Over the last 50 years, the migratory phenomenon has progressively grown, reaching 281 million of international migrants in 2020. In the same year, 8.6 million third-country nationals were employed in the European labor market (4.6% of the total population in working age) and, in particular, migrants represented about 12% of workers. Italy hosts an estimated resident migrant population of about 5 million, which is the 8.5% of total residents. This population is recognized as one of the most vulnerable in society and frequently performs the so-called 3D jobs - dangerous, dirty, demanding / degrading. The Italian Insurer Institute (INAIL) described 564049 accident reports and 1221 fatal outcomes reports in 2021, charged by foreign workers in 18% and 15.2% of cases, respectively; considering occupational diseases, 55288 were reported in the same year, almost 8% of which charged by foreign workers. According to the National Institute of Statistics, in 2016 the incidence rate ratio of occupational accidents was higher in foreign population compared to Italians (3.3% vs 2.8%) and in 2020 it was higher in the construction sector (3.3% vs 1.9%) and in healthcare (4.5% vs 2.9%). The scientific literature reports a greater risk of injury and a significant prevalence of occupational accidents and diseases in migrant workers compared to native. Some studies, for example, reported a higher incidence rate ratio (1.57, 95% CI 1.50-1.65) and a relative risk of fatal injury of 4.4 in migrant workers compared to native workers. In the agricultural sector, especially, where the phenomenon of labor exploitation, illegal hiring and occupational damage is particularly spread, focusing the attention on finding and reporting and preventing this condition is therefore essential. Migrant workers are also particularly exposed to the risk of infection and worse clinical outcomes from Sars-Cov-2, due to different factors, such as inadequate standards of their social conditions, fewer opportunities in access the health system and the employment mainly in essential works. Some Authors report higher ORs in Blacks, Native Americans and Hispanic individuals (respectively 2.47, 5.82, 3.11) compared to the White race considering hospitalization and death and a mortality ratio of 1.42 versus 1.28 in male foreigners versus natives. Nonetheless, subjects belonging to minor ethnic groups appear to be under-represented in vaccination studies. Furthermore, a suboptimal vaccination coverage compared to the host country general population was highlighted (70.9% in White race versus 36.8% in Black race) and a high hesitation rate towards the vaccine against COVID-19 in ethnical minorities. Moreover, it is strong the need to fill the gaps in risk assessment, health surveillance data, information and training, and to improve the access to health services and plan preventive interventions. Our study is part of the European project "FARm", developed in the responsible agriculture supply chain and the Asylum, Migration and Integration Fund, aimed at the finding and reporting of conditions of vulnerability, exploitation and irregularities for the population at risk. 6 It is carried out by the development of an original experimental approach, made up of shared outreach activities, through trained operators and mobile units, allowing to intercept the addressees inside and outside the workplace, to early identify distress markers and spread health promotion interventions. The sequence of project activities started with a context analysis using various sources of interception to access the "cases", whose data were acquired through an “ad hoc” questionnaire (97 items), which allowed the analysis of sanitary and nonsanitary indicators. Information material was produced and spread and periodic reports, dissemination initiatives and final reports were carried out. The population examined was mainly composed of males (96%), especially coming from Asia (51%); in most cases (66%) the migration was motivated by the search for a job. Any educational qualification was achieved in 13.21% of subjects, while 9% earned a University Degree or Diploma; approximately 89% is familiar with Italian language. A residence permit was held in 77% of cases. The general health was good for over 80% of the participants, while 17% of them reported a condition of more or less serious sufferings. 51% of the respondents reported to be affected by at least one pathology, with a higher prevalence of osteomuscular diseases concerning spine and upper limbs (32 and 17%, respectively). 