empirico-criminologico la dimensione sovrannazionale che hanno assunto i reati informatici; B. Sul piano giuridico-penale il rafforzamento degli strumenti di cooperazione internazionale e delle fonti di armonizzazione del diritto penale, sia sostanziale che processuale.A. Con la diffusione di Internet ed il crescente dislocamento nel c.d. Cyberspace di moltissimi rapporti economici, sociali, interpersonali, giuridici di ogni genere, fino a quelli illeciti, i crimini informatici hanno assunto un ruolo preponderante, quale autonoma tipologia di reati definibili “cibernetici” in senso stretto (ad es. phishing, spamming, hacking, cracking, abuso di dispositivi di accesso e protezione, ecc.), che si affiancano ed assorbono quelli “informatici” classici (frodi, falsi, danneggiamenti, spionaggi informatici, ecc.), specie se si considera che nel Cyberspace si aprono altresì nuove possibilità e modalità di commissione o supporto – sia pur solo parziale – di reati tradizionali: dalle violazioni dei diritti d’autore e dei diritti connessi, alla diffusione al pubblico o comunicazione a terzi di contenuti illeciti (quali materiale pedopornografico, incitamento al razzismo ed alla xenofobia, diffamazioni ed ingiurie on line, ecc.), fino ai traffici illeciti di ogni tipo (armi, droga, esseri umani - in specie donne e minori - organi, ecc.), estendendosi al terrorismo ed alla criminalità organizzata. Per tutti questi reati si pongono specifici problemi, attinenti alla raccolta e validità delle prove, ai mezzi investigativi disponibili ed utilizzabili, alla necessaria cooperazione tra autorità di Stati diversi.B. Parallelamente, a vari livelli istituzionali e seppur con differente intensità, la lotta alla criminalità informatica è da tempo considerata un ambito strategico di intervento, oggetto di strumenti di cooperazione internazionale e di istanze di armonizzazione del diritto penale, sia sostanziale che processuale.L’articolato ventaglio di fonti giuridiche sovrannazionali in materia, talora in parte sovrapposte fra loro, può schematizzarsi secondo tre differenti livelli, tenendo però presente che a livello nazionale, ancora decisivo per la loro efficacia negli ordinamenti interni, manca spesso un’efficace attuazione.1. A livello globale, si deve considerare il ruolo propulsivo delle Nazioni unite, che non hanno tuttavia ancora perfezionato un approccio sistematico capace di sfociare in una proposta di Convenzione internazionale. Altri organismi - quali G 8, WIPO, WTO, ecc. - hanno prodotto studi, raccomandazioni e singoli strumenti negli specifici settori di competenza, toccando anche la materia penale, data comunque l’esigenza di contrastare la criminalità “ad alta tecnologia” in una prospettiva “mondiale”. 2. In ambito continentale, accanto a quella dell’OECD, va menzionata soprattutto la fondamentale attività del Consiglio d’Europa, che dopo le analisi e gli studi intrapresi già negli anni ’80 e via via sfociati in importanti Raccomandazioni (fra cui quella generale R (9) del settembre 1989), ha prodotto la fondamentale Convenzione Cybercrime del novembre 2001, ormai entrata in vigore e sottoscritta da importanti Paesi anche extraeuropei (Stati Uniti, Canada, Sud Africa, ecc.), con il relativo Protocollo addizionale per la lotta contro il razzismo e la xenofobia del 2003.3. Infine a livello di Unione europea bisogna ancora muovere dalla distinzione fra:(a) strumenti del I Pilastro, che trovano fondamento nell’esigenza di promuovere il mercato unico comunitario, quali in specie le direttive sulla protezione e circolazione dei dati personali, il commercio elettronico, la protezione del diritto d’autore, ecc., che hanno finora toccato solo mediatamente, ma non senza incisività, anche la materia penale: rispetto a questa, la giurisprudenza recente della Corte di Giustizia, con la sentenza sulla protezione penale dell’ambiente del 2005, sembra aver allargato l’ambito delle attribuzioni legislative;(b) strumenti del III Pilastro, finalizzati alla cooperazione giudiziaria e di polizia in ambito penale, la cui base giuridica è costituita dagli artt. 29 s. TUE, rappresentati da numerose decisioni quadro, come quelle contro gli attacchi informatici, lo sfruttamento sessuale di minori e la pedopornografia, il terrorismo, oltre che di natura processuale, come quelle sul mandato d’arresto europeo, il sequestro e la confisca di beni, l’acquisizione di prove documentali, ecc., che includono esplicitamente la criminalità informatica nelle liste di reati per cui si prescinde dalla doppia incriminazione.Ma l’intero assetto delle attribuzioni dell’Unione europea in materia penale è ormai prossimo ad essere radicalmente rivisto dal Trattato di riforma dei Trattati europei, approvato a Lisbona nel novembre 2007, alla cui stregua – superata la menzionata divisione in Pilastri – la “criminalità informatica” risulta esplicitamente inclusa fra le materie di competenza legislativa europea.
2008
978-2802725909
criminalità informatica; Unione europea; Competenze penali dell'Unione europea
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/327516
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