Il 24 maggio 1054, 21 uomini di legge longobarda e 4 di legge romana, abitanti in singoli loci in valle Provinianensis non lontano da Monteclum e in Bure, donavano al monastero di San Zeno il colle detto Monteclum posto in valle Provinianensis, con il castello ivi edificato, riconoscendo al monastero il diritto di disporne sicut domini. Il documento è noto in particolare nella storiografia sull’incastellamento dell’Italia settentrionale per il dettaglio con cui è descritto un processo tradizionalmente definito di “decastellamento”. La lettura del documento è stata finora limitata dalle cattive condizioni del supporto e da diverse abrasioni della scrittura, lasciando in dubbio alcuni punti. La possibilità di sottoporre il documento ad analisi multispettrali, in particolare in fluorescenza uv indotta, ha permesso di darne una migliore lettura e proporne una trascrizione piú precisa. La nuova lettura offre l’occasione di inquadrare l’atto di donazione del castello entro un piú aggiornato panorama di studi sull’insediamento alto medievale. La donazione non deve essere letta come un abbandono in termini insediativi del castello, quanto in relazione all’affermazione – o del tentativo di affermarsi – di una diversa forma di controllo sul territorio, in parallelo a una eventuale gerarchizzazione come conseguenza di questa egemonia politica; dal punto di vista delle strutture insediative si colloca invece entro la prosecuzione di una dialettica esistente tra vici e castra, senza che questi abbiano realizzato in quest’area alcuna forma di accentramento.
Precisazioni attorno al documento di donazione del castrum Monteclum (1054)
Andrea Brugnoli
2023-01-01
Abstract
Il 24 maggio 1054, 21 uomini di legge longobarda e 4 di legge romana, abitanti in singoli loci in valle Provinianensis non lontano da Monteclum e in Bure, donavano al monastero di San Zeno il colle detto Monteclum posto in valle Provinianensis, con il castello ivi edificato, riconoscendo al monastero il diritto di disporne sicut domini. Il documento è noto in particolare nella storiografia sull’incastellamento dell’Italia settentrionale per il dettaglio con cui è descritto un processo tradizionalmente definito di “decastellamento”. La lettura del documento è stata finora limitata dalle cattive condizioni del supporto e da diverse abrasioni della scrittura, lasciando in dubbio alcuni punti. La possibilità di sottoporre il documento ad analisi multispettrali, in particolare in fluorescenza uv indotta, ha permesso di darne una migliore lettura e proporne una trascrizione piú precisa. La nuova lettura offre l’occasione di inquadrare l’atto di donazione del castello entro un piú aggiornato panorama di studi sull’insediamento alto medievale. La donazione non deve essere letta come un abbandono in termini insediativi del castello, quanto in relazione all’affermazione – o del tentativo di affermarsi – di una diversa forma di controllo sul territorio, in parallelo a una eventuale gerarchizzazione come conseguenza di questa egemonia politica; dal punto di vista delle strutture insediative si colloca invece entro la prosecuzione di una dialettica esistente tra vici e castra, senza che questi abbiano realizzato in quest’area alcuna forma di accentramento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.