Lo scritto esamina le ragioni per le quali la consuetudine - che nella modernità giuridica, dominata dal diritto scritto, ha scarso peso - stia via via risalendo dall’ultimo grado della gerarchia delle fonti del diritto, quale era indicata dall’art. 8 delle “Disposizioni preliminari al codice civile” del 1942. Le ragioni sono innanzi tutto di carattere teorico, posto che la consuetudine è essenziale alla concezione del diritto, intesa come regola coercitiva della condotta umana liberamente consentita , tanto come forma di autopoiesi di norme autoritative ed eteronome, quanto come “chiusura” della concezione sanzionatoria del diritto. La consuetudine si inscrive già a livello costituzionale nella norma sull’adattamento automatico dell’ordinamento interno alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, e, ancora a livello costituzionale, dando vita alle consuetudini praeter legem che costituiscono parametro di legittimità nei giudizi della Corte costituzionale. A livello di legislazione ordinaria l’importanza della consuetudine si manifesta negli usi richiamati da leggi e regolamenti, in particolare negli usi civici. Più modernamente, la consuetudine entra in contatto con il precedente, inteso come consuetudine applicativa del diritto oggettivo e prefigura l’obbligo costituzionale di attenervisi. Lo scritto esamina infine il fenomeno della crisi di consenso alle leggi nell’ambito della crisi della rappresentanza politica e, a tentativo di correzione dei medesimi, la introduzione di meccanismi consensuali “obiettivi” che appartengono al paradigma della consuetudine.
Il silenzio del Sovrano. Consuetudine e legge tra autorità e consenso
PEDRAZZA GORLERO, Maurizio
2004-01-01
Abstract
Lo scritto esamina le ragioni per le quali la consuetudine - che nella modernità giuridica, dominata dal diritto scritto, ha scarso peso - stia via via risalendo dall’ultimo grado della gerarchia delle fonti del diritto, quale era indicata dall’art. 8 delle “Disposizioni preliminari al codice civile” del 1942. Le ragioni sono innanzi tutto di carattere teorico, posto che la consuetudine è essenziale alla concezione del diritto, intesa come regola coercitiva della condotta umana liberamente consentita , tanto come forma di autopoiesi di norme autoritative ed eteronome, quanto come “chiusura” della concezione sanzionatoria del diritto. La consuetudine si inscrive già a livello costituzionale nella norma sull’adattamento automatico dell’ordinamento interno alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, e, ancora a livello costituzionale, dando vita alle consuetudini praeter legem che costituiscono parametro di legittimità nei giudizi della Corte costituzionale. A livello di legislazione ordinaria l’importanza della consuetudine si manifesta negli usi richiamati da leggi e regolamenti, in particolare negli usi civici. Più modernamente, la consuetudine entra in contatto con il precedente, inteso come consuetudine applicativa del diritto oggettivo e prefigura l’obbligo costituzionale di attenervisi. Lo scritto esamina infine il fenomeno della crisi di consenso alle leggi nell’ambito della crisi della rappresentanza politica e, a tentativo di correzione dei medesimi, la introduzione di meccanismi consensuali “obiettivi” che appartengono al paradigma della consuetudine.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.