Nel corso dell’Ottocento naturalisti, editori e intellettuali italiani contribuiscono alla creazione di un fitto circuito di pubblicazioni zoologiciche e alla formazione di precise rappresentazioni scientifico-culturali dei grandi mammiferi carnivori (soprattutto lupo, orso e lince). L’arco cronologico in cui ciò avviene va dalla fine del Settecento, con le prime traduzioni buffoniane italiane, al primo decennio del Novecento, con il successo delle vite degli animali di Alfred Edmund Brehm, Louis Figuier e Michele Lessona e con il percolamento delle nozioni di “scienza per tutti” ivi contenute verso altri media: periodici a larga diffusione e romanzi d’avventura, ad esempio. La ricerca costituisce un affondo nello studio di processi storici di longue durée e di frames socio-culturali più estesi che riguardano le relazioni tra umani e nonumani. Il fatto che sia limitata alla divulgazione di area italiana non implica che gli animali di cui ci si occupa facciano sempre parte della fauna abitante la penisola: divulgatori e biologi italiani forniscono rappresentazioni culturali anche di animali esotici che in Italia erano presenti esclusivamente in cattività o nelle vetrine dei musei di storia naturale. Oltre al fatto che la cattività e l’esposizione stesse sono temi di grande interesse, occorre pure considerare che le rappresentazioni culturali di questi animali contribuirono a creare immaginari collettivi più vasti e un preciso approccio alla natura e ai grandi carnivori. Quattro sono i nodi cruciali che emergono: la preminenza del conflitto quale categoria interpretativa del mondo naturale; la consapevolezza autoassolutoria del discorso pubblico sull’estinzione delle specie e sul ruolo amministrativo autoconferitosi dall’essere umano nei confronti del mondo selvatico; la dissociazione tra discorso teorico-scientifico e cornici ideologiche e biopolitiche; l’accentuarsi con il passare del tempo del carattere moralizzante delle rappresentazioni. Se la conflittualità suscitata dalla presenza dei grandi carnivori si può attribuire alla carica polisemica di cui essi sono investiti dagli interpreti umani, nell’analisi condotta risulta comunque notevole constatare l’emergere di un omogeneo lessico semantico e di un assillante ricorso a iconografie e descrizioni sanguinose. Da questo punto di vista, i dati più vistosi della ricerca concernono l’incalzante forza inerziale degli immaginari pubblici, il progressivo svuotamento di materiale originale e il cristallizzarsi in meri formulari efficaci e sensazionalistici, quasi ritualistici o apotropaici, in parziale contraddizione con una visione storiografica che – in termini semplicistici – avrebbe invece previsto all’inizio del Novecento un avvicinarsi a paradigmi ecologici più di quanto non accadesse nel secolo precedente.
Predatori. Rappresentazioni scientifico-letterarie dei rapporti tra essere umano e grandi carnivori in Italia tra Otto e Novecento
Tenca, Andrea
2025-01-01
Abstract
Nel corso dell’Ottocento naturalisti, editori e intellettuali italiani contribuiscono alla creazione di un fitto circuito di pubblicazioni zoologiciche e alla formazione di precise rappresentazioni scientifico-culturali dei grandi mammiferi carnivori (soprattutto lupo, orso e lince). L’arco cronologico in cui ciò avviene va dalla fine del Settecento, con le prime traduzioni buffoniane italiane, al primo decennio del Novecento, con il successo delle vite degli animali di Alfred Edmund Brehm, Louis Figuier e Michele Lessona e con il percolamento delle nozioni di “scienza per tutti” ivi contenute verso altri media: periodici a larga diffusione e romanzi d’avventura, ad esempio. La ricerca costituisce un affondo nello studio di processi storici di longue durée e di frames socio-culturali più estesi che riguardano le relazioni tra umani e nonumani. Il fatto che sia limitata alla divulgazione di area italiana non implica che gli animali di cui ci si occupa facciano sempre parte della fauna abitante la penisola: divulgatori e biologi italiani forniscono rappresentazioni culturali anche di animali esotici che in Italia erano presenti esclusivamente in cattività o nelle vetrine dei musei di storia naturale. Oltre al fatto che la cattività e l’esposizione stesse sono temi di grande interesse, occorre pure considerare che le rappresentazioni culturali di questi animali contribuirono a creare immaginari collettivi più vasti e un preciso approccio alla natura e ai grandi carnivori. Quattro sono i nodi cruciali che emergono: la preminenza del conflitto quale categoria interpretativa del mondo naturale; la consapevolezza autoassolutoria del discorso pubblico sull’estinzione delle specie e sul ruolo amministrativo autoconferitosi dall’essere umano nei confronti del mondo selvatico; la dissociazione tra discorso teorico-scientifico e cornici ideologiche e biopolitiche; l’accentuarsi con il passare del tempo del carattere moralizzante delle rappresentazioni. Se la conflittualità suscitata dalla presenza dei grandi carnivori si può attribuire alla carica polisemica di cui essi sono investiti dagli interpreti umani, nell’analisi condotta risulta comunque notevole constatare l’emergere di un omogeneo lessico semantico e di un assillante ricorso a iconografie e descrizioni sanguinose. Da questo punto di vista, i dati più vistosi della ricerca concernono l’incalzante forza inerziale degli immaginari pubblici, il progressivo svuotamento di materiale originale e il cristallizzarsi in meri formulari efficaci e sensazionalistici, quasi ritualistici o apotropaici, in parziale contraddizione con una visione storiografica che – in termini semplicistici – avrebbe invece previsto all’inizio del Novecento un avvicinarsi a paradigmi ecologici più di quanto non accadesse nel secolo precedente.File | Dimensione | Formato | |
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