Il lavoro parte da un complicato passaggio del X libro della 'Repubblica' platonica (602c6-d4), dove il turbamento passionale a cui l'anima è soggetta, direttamente o anche nel ruolo di spettatrice delle vicende altrui narrate sulla scena teatrale, è paragonato al "disorientamento cromatico" coinvolgente la vista fisica dinnanzi ad illusioni di tipo prospettico. In particolare l'illusione visiva che Platone ha in mente è quella indotta dalla 'pittura d'ombra' (skiagraphìa), quando, attraverso la tecnica delle 'ombre portate', siano mutate le proporzioni di quanto si debba dipingere o scolpire per esser visto da lontano e dal basso (skiagraphèmata). Il I Capitolo ("Trompe l'oeil: Platone e la pittura prospettica") approfondisce tale tratto anche in sede storico-culturale. Il II ("Prospettive illusorie e veritiere sulla gioa e sul dolore") ricostruisce la riflessione platonica, di taglio non solo né banalmente ascetistico, su piaceri e dolori, dal 'Fedone', alla 'Repubblica' al 'Filebo'. Il III ("Misurare per non ingannarsi") segnala l'importanza che nei Dialoghi ('Gorgia' e 'Protagora' in particolare) ha la metretica, come arte della misurazione assennata del piacere autenticamente più grande e stabile, di quello non destinato a mutarsi in dolore o ad innescare una spirale infinita e insoddisfacibile di ricerca della piacevolezza stessa. Il Capitolo IV ("Verso la 'prospettiva' corretta: riflessioni a partire dal mito di Er") tenta un nuova lettura del mito finale della 'Repubblica': solo l'anima che non s'inganni prospetticamente sul piacere per essa possibile e vivibile è destinata a raggiungere non solo la vera eccellenza (aretè), ma anche la felicità più piena.
"Prospettive" del gioire e del soffrire nell'etica di Platone
NAPOLITANO, Linda
2001-01-01
Abstract
Il lavoro parte da un complicato passaggio del X libro della 'Repubblica' platonica (602c6-d4), dove il turbamento passionale a cui l'anima è soggetta, direttamente o anche nel ruolo di spettatrice delle vicende altrui narrate sulla scena teatrale, è paragonato al "disorientamento cromatico" coinvolgente la vista fisica dinnanzi ad illusioni di tipo prospettico. In particolare l'illusione visiva che Platone ha in mente è quella indotta dalla 'pittura d'ombra' (skiagraphìa), quando, attraverso la tecnica delle 'ombre portate', siano mutate le proporzioni di quanto si debba dipingere o scolpire per esser visto da lontano e dal basso (skiagraphèmata). Il I Capitolo ("Trompe l'oeil: Platone e la pittura prospettica") approfondisce tale tratto anche in sede storico-culturale. Il II ("Prospettive illusorie e veritiere sulla gioa e sul dolore") ricostruisce la riflessione platonica, di taglio non solo né banalmente ascetistico, su piaceri e dolori, dal 'Fedone', alla 'Repubblica' al 'Filebo'. Il III ("Misurare per non ingannarsi") segnala l'importanza che nei Dialoghi ('Gorgia' e 'Protagora' in particolare) ha la metretica, come arte della misurazione assennata del piacere autenticamente più grande e stabile, di quello non destinato a mutarsi in dolore o ad innescare una spirale infinita e insoddisfacibile di ricerca della piacevolezza stessa. Il Capitolo IV ("Verso la 'prospettiva' corretta: riflessioni a partire dal mito di Er") tenta un nuova lettura del mito finale della 'Repubblica': solo l'anima che non s'inganni prospetticamente sul piacere per essa possibile e vivibile è destinata a raggiungere non solo la vera eccellenza (aretè), ma anche la felicità più piena.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.