Il presente volume completa un trittico dedicato all’approfondimento, in chiave Law & Humanities, della dialettica che s’instaura tra diritto e giustizia, in precedenza affrontata tanto sul piano delle pratiche dei giuristi («Rifrazioni anomale dell’idea di giustizia» – 2017) quanto con riferimento a proiezioni socio-politiche ideali, utopiche o distopiche ce fossero («Immaginare il futuro del diritto» – 2021). Tema ineludibile, e conclusivo, non poteva che essere, pertanto, il momento in cui il diritto è chiamato a realizzare la giustizia nell’esperienza, così (ri)trovando il proprio senso. Si tratta naturalmente del tema del giudizio, che costituisce alcunché di ‘tragico’, perché necessario e pure – in certo qual modo – impossibile (non del tutto all’altezza dell’essere umani). Orbene, proprio al giudizio strutturato dal diritto, inteso appunto come attività in sommo grado critica, le arti si direbbero aver dedicato la massima attenzione: ritraendolo – su carta, tela, celluloide o altro – nei più disparati tempi e contesti, frammischiando finzione e realtà, facendone fonte di riflessione, quando non di diversione, convogliandovi il senso comune oppure il gusto del paradosso. E però, a dispetto della varietà e peculiarità delle forme rappresentative, l’invenzione artistica sempre è parsa intesa a evidenziare, in chi (si appresta a) giudica(re) secondo diritto, la lacerante condizione di ‘sospensione’ tra terra e cielo, tra finito e infinito. Come d’altronde emerge nitidamente dai contributi qui raccolti.
L’arte di giudicare. Percorsi ed esperienze tra letteratura, arti e diritto
Rossi, Giovanni;Velo Dalbrenta, Daniele;Pedrazza Gorlero, Cecilia
2022-01-01
Abstract
Il presente volume completa un trittico dedicato all’approfondimento, in chiave Law & Humanities, della dialettica che s’instaura tra diritto e giustizia, in precedenza affrontata tanto sul piano delle pratiche dei giuristi («Rifrazioni anomale dell’idea di giustizia» – 2017) quanto con riferimento a proiezioni socio-politiche ideali, utopiche o distopiche ce fossero («Immaginare il futuro del diritto» – 2021). Tema ineludibile, e conclusivo, non poteva che essere, pertanto, il momento in cui il diritto è chiamato a realizzare la giustizia nell’esperienza, così (ri)trovando il proprio senso. Si tratta naturalmente del tema del giudizio, che costituisce alcunché di ‘tragico’, perché necessario e pure – in certo qual modo – impossibile (non del tutto all’altezza dell’essere umani). Orbene, proprio al giudizio strutturato dal diritto, inteso appunto come attività in sommo grado critica, le arti si direbbero aver dedicato la massima attenzione: ritraendolo – su carta, tela, celluloide o altro – nei più disparati tempi e contesti, frammischiando finzione e realtà, facendone fonte di riflessione, quando non di diversione, convogliandovi il senso comune oppure il gusto del paradosso. E però, a dispetto della varietà e peculiarità delle forme rappresentative, l’invenzione artistica sempre è parsa intesa a evidenziare, in chi (si appresta a) giudica(re) secondo diritto, la lacerante condizione di ‘sospensione’ tra terra e cielo, tra finito e infinito. Come d’altronde emerge nitidamente dai contributi qui raccolti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.