81.13% of interviewees said they were satisfied with the work performed. Periodic health surveillance was adopted in 75% of cases and 9 out of 10 workers received training about the use of PPE. It is a matter of concern that only 5.66% of the workers are aware of the term "caporalato", while 25% said they had been a victim of exploitation with consequences on mental and physical health. This project is a first step which provided a new useful method in order to acquiring more reliable data, identifying criticalities in prevention systems, characterizing intervention priorities, monitoring the risk of accidents, developing good practices, improving risk perception, identifying new tools for managing related problems, implementing scientific knowledge./ Nel corso degli ultimi decenni il fenomeno migratorio si è progressivamente intensificato e strutturato, raggiungendo i 280 milioni di migranti internazionali durante il 2020. In tale periodo, nel mercato del lavoro europeo risultavano essere occupati 8.6 milioni di cittadini di paesi terzi (4.6% del totale della popolazione in età lavorativa): i migranti rappresentavano circa il 12% dei lavoratori. Si stima che l’Italia accolga una popolazione migrante residente di circa 5 milioni di persone, ossia l’8.5% dei residenti totali. Tale popolazione rappresenta uno dei gruppi più vulnerabili della società e si trova non di rado a svolgere i cosiddetti lavori 3D (dirty, dangerous, demanding/degrading). L’Istituto Nazionale per per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro italiano (INAIL) riporta un numero pari a 564049 denunce di infortunio e 1221 denunce di infortunio fatale nel 2021, di cui, rispettivamente, circa il 18% ed il 15.2% avanzato da lavoratori stranieri; sono stati segnalati, invece, 55288 casi di malattia professionale, di cui quasi l’8% denunciato da lavoratori stranieri. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), inoltre, nel 2016 il tasso di incidenza di infortuni occupazionali è stato superiore nella popolazione straniera rispetto a quella italiana (3.3% contro 2.8%) e nel 2020 è risultato più alto in alcuni settori occupazionali (Costruzioni: 3,3% vs 1,9%; Sanità: 4.5% vs 2,9%). Anche la letteratura scientifica evidenzia un rischio di infortunio superiore ed una prevalenza significativa di malattie occupazionali nei lavoratori migranti rispetto ai nativi. Alcuni studi, ad esempio, hanno riportato un rapporto di tassi di incidenza maggiore nei lavoratori migranti rispetto ai lavoratori autoctoni (1.57, 95% IC 1.50-1.65) ed un rischio relativo di infortunio fatale pari a 4.4 nella popolazione straniera. Specialmente nel settore dell’agricoltura, dove il fenomeno del caporalato, del lavoro irregolare e dei danni causati dal lavoro sono particolarmente diffusi, diventa essenziale focalizzare l’attenzione sull’emersione e sulla prevenzione di queste condizioni. I lavoratori migranti sono, in aggiunta, particolarmente esposti al rischio di infezione e a peggiori outcome clinici da Sars-Cov-2, a causa di fattori tra cui condizioni sociali con standard spesso inadeguati, minori possibilità di accesso al sistema sanitario ed impiego in occupazioni di carattere essenziale. Alcuni Autori riportano OR relativi ad ospedalizzazione e decesso superiori in individui di razza nera, nativi americani ed ispanici rispetto alla razza bianca (2.47, 5.82, 3.11 rispettivamente) ed un rapporto di mortalità nel sesso maschile di 1.42 negli stranieri contro 1.28 nei nativi. Ciononostante, i soggetti appartenenti a gruppi etnici minori sembrano essere sottorappresentati negli studi vaccinali. E’ stata, peraltro, evidenziata una copertura vaccinale subottimale rispetto alla popolazione generale del paese ospitante (70.9% nella razza bianca contro 36.8% nella razza nera) ed un elevato tasso di esitazione nei confronti del vaccino contro COVID-19. Inoltre, è fortemente sentita la necessità di colmare le carenze nella valutazione dei rischi, nei dati di sorveglianza sanitaria, nell’informazione, nella formazione e 4 nell’addestramento, nonchè di migliorare l’accesso ai servizi sanitari e pianificare adeguati interventi preventivi. Il nostro lavoro fa parte del progetto europeo “Farm”, che si sviluppa nell’ambito della filiera dell’agricoltura responsabile e all’interno del Fondo Asilo, migrazione ed integrazione, e mira all’emersione di condizioni di vulnerabilità, sfruttamento e caporalato della popolazione a rischio. E’stato realizzato attraverso lo sviluppo di un approccio sperimentale innovativo, costituito da attività di outreach condivise, mediante operatori formati ed unità mobili, in grado di intercettare i destinatari a rischio sia all’interno che all’esterno del luogo di lavoro, di rilevare