Negli anni compresi tra il 1785 e il 1798, in Germania l’utilizzazione libera era giustificata da motivazioni squisitamente democratiche. Reimarus chiedeva di rendere meno elitaria la fruizione dei libri, di “non deve scrivere per l’aristocrazia, ma per il tiers état del mondo della lettura” e faceva sua la rivendicazione della libertà di affrancarsi dal monopolio degli editori inglesi espressa dallo Act for the Encouragement of Learning americano del 31 maggio 1790. La proprietà intellettuale era fatta propria da Kant, che si rifaceva al diritto romano e auspicava, appunto, una formulazione legislativa non solo in termini di diritto patrimoniale, ma anche di diritto della personalità, come incisivamente spiegato da Kant, che considerava le facoltà morali della proprietà intellettuale, appunto, come il “diritto inalienabile (ius personalissimum) di discorrere egli stesso per il tramite di un altro, il diritto a che nessuno abbia licenza di tenere in pubblico lo stesso discorso se non nel suo (del creatore originario) nome”. Con Fichte, poi, la proprietà intellettuale diveniva parte di una più generale metafisica dell’attività intellettuale, secondo il principio che i pensieri “non si trasmettono di mano in mano, non vengono pagati in denaro sonante, e nemmeno ci vengono trasmessi se portiamo a casa il libro che li contiene e lo mettiamo nella nostra biblioteca. Per appropriarsene manca un’azione: dobbiamo leggere il libro, meditare — se non è del tutto ovvio — il suo contenuto, considerarlo sotto diversi aspetti e infine accoglierlo nelle nostre connessioni di idee”.

L’autore e i suoi diritti: Scritti polemici sulla proprietà intellettuale

POZZO, Riccardo
2005-01-01

Abstract

Negli anni compresi tra il 1785 e il 1798, in Germania l’utilizzazione libera era giustificata da motivazioni squisitamente democratiche. Reimarus chiedeva di rendere meno elitaria la fruizione dei libri, di “non deve scrivere per l’aristocrazia, ma per il tiers état del mondo della lettura” e faceva sua la rivendicazione della libertà di affrancarsi dal monopolio degli editori inglesi espressa dallo Act for the Encouragement of Learning americano del 31 maggio 1790. La proprietà intellettuale era fatta propria da Kant, che si rifaceva al diritto romano e auspicava, appunto, una formulazione legislativa non solo in termini di diritto patrimoniale, ma anche di diritto della personalità, come incisivamente spiegato da Kant, che considerava le facoltà morali della proprietà intellettuale, appunto, come il “diritto inalienabile (ius personalissimum) di discorrere egli stesso per il tramite di un altro, il diritto a che nessuno abbia licenza di tenere in pubblico lo stesso discorso se non nel suo (del creatore originario) nome”. Con Fichte, poi, la proprietà intellettuale diveniva parte di una più generale metafisica dell’attività intellettuale, secondo il principio che i pensieri “non si trasmettono di mano in mano, non vengono pagati in denaro sonante, e nemmeno ci vengono trasmessi se portiamo a casa il libro che li contiene e lo mettiamo nella nostra biblioteca. Per appropriarsene manca un’azione: dobbiamo leggere il libro, meditare — se non è del tutto ovvio — il suo contenuto, considerarlo sotto diversi aspetti e infine accoglierlo nelle nostre connessioni di idee”.
2005
9788887945003
Kant; Fichte; J.A.H. Reimarus; proprietà intellettuale
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