Viene spontaneo porsi la domanda se, nelle diverse angolazioni della ricerca sul mobbing, sia stato attribuito il giusto valore alle caratteristiche di personalità e al vissuto personale e non solamente lavorativo. Si è constatato come le conseguenze fisiche, psicologiche e morali provocate da vessazioni e da comportamenti molesti subiti in ambito lavorativo siano strettamente connesse con la percezione e la valutazione, da parte della vittima, di questi stessi. Sorge però il dubbio se il numero cospicuo di episodi di mobbing denunciati sia effettivo o non sia, piuttosto, frutto di un insieme di fattori che possono portare a una drammatizzazione di eventi, a una percezione sbagliata dell’organizzazione, a un’attribuzione erronea della colpa dei propri fallimenti lavorativi. Frequentemente, quando ci si occupa di qualità del lavoro e della vita di una persona, si tende a focalizzare l’attenzione prevalentemente sugli aspetti strettamente inerenti alla vita lavorativa, ma numerosi sono gli studi e le ricerche che attestano quanto gli eventi della vita, gli stili e le caratteristiche di personalità di un individuo possano incidere sulla valutazione di una qualsiasi situazione problematica. Ogni episodio, ogni evento della nostra vita, infatti, produce effetti permanenti. Proprio Selye (1974), il “padre dello stress”, mise in evidenza come la fase di resistenza, nella Sindrome Generale di Adattamento, contribuisca a tutti quei fenomeni di deterioramento che sfociano poi nella vecchiaia. Anche altri autorevoli studiosi, ad esempio, Ricklefs e Finch (1999), biologo il primo e neurobiologo dell’invecchiamento il secondo, sostengono che non esiste dentro di noi una sorta di bomba a orologeria, che fa si’ che, ad una certa età, le nostre cellule si autodistruggano. Ecco perché dobbiamo, come suggerisce Selye, incontrare lo stress in modo efficace e imparare a conoscerlo. Ci è sembrato importante, quindi, dirigere l’attenzione su tutte quelle situazioni di malessere personale, causato più dai diversi cambiamenti nei ruoli sociali che da problematiche di tipo lavorativo. Non va, infatti, dimenticato che l’alveo teorico del concetto di mobbing è quello dello stress, inteso come Sindrome Generale di Adattamento (Selye, !974), come del resto in quello stesso alveo vengono inquadrati i disturbi psichici riferiti al mobbing: “disturbi post traumatici da stress” (Millon, 1996; 1999). Va ricordato, inoltre, che gli esiti psicologici di una situazione di stress possono essere sostenuti da eventi pregressi di varia natura, di cui l’elemento caratteristico è costituito dalla necessità di adattamento e riadattamento sociale.
Cambiamenti dei ruoli sociali e problematiche lavorative
FAVRETTO, Giuseppe;RAPPAGLIOSI, Cristina Maria
2005-01-01
Abstract
Viene spontaneo porsi la domanda se, nelle diverse angolazioni della ricerca sul mobbing, sia stato attribuito il giusto valore alle caratteristiche di personalità e al vissuto personale e non solamente lavorativo. Si è constatato come le conseguenze fisiche, psicologiche e morali provocate da vessazioni e da comportamenti molesti subiti in ambito lavorativo siano strettamente connesse con la percezione e la valutazione, da parte della vittima, di questi stessi. Sorge però il dubbio se il numero cospicuo di episodi di mobbing denunciati sia effettivo o non sia, piuttosto, frutto di un insieme di fattori che possono portare a una drammatizzazione di eventi, a una percezione sbagliata dell’organizzazione, a un’attribuzione erronea della colpa dei propri fallimenti lavorativi. Frequentemente, quando ci si occupa di qualità del lavoro e della vita di una persona, si tende a focalizzare l’attenzione prevalentemente sugli aspetti strettamente inerenti alla vita lavorativa, ma numerosi sono gli studi e le ricerche che attestano quanto gli eventi della vita, gli stili e le caratteristiche di personalità di un individuo possano incidere sulla valutazione di una qualsiasi situazione problematica. Ogni episodio, ogni evento della nostra vita, infatti, produce effetti permanenti. Proprio Selye (1974), il “padre dello stress”, mise in evidenza come la fase di resistenza, nella Sindrome Generale di Adattamento, contribuisca a tutti quei fenomeni di deterioramento che sfociano poi nella vecchiaia. Anche altri autorevoli studiosi, ad esempio, Ricklefs e Finch (1999), biologo il primo e neurobiologo dell’invecchiamento il secondo, sostengono che non esiste dentro di noi una sorta di bomba a orologeria, che fa si’ che, ad una certa età, le nostre cellule si autodistruggano. Ecco perché dobbiamo, come suggerisce Selye, incontrare lo stress in modo efficace e imparare a conoscerlo. Ci è sembrato importante, quindi, dirigere l’attenzione su tutte quelle situazioni di malessere personale, causato più dai diversi cambiamenti nei ruoli sociali che da problematiche di tipo lavorativo. Non va, infatti, dimenticato che l’alveo teorico del concetto di mobbing è quello dello stress, inteso come Sindrome Generale di Adattamento (Selye, !974), come del resto in quello stesso alveo vengono inquadrati i disturbi psichici riferiti al mobbing: “disturbi post traumatici da stress” (Millon, 1996; 1999). Va ricordato, inoltre, che gli esiti psicologici di una situazione di stress possono essere sostenuti da eventi pregressi di varia natura, di cui l’elemento caratteristico è costituito dalla necessità di adattamento e riadattamento sociale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.