Dinanzi al pluralismo e alla complessità, è compito della famiglia, dove si sviluppano i primi processi identitari (in quanto scuola di socialità, comunità di amore, modello del dono di sé, di solidarietà di rapporti tra fratelli e sorelle e tra diverse generazioni10), infondere nelle progenie la consapevolezza che «le diversità di atteggiamento, di ruoli, sono le risorse dell'unità del gruppo e che la reciproca dipendenza non è un limite all'espressione individuale, ma è l'asse su cui impostare la collaborazione e la cooperazione » L'opportunità di radicare nell'educando schemi di pensiero e di comportamento tolleranti e ollaborativi si esplicita specialmente in famiglia. Nell'ambiente domestico, dove sin dai primi anni di vita del bambino, grazie alla sua plasticità psichica e allo stimolo esercitato dai modelli parentali, i genitori hanno il privilegio di agire in maniera tale da imprimere «un'orma difficile da cancellare o da correggere». In sintesi, alla luce della consapevolezza che «nel prossimo ventennio l'educazione familiare esigerà una misura di coraggio e di preparazione superiore all'attuale», occorre sviluppare un discorso pedagogico che tenga conto delle opportunità, ma anche dei rischi insiti nella globalizzazione, nella complessità, nell'interdipendenza, nell'avvento di società multietniche e multiculturali. Movendo dai fondamenti della pedagogia generale (non è necessario "inventarsi tutto"), tenendo conto dei (reali) cambiamenti in seno alla società, si tratta di riflettere opportunamente su obiettivi, mezzi e metodi dell'educazione familiare. Alle soglie del terzo millennio, piuttosto che demonizzare o rifugiarsi in teorie stagnanti e superate, è necessario che la pedagogia sappia rispondere in maniera reparata alla sfida della globalizzazione e della complessità, tenendo conto di sperimentazioni, sviluppi e limiti nel settore dell'educazione interculturale.
Educazione interculturale in famiglia
PORTERA, Agostino
2004-01-01
Abstract
Dinanzi al pluralismo e alla complessità, è compito della famiglia, dove si sviluppano i primi processi identitari (in quanto scuola di socialità, comunità di amore, modello del dono di sé, di solidarietà di rapporti tra fratelli e sorelle e tra diverse generazioni10), infondere nelle progenie la consapevolezza che «le diversità di atteggiamento, di ruoli, sono le risorse dell'unità del gruppo e che la reciproca dipendenza non è un limite all'espressione individuale, ma è l'asse su cui impostare la collaborazione e la cooperazione » L'opportunità di radicare nell'educando schemi di pensiero e di comportamento tolleranti e ollaborativi si esplicita specialmente in famiglia. Nell'ambiente domestico, dove sin dai primi anni di vita del bambino, grazie alla sua plasticità psichica e allo stimolo esercitato dai modelli parentali, i genitori hanno il privilegio di agire in maniera tale da imprimere «un'orma difficile da cancellare o da correggere». In sintesi, alla luce della consapevolezza che «nel prossimo ventennio l'educazione familiare esigerà una misura di coraggio e di preparazione superiore all'attuale», occorre sviluppare un discorso pedagogico che tenga conto delle opportunità, ma anche dei rischi insiti nella globalizzazione, nella complessità, nell'interdipendenza, nell'avvento di società multietniche e multiculturali. Movendo dai fondamenti della pedagogia generale (non è necessario "inventarsi tutto"), tenendo conto dei (reali) cambiamenti in seno alla società, si tratta di riflettere opportunamente su obiettivi, mezzi e metodi dell'educazione familiare. Alle soglie del terzo millennio, piuttosto che demonizzare o rifugiarsi in teorie stagnanti e superate, è necessario che la pedagogia sappia rispondere in maniera reparata alla sfida della globalizzazione e della complessità, tenendo conto di sperimentazioni, sviluppi e limiti nel settore dell'educazione interculturale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.