segni precoci di disagio e diffondere opportuni interventi di prevenzione. La sequenza delle attività progettuali è iniziata con un'analisi di contesto tramite varie fonti di intercettazione per accedere ai “casi”, i cui dati sono stati acquisiti attraverso un questionario predisposto ad hoc (97 item), che ha consentito l’analisi di indicatori sanitari e non sanitari. È stato prodotto e diffuso materiale informativo e sono state effettuate relazioni periodiche, iniziative di divulgazione e relazioni finali. La popolazione esaminata era per il 96% di sesso maschile, proveniente prevalentemente dal continente asiatico (51%); nella maggior parte dei casi (66%) la migrazione è stata motivata dalla ricerca di un lavoro. Solo il 13.21% non era in possesso di alcun titolo di istruzione, mentre il 9% aveva raggiunto la laurea o diploma universitario e l’89% conosceva la lingua italiana. Il 77% dei casi era in possesso del permesso di soggiorno. Lo stato generale di salute è apparso buono per oltre l’80% dei partecipanti, mentre il 17% di essi ha riportato una condizione di sofferenza più o meno grave. Il 51% dei rispondenti ha riferito di essere affetto da almeno una patologia, con maggior prevalenza delle patologie osteo-muscolari riferibili al rachide e agli arti superiori (32 e 17% rispettivamente). L’81,13% ha dichiarato di essere soddisfatto del lavoro svolto. Il 75% è risultato sottoposto a sorveglianza sanitaria periodica e 9 lavoratori su 10 hanno ricevuto una formazione sull’uso dei PPE. E’emerso, tuttavia, che solo il 5,66% dei lavoratori è a conoscenza del termine “caporalato”, mentre il 25% ha dichiarato di essere stato vittima di sfruttamento con conseguenze sulla salute psichica e fisica. Questo progetto rappresenta un primo passo che ha fornito un metodo utile ad acquisire una maggiore affidabilità nei dati, individuare le criticità del sistema di prevenzione, definire le priorità di intervento, anticipare e monitorare il rischio di infortunio, sviluppare e diffondere buone prassi, migliorare la percezione del rischio, identificare nuovi strumenti per la gestione delle problematiche correlate, e migliorare le conoscenze scientifiche.
Valutazione del rischio, sorveglianza sanitaria, monitoraggio biologico e promozione della salute sul luogo di lavoro: focus sulla relazione tra migranti, lavoro e salute.
Michela Baldo
;Stefano Porru
2023-01-01
Abstract
Over the last 50 years, the migratory phenomenon has progressively grown, reaching 281 million of international migrants in 2020. In the same year, 8.6 million third-country nationals were employed in the European labor market (4.6% of the total population in working age) and, in particular, migrants represented about 12% of workers. Italy hosts an estimated resident migrant population of about 5 million, which is the 8.5% of total residents. This population is recognized as one of the most vulnerable in society and frequently performs the so-called 3D jobs - dangerous, dirty, demanding / degrading. The Italian Insurer Institute (INAIL) described 564049 accident reports and 1221 fatal outcomes reports in 2021, charged by foreign workers in 18% and 15.2% of cases, respectively; considering occupational diseases, 55288 were reported in the same year, almost 8% of which charged by foreign workers. According to the National Institute of Statistics, in 2016 the incidence rate ratio of occupational accidents was higher in foreign population compared to Italians (3.3% vs 2.8%) and in 2020 it was higher in the construction sector (3.3% vs 1.9%) and in healthcare (4.5% vs 2.9%). The scientific literature reports a greater risk of injury and a significant prevalence of occupational accidents and diseases in migrant workers compared to native. Some studies, for example, reported a higher incidence rate ratio (1.57, 95% CI 1.50-1.65) and a relative risk of fatal injury of 4.4 in migrant workers compared to native workers. In the agricultural sector, especially, where the phenomenon of labor exploitation, illegal hiring and occupational damage is particularly spread, focusing the attention on finding and reporting and preventing this condition is therefore essential. Migrant workers are also particularly exposed to the risk of infection and worse clinical outcomes from Sars-Cov-2, due to different factors, such as inadequate standards of their social conditions, fewer opportunities in access the health system and the employment mainly in essential works. Some Authors report higher ORs in Blacks, Native Americans and Hispanic individuals (respectively 2.47, 5.82, 3.11) compared to the White race considering hospitalization and death and