Questo studio prende spunto da un’esperienza vissuta dallo scrittore francese Marie-Henri Beyle, più noto con lo pseudonimo di Stendhal, durante una visita alla Basilica di Santa Croce a Firenze, nel gennaio dell’anno 1817. Dopo aver provato una sorta di incantamento estatico alla vista delle Sibille dipinte sul soffitto della Sagrestia, fu preso da malessere fisico e disagio psicologico. L’episodio porta a riflettere sulle molteplici dinamiche che, a pensarci, suscita ogni momento della vita, sia mentre accade, sia quando è raccontato, e ciò vale anche se il fatto non si scosta molto dalle minuzie quotidiane, come è presumibile nel caso di Stendhal, tenuto conto della sua vita di grande viaggiatore, soldato nelle guerre italiane di Napoleone, diplomatico in vari paesi europei. Lo scopo è analizzare la circostanza riportata dallo scrittore francese, secondo lo sguardo medico, alla luce delle ricerche neuroscientifiche, valutandone la corrispondenza di argomenti con quelli esposti da Kant in due opere, una della giovinezza e una della maturità. Il lavoro si compone di due parti: la prima racconta l’episodio, presenta la valutazione medica che negli anni ne è seguita e le dinamiche bio-psicologiche che lo caratterizzano, ponendo in risalto la relazione che si instaura tra la mente e il corpo e fornendone una narrazione estetica; la seconda è dedicata alla teoresi kantiana del cosiddetto embodiment, che si consolida con forza durante l’esperienza del sublime, così come descritto nella Critica del giudizio. Si espongono alcune riflessioni tratte dalla giovanile Storia generale della natura e teoria del cielo, che, per la presenza di ampi passi poetici scelti e teorizzati da Kant, per certi aspetti, prepara alla disquisizione contenuta nella terza Critica. Successivamente, viene ripresa la descrizione kantiana delle dinamiche gnoseologiche che intervengono a portare consapevolezza estetica/estatica del sentimento sublime e si evidenzia quanto queste siano collegate con la citata narrazione di Stendhal e con un’altra che questi scriverà all’indomani dell’incendio della Basilica di San Paolo Fuori le Mura a Roma. Le riflessioni proposte, pur collocandosi in un tempo passato, sono a nostro avviso ancora attuali e aperte al futuro, perché pongono in evidenza che le intuizioni kantiane, confermate dalla ricerca neurobiopsichica, possono essere utili per chiarire episodi di embodiment come il fatto narrato dallo scrittore francese.

Kant e Stendhal. Riflessioni sul legame tra mente e corpo

Lucia Procuranti
;
2022-01-01

Abstract

Questo studio prende spunto da un’esperienza vissuta dallo scrittore francese Marie-Henri Beyle, più noto con lo pseudonimo di Stendhal, durante una visita alla Basilica di Santa Croce a Firenze, nel gennaio dell’anno 1817. Dopo aver provato una sorta di incantamento estatico alla vista delle Sibille dipinte sul soffitto della Sagrestia, fu preso da malessere fisico e disagio psicologico. L’episodio porta a riflettere sulle molteplici dinamiche che, a pensarci, suscita ogni momento della vita, sia mentre accade, sia quando è raccontato, e ciò vale anche se il fatto non si scosta molto dalle minuzie quotidiane, come è presumibile nel caso di Stendhal, tenuto conto della sua vita di grande viaggiatore, soldato nelle guerre italiane di Napoleone, diplomatico in vari paesi europei. Lo scopo è analizzare la circostanza riportata dallo scrittore francese, secondo lo sguardo medico, alla luce delle ricerche neuroscientifiche, valutandone la corrispondenza di argomenti con quelli esposti da Kant in due opere, una della giovinezza e una della maturità. Il lavoro si compone di due parti: la prima racconta l’episodio, presenta la valutazione medica che negli anni ne è seguita e le dinamiche bio-psicologiche che lo caratterizzano, ponendo in risalto la relazione che si instaura tra la mente e il corpo e fornendone una narrazione estetica; la seconda è dedicata alla teoresi kantiana del cosiddetto embodiment, che si consolida con forza durante l’esperienza del sublime, così come descritto nella Critica del giudizio. Si espongono alcune riflessioni tratte dalla giovanile Storia generale della natura e teoria del cielo, che, per la presenza di ampi passi poetici scelti e teorizzati da Kant, per certi aspetti, prepara alla disquisizione contenuta nella terza Critica. Successivamente, viene ripresa la descrizione kantiana delle dinamiche gnoseologiche che intervengono a portare consapevolezza estetica/estatica del sentimento sublime e si evidenzia quanto queste siano collegate con la citata narrazione di Stendhal e con un’altra che questi scriverà all’indomani dell’incendio della Basilica di San Paolo Fuori le Mura a Roma. Le riflessioni proposte, pur collocandosi in un tempo passato, sono a nostro avviso ancora attuali e aperte al futuro, perché pongono in evidenza che le intuizioni kantiane, confermate dalla ricerca neurobiopsichica, possono essere utili per chiarire episodi di embodiment come il fatto narrato dallo scrittore francese.
2022
9788864647005
mente, corpo, bello, sublime, estetica, neurobiologia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/1079106
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