Diciannove drammi shakespeariani furono pubblicati in edizioni in-quarto prima dell’ in-folio del 1623 e cinque di questi, Romeo e Giulietta (1597), Enrico V (1600), Le allegre comari di Windsor (1602), Amleto (1603) e Pericle (1609), furono chiamati da Alfred Pollard (1909) bad quartos (“cattivi in-quarto”). L’assunto era che queste edizioni fossero non solo più scadenti per il maggior numero degli errori nella stampa che facevano pensare a dei testi corrotti, ma anche perché frutto di una ricostruzione e circolazione pirata. W.W. Greg avrebbe poi ripensato la teoria di Pollard suggerendo, con riferimento alle Allegre comari di Windsor, alla ricostruzione memoriale operata da un attore, ma entrambe queste ipotesi sono state a lungo discusse e ne sono stati evidenziati i limiti, non ultima l’assenza di ipotesi relative a revisioni, miglioramenti, impieghi e funzioni diverse di questi testi, così come una variabilità dovuta a fasi pre- o post-produzione. Questo saggio ripercorre la storia delle interpretazioni del cattivo in-quarto del 1597 e del del buono in-quarto del 1599 proponendone una lettura che, senza addentrarsi in ipotesi genetiche, mostra la risultanza di una diversa concezione della soggettività ne due drammi. Il contirbuto si focalizza, in particolare, sull’analisi dei soliloqui di Giulietta come luoghi privilegiati dell’affioramento delle tensioni dell’io, sia in chiave comica nell’attesa del desiderio erotico, sia in chiave tragica, nel dibattimento interiore di Giulietta con l’affioramento di una soggettività etica di fronte all’orizzonte della morte, declinata specificamente al femminile. Al di là di intenzionalità autoriali (o collaborative nel senso dato ormai da anni al concetto di autorialità shakespeariana; cfr. ad esempio Orgel 2002) forse depositate nei due testi e comunque non recuperabili se non in via meramente congetturale, questi primi due testimoni, così vicini e al tempo stesso così lontani, fissano nel tempo due costruzioni dell’io femminile solo in parte conciliabili. Due figure che restano consegnate a una variabilità inscritta nella natura stessa del testo drammatico e nella sua fenomenologia spettacolare, così come a una variabilità legata alla materialità del testo e alle vicissitudine della sua stampa.

“Variazioni testuali dell’io: Giulietta fra Q1 e Q2”

Silvia Bigliazzi
2024-01-01

Abstract

Diciannove drammi shakespeariani furono pubblicati in edizioni in-quarto prima dell’ in-folio del 1623 e cinque di questi, Romeo e Giulietta (1597), Enrico V (1600), Le allegre comari di Windsor (1602), Amleto (1603) e Pericle (1609), furono chiamati da Alfred Pollard (1909) bad quartos (“cattivi in-quarto”). L’assunto era che queste edizioni fossero non solo più scadenti per il maggior numero degli errori nella stampa che facevano pensare a dei testi corrotti, ma anche perché frutto di una ricostruzione e circolazione pirata. W.W. Greg avrebbe poi ripensato la teoria di Pollard suggerendo, con riferimento alle Allegre comari di Windsor, alla ricostruzione memoriale operata da un attore, ma entrambe queste ipotesi sono state a lungo discusse e ne sono stati evidenziati i limiti, non ultima l’assenza di ipotesi relative a revisioni, miglioramenti, impieghi e funzioni diverse di questi testi, così come una variabilità dovuta a fasi pre- o post-produzione. Questo saggio ripercorre la storia delle interpretazioni del cattivo in-quarto del 1597 e del del buono in-quarto del 1599 proponendone una lettura che, senza addentrarsi in ipotesi genetiche, mostra la risultanza di una diversa concezione della soggettività ne due drammi. Il contirbuto si focalizza, in particolare, sull’analisi dei soliloqui di Giulietta come luoghi privilegiati dell’affioramento delle tensioni dell’io, sia in chiave comica nell’attesa del desiderio erotico, sia in chiave tragica, nel dibattimento interiore di Giulietta con l’affioramento di una soggettività etica di fronte all’orizzonte della morte, declinata specificamente al femminile. Al di là di intenzionalità autoriali (o collaborative nel senso dato ormai da anni al concetto di autorialità shakespeariana; cfr. ad esempio Orgel 2002) forse depositate nei due testi e comunque non recuperabili se non in via meramente congetturale, questi primi due testimoni, così vicini e al tempo stesso così lontani, fissano nel tempo due costruzioni dell’io femminile solo in parte conciliabili. Due figure che restano consegnate a una variabilità inscritta nella natura stessa del testo drammatico e nella sua fenomenologia spettacolare, così come a una variabilità legata alla materialità del testo e alle vicissitudine della sua stampa.
2024
9788829025404
William Shakespeare
Romeo e Giulietta
Q1 e Q2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/1131707
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