Si consideri la seguente poesia di Fosco Maraini, intitolata 'Il Lonfo': Il lonfo non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta, ma quando soffia il bego a bisce a bisce sdilenca un poco, e gnagio s’archipatta. È frusco il lonfo! È pieno di lupigna arrafferia malversa e sofolenta! Se cionfi ti sbiduglia e t’arrupigna se lugri ti botalla e ti criventa. Eppure il vecchio lonfo ammargelluto che bete e zugghia e fonca nei trombazzi fa lègica busìa, fa gisbuto; e quasi quasi in segno di sberdazzi gli affarferesti un gniffo. Ma lui zuto t’alloppa, ti sbernecchia; e tu l’accazzi. È naturale sostenere che il protagonista de 'Il lonfo' è il lonfo. Ma che cos’è il lonfo? È difficile dare una risposta. Ad ogni modo, si può sostenere, tra le altre cose, che (1) Se cionfi, allora il lonfo t’arrupigna. Ora, secondo molte teorie semantiche – anche ammettendo che (1) sia un enunciato ed i termini che vi occorrono appartengano alla categoria sintattica cui paiono appartenere – (1) non esprime nessuna proposizione, in quanto una o più delle sue componenti subenunciative sono prive di valore semantico. In particolare, sembra essere questo il caso del termine singolare "il lonfo" (in effetti, non siamo nemmeno nelle condizioni di dire se sia un’espressione che denota un individuo o un genere d’individui, o un individuo qualsiasi o tipico di un certo genere), dei predicati "cionfi" e "t’arrupigna" e della stragrande maggioranza delle espressioni (pseudo)categorematiche che occorrono ne 'Il lonfo'. Esse sono inventate da Fosco Maraini. Anche se vi possono essere assonanze con espressioni italiane e dialettali, e talvolta il suono di un termine può rendere plausibile una qualche interpretazione, avrebbe poco o nessun senso sostenere che c’è una ed una sola interpretazione corretta per i termini introdotti da Maraini (ad esempio che "cionfare" in realtà significa riposare). Se con "proposizione" s’intende il significato di un enunciato, allora si può dire che tanto (1), tanto 'Il lonfo', non hanno significato. Questa tesi non solo si accorda con le nostre intuizioni di parlanti, ma è anche la migliore rappresentazione possibile della situazione comunicativa in cui il lettore de Il lonfo si trova. Sostenere il contrario, ossia che c’è un significato che 'Il lonfo' ed in particolare i termini inventati che vi occorrono hanno, sarebbe equivalente a fraintendere completamente lo spirito dell’opera. Consideriamo ora il seguente enunciato: (2) Secondo 'Il lonfo', se cionfi, il lonfo t’arrupigna. A differenza di (1), (2) è non un’asserzione intorno al lonfo, ma un resoconto fedele di ciò che 'Il lonfo' dice. In quanto tale, si è tentati di sostenere, (2) è vera o almeno corretta. Ma, se (1) è priva di significato, anche (2) lo è; e, se (2) non ha significato, non può nemmeno essere vera. E allora, come mai sembra vera (o almeno appropriata)? Ed in che modo quest’intuizione può essere esplicitata? Si osservi che (2) non è parafrasabile né come (3) Ne 'Il lonfo', occorre l’enunciato (o la stringa di espressioni) “Se cionfi, allora il lonfo t’arrupigna”; né come (4) L’enunciato “Se cionfi, allora il lonfo t’arrupigna” è inferibile dagli enunciati presenti in 'Il lonfo'. Infatti, (3) e (4), per quanto siano analisi piuttosto naturali, sono entrambi falsi; il primo per ovvi motivi, ossia perché l’enunciato citato non occorre ne 'Il lonfo', il secondo perché, dato che gli enunciati che occorrono ne 'Il lonfo' non hanno significato, da essi nulla è inferibile. Ci troviamo dunque in una condizione piuttosto spiacevole: per poter asserire un enunciato come (2), dobbiamo offrire un’analisi semantica per 'Il lonfo'; e d’altra parte, facendo ciò, noi trasformeremmo 'Il lonfo' in una serie di enunciati dotati di significato, tradendo così sia le intenzioni dell’autore, sia la situazione comunicativa introdotta da 'Il lonfo'. In questo segue cerco di chiarire i termini del problema, e propongo una soluzione, fondata sulla nozione di assunzione (o finzione) semantica.
