Il lavoro di tesi, incentrato sulla tragedia Sofonisba del Trissino, si suddivide in tre parti principali: 1. una Nota introduttiva nella quale si contestualizza l’opera nel più ampio panorama storico-letterario in cui si colloca per poi darne una lettura critica; 2. una Nota filologica comprensiva di una parte di recensio e storia editoriale, l’altra dedicata a stabilire principî e criterî del lavoro ecdotico; 3. il testo critico. Nella Nota introduttiva, a partire da un breve excursus sulla storia del teatro italiano si delineano quei tratti che portarono, con la fine dell’Umanesimo e l’inizio del Rinascimento, all’avvento del teatro regolare cinquecentesco. Individuata così la relazione tra il potere politico della Corte e l’arte drammatica, gli albori del teatro comico regolare sono fatti convenzionalmente risalire ai volgarizzamenti delle commedie erudite plautino-terenziane commissionati dal duca Ercole I nella Ferrara del tardo Quattrocento, i quali gettarono le basi per un confronto con la tradizione del teatro latino che di lì a poco avrebbe coinvolto anche la produzione di opere nuove in volgare da parte di autori come l’Ariosto. Così, esaminando la rielaborazione dei modelli classici e riflettendo sulle modalità del loro reimpiego letterario attraverso l’analisi dei prologhi dei testi più importanti  fra gli altri la Cassaria e i Suppositi  si delinea un quadro del debito complessivo fra il teatro comico regolare e la tradizione classica contraddistinto dall’adesione alla struttura dei modelli latini, particolarmente negli elementi costitutivi del testo (metrica, temi, personaggi, schemi narrativi) e il loro conformarsi alla lingua e alla letteratura in volgare. Constatato che per il genere comico tale processo imitativo si era già innescato nel secondo quarto del XV secolo con le commedie umanistiche, si sottolinea come al contrario il genere tragico non vide l’affermarsi di una precedente tradizione di opere volgarizzate che portò a interrogarsi sul reimpiego dei rispettivi modelli letterarî greci, bensì una produzione di tragedie, tutte in lingua latina, ispirate perlopiù a episodi di storia o cronaca contemporanea. Pertanto, il passaggio diretto da queste opere alla Sofonisba (Roma: Arrighi 1524), prima tragedia regolare della letteratura italiana, diventa ancora più significativo e per comprendere la portata dell’esperimento trissiniano si imposta l’analisi letteraria a partire dalla dedicatoria dell’opera, incentrandola sul rapporto che intercorre tra il genere tragico e il suo testo normativo, la Poetica di Aristotele; il tentativo è quello di dimostrare attraverso l’esame delle componenti strutturali della tragedia come a quell’altezza cronologica il dettato aristotelico fosse già noto non solo nei punti principali, ma anche nelle sue parti specifiche, la cui conoscenza è invece comunemente fatta risalire all’ultimo quarto del secolo. Grazie alla disamina della dedicatoria e dell’interpretazione trissiniana della Poetica contenuta nella Quinta e Sesta divisione della Poetica (Venezia: Arrivabene 1562) si arriva infine a proporre una lettura della Sofonisba che tenta di mettere in luce le ragioni del suo parziale insuccesso, sottolineandone al contempo l’importanza nel panorama storico-letterario italiano per essere la prima lettura del dettato aristotelico che, pur con minime varianti, rimarrà stabile per tutto il Cinquecento fornendo le basi al classicismo letterario che di lì a poco si affermerà attraverso le opere fondanti di Pietro Bembo (le Rime e le Prose). Dato l’inquadramento della Sofonisba nelle sue coordinate storiche e letterarie, la Nota filologica parte dalla recensio dei testimoni che tramandano l’opera stabilendo l’importanza di due nuclei principali di edizioni a stampa d’autore, quelle uscite rispettivamente dall’officina di Ludovico degli Arrighi (Roma 1524) e Tolomeo Ianiuclo (Vicenza 1529). La successiva indagine bibliologica risolve l’enigma dello pseudonimo che copre l’operato dello stampatore vicentino, per il quale in passato era stata avanzata la proposta di identificazione col tipografo bresciano Bartolomeo Zanetti, proposta che questo lavoro di tesi rifiuta per sostenere quella di un altro bresciano, Valerio Dorico. Individuate quindi le due edizioni più autorevoli si passa all’analisi dell’evoluzione della volontà d’autore nel passaggio Arrighi Ianiculo e particolarmente delle idee linguistiche del Trissino grazie al confronto con le opere normative uscite sempre nel '29 per i tipi dello Ianiculo (in particolare La Grammatichetta e i Dubbi grammaticali); in questo modo si stabilisce che l’edizione vicentina della Sofonisba rappresenta l’ultima volontà trissiniana sia in termini sostanziali che formali, costituendo pertanto la base del testo critico. In conclusione, viene individuata la sequenza degli stati di stampa attraverso la collazione di ventidue copie Ianiculo al fine di ricostruire l’esemplare ideale; a partire da quest’ultimo sono quindi fissati i complessi criterî editoriali che tengono in debito conto delle specifiche difficoltà del lavoro tipografico nell’impiego dell’alfabeto trissiniano e delle idee linguistiche dell’autore. Segue il testo critico.

