La voce enciclopedica offre una completa e approfondita trattazione sistematica dell’istituto dell’indegnità a succedere nell’ordinamento italiano (artt. 463 ss. c.c.), peraltro con riferimenti anche al diritto tedesco, francese e spagnolo (contenuti soprattutto nelle ampie note a piè di pagina). Nel primo paragrafo, dedicato alla ricostruzione del profilo storico dell’istituto in esame, si raffrontano, in particolare, la indignitas e la exheredatio del diritto romano, per considerare, poi, la successiva evoluzione dell’indegnità, attraverso il diritto intermedio e la codificazione napoleonica, fino al codice civile vigente. Nel secondo paragrafo, si affronta, quindi, la questione relativa alla natura e al fondamento dell’indegnità a succedere. Quest’ultima – secondo una ricostruzione diffusa anche nella dottrina straniera – viene ritenuta costituire una sanzione civile, che trova la propria giustificazione nella ripugnanza sociale a consentire che colui che abbia gravemente offeso l’ereditando, o la libertà testamentaria del medesimo, possa trarre profitto dall’eredità dell’offeso. Nel terzo paragrafo, dopo avere sottolineato come le sette cause d’indegnità attualmente previste dall’art. 463 c.c. costituiscano, proprio in virtù della summenzionata natura sanzionatoria dell’istituto in esame, una elencazione tassativa (non suscettibile, quindi, di estensione analogica), viene illustrato in modo assai dettagliato il contenuto e l’ambito di applicazione di ciascuna di esse. Nella parte centrale della voce enciclopedica – comprensiva dei paragrafi 4, 5, 6 e 7 –, si affronta, quindi, la problematica più rilevante e controversa dell’indegnità a succedere, relativa al modo di operare della medesima, e si finisce con l’aderire alla tesi secondo cui l’indegnità darebbe luogo a una particolare forma di incapacità a succedere, la quale opererebbe automaticamente, al verificarsi degli eventi contemplati dall’art. 463 c.c., determinando così l’estromissione ab origine dell’indegno dalla successione, che dovrebbe, pertanto, essere considerato estraneo a quest’ultima. Nell’ottavo paragrafo, vengono specificamente esaminati la natura e i caratteri dell’azione diretta a fare valere l’indegnità, che variano notevolmente a seconda di quale delle diverse tesi circa il modo di operare dell’istituto in esame si intenda accogliere. Agli effetti dell’indegnità è dedicato, quindi, il nono paragrafo, all’interno del quale si evidenzia come il compimento di uno degli atti contemplati dall’art. 463 c.c. comporti, in via principale, l’esclusione del soggetto agente dalla successione, sia legittima che testamentaria, di colui che si è gravemente offeso, nonché la perdita degli eventuali diritti che, all’indegno stesso, eventualmente spettino in qualità di legittimario. Vengono, quindi, esaminati gli effetti ulteriori dell’indegnità, rappresentati, per un verso, dall’obbligo, a carico dell’indegno che si sia immesso nel possesso dei beni ereditari, di restituire, ai chiamati ulteriori che abbiano esperito nei suoi confronti la petitio hereditatis, i beni medesimi, nonché i frutti degli stessi che egli abbia percepito dopo l’apertura della successione (cfr. art. 464 c.c.), e, per altro verso, dalla privazione del diritto di usufrutto o di amministrazione eventualmente spettante per legge all’indegno sui beni dell’eredità dalla quale il medesimo risulti escluso e che siano stati devoluti ai suoi figli (cfr. art. 465 c.c.). Infine, il decimo paragrafo si occupa della possibilità, riconosciuta all’ereditando che sia stato offeso, di riammettere l’indegno alla successione mediante la riabilitazione (cfr. art. 466 c.c.), similmente a quanto previsto anche da altri ordinamenti europei (cfr., in particolare, il § 2343 BGB, l’art. 757 Código civil, nonché, in seguito alla legge 2001-1135 del 3.12.2001 di riforma del diritto delle successioni, il novellato art. 757 Code civil). L’analisi si conclude, quindi, con la considerazione della particolare fattispecie prevista dal 2° co. dell’art. 466 c.c., la quale non viene reputata costituire una forma di riabilitazione, né tacita, né parziale, bensì (soltanto) una previsione che, in conformità al principio del favor testamenti, consente che il predetto soggetto succeda nei limiti del lascito.

