Se non è possibile rintracciare una teoria della phantasia in Omero, è invece ben possibile individuare nei poemi omerici non solo il procedimento del “porre sotto agli occhi”, ma anche quella luminosità enargica in virtù della quale tale procedimento assume proprio in Omero una particolare vividezza, al punto da rendere i poemi omerici un modello insuperabile per le epoche a venire. L'intervento si struttura in una prima parte, in cui vengono presentate alcune celebri testimonianze di autori antichi che vedono in Omero non soltanto il più grande poeta, ma anche il migliore pittore di tutti i tempi. Mi soffermo poi su Simonide, al quale viene attribuita la celebre affermazione secondo cui “la pittura è poesia silenziosa, la poesia pittura parlante”. Tale affermazione permette di comprendere in che modo la poesia vivida riesca a trasformare l’ascoltatore di una poesia in spettatore, rendendolo dunque presente a fatti, avvenimenti, idee e sensazioni che si caratterizzano invece per essere assenti, ma che grazie alla vividezza con la quale vengono rappresentati acquistano presenza e realtà. Una sezione è poi dedicata allo Scudo di Achille, e in particolar modo a un aspetto non sufficientemente valorizzato di tale descrizione, ovvero il tema della lucentezza e del bagliore che caratterizzano le varie figure scolpite da Efesto sul manufatto. Vedremo che questa stessa lucentezza è presente nelle occorrenze omeriche dell’aggettivo enargos, il quale definisce l’apparire manifesto delle divinità che si presentano agli uomini. Uomini che in alcuni casi specifici, come ad esempio nei personaggi degli eroi che combattono a Troia (e nella fattispecie nei casi Ettore, Idomeneo e Achille), sembrano derivare la loro potenza guerriera proprio da un bagliore che li rende simili al fuoco, a lampi, ad astri, se non alle stesse luminose divinità. Infine, mi soffermo su alcuni passi dai quali si evince che in Omero la luminosità non concerne solo fatti ed eventi, ma persino il modo in cui tali fatti ed eventi vengono osservati. Esiste infatti in Omero un verbo che definisce un “guardare luminoso” il quale sottende un “brillare di gioia” tipico del mondo arcaico e omerico in particolare.
Video su "Pittura parlante da Omero a Simonide: all’origine del nesso tra lucentezza enargica e ostensione ecfrastica", conferenza nell'ambito del laboratorio "Per una preistoria dell’immaginazione: da Omero ad Aristotele", Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 31 maggio 2023
Alessandro Stavru
2023-01-01
Abstract
Se non è possibile rintracciare una teoria della phantasia in Omero, è invece ben possibile individuare nei poemi omerici non solo il procedimento del “porre sotto agli occhi”, ma anche quella luminosità enargica in virtù della quale tale procedimento assume proprio in Omero una particolare vividezza, al punto da rendere i poemi omerici un modello insuperabile per le epoche a venire. L'intervento si struttura in una prima parte, in cui vengono presentate alcune celebri testimonianze di autori antichi che vedono in Omero non soltanto il più grande poeta, ma anche il migliore pittore di tutti i tempi. Mi soffermo poi su Simonide, al quale viene attribuita la celebre affermazione secondo cui “la pittura è poesia silenziosa, la poesia pittura parlante”. Tale affermazione permette di comprendere in che modo la poesia vivida riesca a trasformare l’ascoltatore di una poesia in spettatore, rendendolo dunque presente a fatti, avvenimenti, idee e sensazioni che si caratterizzano invece per essere assenti, ma che grazie alla vividezza con la quale vengono rappresentati acquistano presenza e realtà. Una sezione è poi dedicata allo Scudo di Achille, e in particolar modo a un aspetto non sufficientemente valorizzato di tale descrizione, ovvero il tema della lucentezza e del bagliore che caratterizzano le varie figure scolpite da Efesto sul manufatto. Vedremo che questa stessa lucentezza è presente nelle occorrenze omeriche dell’aggettivo enargos, il quale definisce l’apparire manifesto delle divinità che si presentano agli uomini. Uomini che in alcuni casi specifici, come ad esempio nei personaggi degli eroi che combattono a Troia (e nella fattispecie nei casi Ettore, Idomeneo e Achille), sembrano derivare la loro potenza guerriera proprio da un bagliore che li rende simili al fuoco, a lampi, ad astri, se non alle stesse luminose divinità. Infine, mi soffermo su alcuni passi dai quali si evince che in Omero la luminosità non concerne solo fatti ed eventi, ma persino il modo in cui tali fatti ed eventi vengono osservati. Esiste infatti in Omero un verbo che definisce un “guardare luminoso” il quale sottende un “brillare di gioia” tipico del mondo arcaico e omerico in particolare.File | Dimensione | Formato | |
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