La Sophonisba di Giovan Giorgio Trissino. Edizione critica e introduzione storico-letteraria

Diego Perotti
2022-01-01

Abstract

Il lavoro di tesi, incentrato sulla tragedia Sofonisba del Trissino, si suddivide in tre parti principali: 1. una Nota introduttiva nella quale si contestualizza l’opera nel più ampio panorama storico-letterario in cui si colloca per poi darne una lettura critica; 2. una Nota filologica comprensiva di una parte di recensio e storia editoriale, l’altra dedicata a stabilire principî e criterî del lavoro ecdotico; 3. il testo critico. Nella Nota introduttiva, a partire da un breve excursus sulla storia del teatro italiano si delineano quei tratti che portarono, con la fine dell’Umanesimo e l’inizio del Rinascimento, all’avvento del teatro regolare cinquecentesco. Individuata così la relazione tra il potere politico della Corte e l’arte drammatica, gli albori del teatro comico regolare sono fatti convenzionalmente risalire ai volgarizzamenti delle commedie erudite plautino-terenziane commissionati dal duca Ercole I nella Ferrara del tardo Quattrocento, i quali gettarono le basi per un confronto con la tradizione del teatro latino che di lì a poco avrebbe coinvolto anche la produzione di opere nuove in volgare da parte di autori come l’Ariosto. Così, esaminando la rielaborazione dei modelli classici e riflettendo sulle modalità del loro reimpiego letterario attraverso l’analisi dei prologhi dei testi più importanti  fra gli altri la Cassaria e i Suppositi  si delinea un quadro del debito complessivo fra il teatro comico regolare e la tradizione classica contraddistinto dall’adesione alla struttura dei modelli latini, particolarmente negli elementi costitutivi del testo (metrica, temi, personaggi, schemi narrativi) e il loro conformarsi alla lingua e alla letteratura in volgare. Constatato che per il genere comico tale processo imitativo si era già innescato nel secondo quarto del XV secolo con le commedie umanistiche, si sottolinea come al contrario il genere tragico non vide l’affermarsi di una precedente tradizione di opere volgarizzate che portò a interrogarsi sul reimpiego dei rispettivi modelli letterarî greci, bensì una produzione di tragedie, tutte in lingua latina, ispirate perlopiù a episodi di storia o cronaca contemporanea. Pertanto, il passaggio diretto da queste opere alla Sofonisba (Roma: Arrighi 1524), prima tragedia regolare della letteratura italiana, diventa ancora più significativo e per comprendere la portata dell’esperimento trissiniano si imposta l’analisi letteraria a partire dalla dedicatoria dell’opera, incentrandola sul rapporto che intercorre tra il genere tragico e il suo testo normativo, la Poetica di Aristotele; il tentativo è quello di dimostrare attraverso l’esame delle componenti strutturali della tragedia come a quell’altezza cronologica il dettato aristotelico fosse già noto non solo nei punti principali, ma anche nelle sue parti specifiche, la cui conoscenza è invece comunemente fatta risalire all’ultimo quarto del secolo. Grazie alla disamina della dedicatoria e dell’interpretazione trissiniana della Poetica contenuta nella Quinta e Sesta divisione della Poetica (Venezia: Arrivabene 1562) si arriva infine a proporre una lettura della Sofonisba che tenta di mettere in luce le ragioni del suo parziale insuccesso, sottolineandone al contempo l’importanza nel panorama storico-letterario italiano per essere la prima lettura del dettato aristotelico che, pur con minime varianti, rimarrà stabile per tutto il Cinquecento fornendo le basi al classicismo letterario che di lì a poco si affermerà attraverso le opere fondanti di Pietro Bembo (le Rime e le Prose). Dato l’inquadramento della Sofonisba nelle sue coordinate storiche e letterarie, la Nota filologica parte dalla recensio dei testimoni che tramandano l’opera stabilendo l’importanza di due nuclei principali di edizioni a stampa d’autore, quelle uscite rispettivamente dall’officina di Ludovico degli Arrighi (Roma 1524) e Tolomeo Ianiuclo (Vicenza 1529). La successiva indagine bibliologica risolve l’enigma dello pseudonimo che copre l’operato dello stampatore vicentino, per il quale in passato era stata avanzata la proposta di identificazione col tipografo bresciano Bartolomeo Zanetti, proposta che questo lavoro di tesi rifiuta per sostenere quella di un altro bresciano, Valerio Dorico. Individuate quindi le due edizioni più autorevoli si passa all’analisi dell’evoluzione della volontà d’autore nel passaggio Arrighi Ianiculo e particolarmente delle idee linguistiche del Trissino grazie al confronto con le opere normative uscite sempre nel '29 per i tipi dello Ianiculo (in particolare La Grammatichetta e i Dubbi grammaticali); in questo modo si stabilisce che l’edizione vicentina della Sofonisba rappresenta l’ultima volontà trissiniana sia in termini sostanziali che formali, costituendo pertanto la base del testo critico. In conclusione, viene individuata la sequenza degli stati di stampa attraverso la collazione di ventidue copie Ianiculo al fine di ricostruire l’esemplare ideale; a partire da quest’ultimo sono quindi fissati i complessi criterî editoriali che tengono in debito conto delle specifiche difficoltà del lavoro tipografico nell’impiego dell’alfabeto trissiniano e delle idee linguistiche dell’autore. Segue il testo critico.
2022
Trissino, Rinascimento, Letteratura italiana, Classicismo letterario, Teatro italiano, Tragedia, Teoria della letteratura, Poetica
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Descrizione: tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/1067925
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