Indegnità a succedere

OMODEI SALE', Riccardo
2007-01-01

Abstract

La voce enciclopedica offre una completa e approfondita trattazione sistematica dell’istituto dell’indegnità a succedere nell’ordinamento italiano (artt. 463 ss. c.c.), peraltro con riferimenti anche al diritto tedesco, francese e spagnolo (contenuti soprattutto nelle ampie note a piè di pagina). Nel primo paragrafo, dedicato alla ricostruzione del profilo storico dell’istituto in esame, si raffrontano, in particolare, la indignitas e la exheredatio del diritto romano, per considerare, poi, la successiva evoluzione dell’indegnità, attraverso il diritto intermedio e la codificazione napoleonica, fino al codice civile vigente. Nel secondo paragrafo, si affronta, quindi, la questione relativa alla natura e al fondamento dell’indegnità a succedere. Quest’ultima – secondo una ricostruzione diffusa anche nella dottrina straniera – viene ritenuta costituire una sanzione civile, che trova la propria giustificazione nella ripugnanza sociale a consentire che colui che abbia gravemente offeso l’ereditando, o la libertà testamentaria del medesimo, possa trarre profitto dall’eredità dell’offeso. Nel terzo paragrafo, dopo avere sottolineato come le sette cause d’indegnità attualmente previste dall’art. 463 c.c. costituiscano, proprio in virtù della summenzionata natura sanzionatoria dell’istituto in esame, una elencazione tassativa (non suscettibile, quindi, di estensione analogica), viene illustrato in modo assai dettagliato il contenuto e l’ambito di applicazione di ciascuna di esse. Nella parte centrale della voce enciclopedica – comprensiva dei paragrafi 4, 5, 6 e 7 –, si affronta, quindi, la problematica più rilevante e controversa dell’indegnità a succedere, relativa al modo di operare della medesima, e si finisce con l’aderire alla tesi secondo cui l’indegnità darebbe luogo a una particolare forma di incapacità a succedere, la quale opererebbe automaticamente, al verificarsi degli eventi contemplati dall’art. 463 c.c., determinando così l’estromissione ab origine dell’indegno dalla successione, che dovrebbe, pertanto, essere considerato estraneo a quest’ultima. Nell’ottavo paragrafo, vengono specificamente esaminati la natura e i caratteri dell’azione diretta a fare valere l’indegnità, che variano notevolmente a seconda di quale delle diverse tesi circa il modo di operare dell’istituto in esame si intenda accogliere. Agli effetti dell’indegnità è dedicato, quindi, il nono paragrafo, all’interno del quale si evidenzia come il compimento di uno degli atti contemplati dall’art. 463 c.c. comporti, in via principale, l’esclusione del soggetto agente dalla successione, sia legittima che testamentaria, di colui che si è gravemente offeso, nonché la perdita degli eventuali diritti che, all’indegno stesso, eventualmente spettino in qualità di legittimario. Vengono, quindi, esaminati gli effetti ulteriori dell’indegnità, rappresentati, per un verso, dall’obbligo, a carico dell’indegno che si sia immesso nel possesso dei beni ereditari, di restituire, ai chiamati ulteriori che abbiano esperito nei suoi confronti la petitio hereditatis, i beni medesimi, nonché i frutti degli stessi che egli abbia percepito dopo l’apertura della successione (cfr. art. 464 c.c.), e, per altro verso, dalla privazione del diritto di usufrutto o di amministrazione eventualmente spettante per legge all’indegno sui beni dell’eredità dalla quale il medesimo risulti escluso e che siano stati devoluti ai suoi figli (cfr. art. 465 c.c.). Infine, il decimo paragrafo si occupa della possibilità, riconosciuta all’ereditando che sia stato offeso, di riammettere l’indegno alla successione mediante la riabilitazione (cfr. art. 466 c.c.), similmente a quanto previsto anche da altri ordinamenti europei (cfr., in particolare, il § 2343 BGB, l’art. 757 Código civil, nonché, in seguito alla legge 2001-1135 del 3.12.2001 di riforma del diritto delle successioni, il novellato art. 757 Code civil). L’analisi si conclude, quindi, con la considerazione della particolare fattispecie prevista dal 2° co. dell’art. 466 c.c., la quale non viene reputata costituire una forma di riabilitazione, né tacita, né parziale, bensì (soltanto) una previsione che, in conformità al principio del favor testamenti, consente che il predetto soggetto succeda nei limiti del lascito.
2007
9788859801382
successioni a causa di morte; capacità di succedere; indegnità a succedere
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/307917
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