a mortality ratio of 1.42 versus 1.28 in male foreigners versus natives. Nonetheless, subjects belonging to minor ethnic groups appear to be under-represented in vaccination studies. Furthermore, a suboptimal vaccination coverage compared to the host country general population was highlighted (70.9% in White race versus 36.8% in Black race) and a high hesitation rate towards the vaccine against COVID-19 in ethnical minorities. Moreover, it is strong the need to fill the gaps in risk assessment, health surveillance data, information and training, and to improve the access to health services and plan preventive interventions. Our study is part of the European project "FARm", developed in the responsible agriculture supply chain and the Asylum, Migration and Integration Fund, aimed at the finding and reporting of conditions of vulnerability, exploitation and irregularities for the population at risk. 6 It is carried out by the development of an original experimental approach, made up of shared outreach activities, through trained operators and mobile units, allowing to intercept the addressees inside and outside the workplace, to early identify distress markers and spread health promotion interventions. The sequence of project activities started with a context analysis using various sources of interception to access the "cases", whose data were acquired through an “ad hoc” questionnaire (97 items), which allowed the analysis of sanitary and nonsanitary indicators. Information material was produced and spread and periodic reports, dissemination initiatives and final reports were carried out. The population examined was mainly composed of males (96%), especially coming from Asia (51%); in most cases (66%) the migration was motivated by the search for a job. Any educational qualification was achieved in 13.21% of subjects, while 9% earned a University Degree or Diploma; approximately 89% is familiar with Italian language. A residence permit was held in 77% of cases. The general health was good for over 80% of the participants, while 17% of them reported a condition of more or less serious sufferings. 51% of the respondents reported to be affected by at least one pathology, with a higher prevalence of osteomuscular diseases concerning spine and upper limbs (32 and 17%, respectively). 81.13% of interviewees said they were satisfied with the work performed. Periodic health surveillance was adopted in 75% of cases and 9 out of 10 workers received training about the use of PPE. It is a matter of concern that only 5.66% of the workers are aware of the term "caporalato", while 25% said they had been a victim of exploitation with consequences on mental and physical health. This project is a first step which provided a new useful method in order to acquiring more reliable data, identifying criticalities in prevention systems, characterizing intervention priorities, monitoring the risk of accidents, developing good practices, improving risk perception, identifying new tools for managing related problems, implementing scientific knowledge./ Nel corso degli ultimi decenni il fenomeno migratorio si è progressivamente intensificato e strutturato, raggiungendo i 280 milioni di migranti internazionali durante il 2020. In tale periodo, nel mercato del lavoro europeo risultavano essere occupati 8.6 milioni di cittadini di paesi terzi (4.6% del totale della popolazione in età lavorativa): i migranti rappresentavano circa il 12% dei lavoratori. Si stima che l’Italia accolga una popolazione migrante residente di circa 5 milioni di persone, ossia l’8.5% dei residenti totali. Tale popolazione rappresenta uno dei gruppi più vulnerabili della società e si trova non di rado a svolgere i cosiddetti lavori 3D (dirty, dangerous, demanding/degrading). L’Istituto Nazionale per per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro italiano (INAIL) riporta un numero pari a 564049 denunce di infortunio e 1221 denunce di infortunio fatale nel 2021, di cui, rispettivamente, circa il 18% ed il 15.2% avanzato da lavoratori stranieri; sono stati segnalati, invece, 55288 casi di malattia professionale, di cui quasi l’8% denunciato da lavoratori stranieri. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), inoltre, nel 2016 il tasso di incidenza di infortuni occupazionali è stato superiore nella popolazione straniera rispetto a quella italiana (3.3% contro 2.8%) e nel 2020 è risultato più alto in alcuni settori occupazionali (Costruzioni: 3,3% vs 1,9%; Sanità: 4.5% vs 2,9%). Anche la letteratura scientifica evidenzia un rischio di infortunio superiore ed una prevalenza significativa di malattie occupazionali nei lavoratori migranti rispetto ai nativi. Alcuni studi, ad esempio, hanno riportato un rapporto di tassi di incidenza maggiore nei lavoratori migranti rispetto ai lavoratori autoctoni (1.57, 95% IC 1.50-1.65) ed un rischio relativo di infortunio fatale pari a 4.4 nella popolazione straniera. Specialmente nel settore dell’agricoltura, dove il fenomeno del caporalato, del lavoro irregolare e dei danni causati dal lavoro sono particolarmente diffusi, diventa essenziale focalizzare l’attenzione sull’emersione e sulla prevenzione di queste condizioni. I lavoratori migranti sono, in aggiunta, particolarmente esposti al rischio di infezione e a peggiori outcome clinici da Sars-Cov-2, a causa di fattori tra cui condizioni sociali con standard spesso inadeguati, minori possibilità di accesso al sistema sanitario ed impiego in occupazioni di carattere essenziale. Alcuni Autori riportano OR relativi ad ospedalizzazione e decesso superiori in individui di razza nera, nativi americani ed ispanici rispetto alla razza bianca (2.47, 5.82, 3.11 rispettivamente) ed un rapporto di mortalità nel sesso maschile di 1.42 negli stranieri contro 1.28 nei nativi. Ciononostante, i soggetti appartenenti a gruppi etnici minori sembrano essere sottorappresentati negli studi vaccinali. E’ stata, peraltro, evidenziata una copertura vaccinale subottimale rispetto alla popolazione generale del paese ospitante (70.9% nella razza bianca contro 36.8% nella razza nera) ed un elevato tasso di esitazione nei confronti del vaccino contro COVID-19. Inoltre, è fortemente sentita la necessità di colmare le carenze nella valutazione dei rischi, nei dati di sorveglianza sanitaria, nell’informazione, nella formazione e 4 nell’addestramento, nonchè di migliorare l’accesso ai servizi sanitari e pianificare adeguati interventi preventivi. Il nostro lavoro fa parte del progetto europeo “Farm”, che si sviluppa nell’ambito della filiera dell’agricoltura responsabile e all’interno del Fondo Asilo, migrazione ed integrazione, e mira all’emersione di condizioni di vulnerabilità, sfruttamento e caporalato della popolazione a rischio. E’stato realizzato attraverso lo sviluppo di un approccio sperimentale innovativo, costituito da attività di outreach condivise, mediante operatori formati ed unità mobili, in grado di intercettare i destinatari a rischio sia all’interno che all’esterno del luogo di lavoro, di rilevare segni precoci di disagio e diffondere opportuni interventi di prevenzione. La sequenza delle attività progettuali è iniziata con un'analisi di contesto tramite varie fonti di intercettazione per accedere ai “casi”, i cui dati sono stati acquisiti attraverso un questionario predisposto ad hoc (97 item), che ha consentito l’analisi di indicatori sanitari e non sanitari. È stato prodotto e diffuso materiale informativo e sono state effettuate relazioni periodiche, iniziative di divulgazione e relazioni finali. La popolazione esaminata era per il 96% di sesso maschile, proveniente prevalentemente dal continente asiatico (51%); nella maggior parte dei casi (66%) la migrazione è stata motivata dalla ricerca di un lavoro. Solo il 13.21% non era in possesso di alcun titolo di istruzione, mentre il 9% aveva raggiunto la laurea o diploma universitario e l’89% conosceva la lingua italiana. Il 77% dei casi era in possesso del permesso di soggiorno. Lo stato generale di salute è apparso buono per oltre l’80% dei partecipanti, mentre il 17% di essi ha riportato una condizione di sofferenza più o meno grave. Il 51% dei rispondenti ha riferito di essere affetto da almeno una patologia, con maggior prevalenza delle patologie osteo-muscolari riferibili al rachide e agli arti superiori (32 e 17% rispettivamente). L’81,13% ha dichiarato di essere soddisfatto del lavoro svolto. Il 75% è risultato sottoposto a sorveglianza sanitaria periodica e 9 lavoratori su 10 hanno ricevuto una formazione sull’uso dei PPE. E’emerso, tuttavia, che solo il 5,66% dei lavoratori è a conoscenza del termine “caporalato”, mentre il 25% ha dichiarato di essere stato vittima di sfruttamento con conseguenze sulla salute psichica e fisica. Questo progetto rappresenta un primo passo che ha fornito un metodo utile ad acquisire una maggiore affidabilità nei dati, individuare le criticità del sistema di prevenzione, definire le priorità di intervento, anticipare e monitorare il rischio di infortunio, sviluppare e diffondere buone prassi, migliorare la percezione del rischio, identificare nuovi strumenti per la gestione delle problematiche correlate, e migliorare le conoscenze scientifiche.File | Dimensione | Formato | |
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