Il lonfo e le assunzioni semantiche
SPOLAORE, Giuseppe Mario
2005-01-01
Abstract
Si consideri la seguente poesia di Fosco Maraini, intitolata 'Il Lonfo': Il lonfo non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta, ma quando soffia il bego a bisce a bisce sdilenca un poco, e gnagio s’archipatta. È frusco il lonfo! È pieno di lupigna arrafferia malversa e sofolenta! Se cionfi ti sbiduglia e t’arrupigna se lugri ti botalla e ti criventa. Eppure il vecchio lonfo ammargelluto che bete e zugghia e fonca nei trombazzi fa lègica busìa, fa gisbuto; e quasi quasi in segno di sberdazzi gli affarferesti un gniffo. Ma lui zuto t’alloppa, ti sbernecchia; e tu l’accazzi. È naturale sostenere che il protagonista de 'Il lonfo' è il lonfo. Ma che cos’è il lonfo? È difficile dare una risposta. Ad ogni modo, si può sostenere, tra le altre cose, che (1) Se cionfi, allora il lonfo t’arrupigna. Ora, secondo molte teorie semantiche – anche ammettendo che (1) sia un enunciato ed i termini che vi occorrono appartengano alla categoria sintattica cui paiono appartenere – (1) non esprime nessuna proposizione, in quanto una o più delle sue componenti subenunciative sono prive di valore semantico. In particolare, sembra essere questo il caso del termine singolare "il lonfo" (in effetti, non siamo nemmeno nelle condizioni di dire se sia un’espressione che denota un individuo o un genere d’individui, o un individuo qualsiasi o tipico di un certo genere), dei predicati "cionfi" e "t’arrupigna" e della stragrande maggioranza delle espressioni (pseudo)categorematiche che occorrono ne 'Il lonfo'. Esse sono inventate da Fosco Maraini. Anche se vi possono essere assonanze con espressioni italiane e dialettali, e talvolta il suono di un termine può rendere plausibile una qualche interpretazione, avrebbe poco o nessun senso sostenere che c’è una ed una sola interpretazione corretta per i termini introdotti da Maraini (ad esempio che "cionfare" in realtà significa riposare). Se con "proposizione" s’intende il significato di un enunciato, allora si può dire che tanto (1), tanto 'Il lonfo', non hanno significato. Questa tesi non solo si accorda con le nostre intuizioni di parlanti, ma è anche la migliore rappresentazione possibile della situazione comunicativa in cui il lettore de Il lonfo si trova. Sostenere il contrario, ossia che c’è un significato che 'Il lonfo' ed in particolare i termini inventati che vi occorrono hanno, sarebbe equivalente a fraintendere completamente lo spirito dell’opera. Consideriamo ora il seguente enunciato: (2) Secondo 'Il lonfo', se cionfi, il lonfo t’arrupigna. A differenza di (1), (2) è non un’asserzione intorno al lonfo, ma un resoconto fedele di ciò che 'Il lonfo' dice. In quanto tale, si è tentati di sostenere, (2) è vera o almeno corretta. Ma, se (1) è priva di significato, anche (2) lo è; e, se (2) non ha significato, non può nemmeno essere vera. E allora, come mai sembra vera (o almeno appropriata)? Ed in che modo quest’intuizione può essere esplicitata? Si osservi che (2) non è parafrasabile né come (3) Ne 'Il lonfo', occorre l’enunciato (o la stringa di espressioni) “Se cionfi, allora il lonfo t’arrupigna”; né come (4) L’enunciato “Se cionfi, allora il lonfo t’arrupigna” è inferibile dagli enunciati presenti in 'Il lonfo'. Infatti, (3) e (4), per quanto siano analisi piuttosto naturali, sono entrambi falsi; il primo per ovvi motivi, ossia perché l’enunciato citato non occorre ne 'Il lonfo', il secondo perché, dato che gli enunciati che occorrono ne 'Il lonfo' non hanno significato, da essi nulla è inferibile. Ci troviamo dunque in una condizione piuttosto spiacevole: per poter asserire un enunciato come (2), dobbiamo offrire un’analisi semantica per 'Il lonfo'; e d’altra parte, facendo ciò, noi trasformeremmo 'Il lonfo' in una serie di enunciati dotati di significato, tradendo così sia le intenzioni dell’autore, sia la situazione comunicativa introdotta da 'Il lonfo'. In questo segue cerco di chiarire i termini del problema, e propongo una soluzione, fondata sulla nozione di assunzione (o finzione) semantica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.