Secondo Jacques Rancière, in "The Origins of Totalitarianism" Hannah Arendt fa propria la polemica burkeana contro i diritti dell'uomo e finisce per presentarli come diritti paradossali, "tautologici" per i membri degli Stati che li riconoscono e del tutto "indisponibili" per gli esclusi dalla polis, le vittime inermi, impossibilitate ad agirli e rivendicarli. Occorre tuttavia osservare che Arendt critica la difesa burkeana dei "diritti degli inglesi" e si limita a cogliere le ragioni storiche del “solido pragmatismo” di Burke - ossia la difficoltà di tutelare i "diritti dell’uomo” in un mondo ormai organizzato in Stati nazionali, che tende a identificare gli esseri umani con i membri di tali Stati e fatica a includere nell’umanità i "non-nationals". Muovendo da questa constatazione, la critica arendtiana delle Dichiarazioni dei diritti umani pone le basi per un preliminare “diritto ad avere diritti”, la cui perdita coincide con quella di "un posto nel mondo che dia alle opinioni un peso e alle azioni un effetto". Quando afferma che la perdita di una comunità politica può davvero escluderci dall’umanità e dai diritti umani, Arendt non pensa, dunque, solo al venir meno di una posizione formalmente riconosciuta in una struttura giuridica, ma anche alla perdita, sottesa e preliminare, di una posizione praticamente riconosciuta nell’interazione sociale. Ed è in una direzione di questo tipo, assunta come antidoto alla "violenza estrema" e ai suoi effetti di desoggettivazione politica, che sembra oggi muoversi Etienne Balibar, assumendo il «diritto ad avere diritti» tra i temi che contribuiscono all’elaborazione teorica di un più ampio «diritto universale alla politica», in cui i diritti non sono proprietà possedute dagli individui ma “qualità che gli individui si conferiscono gli uni agli altri, a partire dal momento in cui istituiscono un mondo comune”. In questa prospettiva, delle chance di (ri)soggettivazione politica possono aprirsi, per gli esclusi dalla polis, in quell’intreccio di relazioni umane che precede ed eccede l’organizzazione politico-giuridica delle comunità.

Divenire soggetti. Arendt, Rancière, Balibar

Ilaria Possenti
2022-01-01

Abstract

Secondo Jacques Rancière, in "The Origins of Totalitarianism" Hannah Arendt fa propria la polemica burkeana contro i diritti dell'uomo e finisce per presentarli come diritti paradossali, "tautologici" per i membri degli Stati che li riconoscono e del tutto "indisponibili" per gli esclusi dalla polis, le vittime inermi, impossibilitate ad agirli e rivendicarli. Occorre tuttavia osservare che Arendt critica la difesa burkeana dei "diritti degli inglesi" e si limita a cogliere le ragioni storiche del “solido pragmatismo” di Burke - ossia la difficoltà di tutelare i "diritti dell’uomo” in un mondo ormai organizzato in Stati nazionali, che tende a identificare gli esseri umani con i membri di tali Stati e fatica a includere nell’umanità i "non-nationals". Muovendo da questa constatazione, la critica arendtiana delle Dichiarazioni dei diritti umani pone le basi per un preliminare “diritto ad avere diritti”, la cui perdita coincide con quella di "un posto nel mondo che dia alle opinioni un peso e alle azioni un effetto". Quando afferma che la perdita di una comunità politica può davvero escluderci dall’umanità e dai diritti umani, Arendt non pensa, dunque, solo al venir meno di una posizione formalmente riconosciuta in una struttura giuridica, ma anche alla perdita, sottesa e preliminare, di una posizione praticamente riconosciuta nell’interazione sociale. Ed è in una direzione di questo tipo, assunta come antidoto alla "violenza estrema" e ai suoi effetti di desoggettivazione politica, che sembra oggi muoversi Etienne Balibar, assumendo il «diritto ad avere diritti» tra i temi che contribuiscono all’elaborazione teorica di un più ampio «diritto universale alla politica», in cui i diritti non sono proprietà possedute dagli individui ma “qualità che gli individui si conferiscono gli uni agli altri, a partire dal momento in cui istituiscono un mondo comune”. In questa prospettiva, delle chance di (ri)soggettivazione politica possono aprirsi, per gli esclusi dalla polis, in quell’intreccio di relazioni umane che precede ed eccede l’organizzazione politico-giuridica delle comunità.
2022
9788855183079
Diritto ad avere diritti, Hannah Arendt, Jacques Rancière, Etienne Balibar
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Divenire soggetti. Arendt, Rancière, Balibar.pdf

non disponibili

Descrizione: Pubblicato con Just Accepted for Books Policy (liberamente accessibile da Dicembre 2022: https://media.fupress.com/files/pdf/53/7271/36587).
Tipologia: Versione dell'editore
Licenza: Copyright dell'editore
Dimensione 344.33 kB
Formato Adobe PDF
344.33 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/1089048
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact