I tempi d’attesa sono un punto critico dei moderni sistemi sanitari (1). In tutti i principali Paesi dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sono state sviluppate politiche più o meno efficaci per ridurli (2) perché, oltre a produrre insoddisfazione, un’attesa eccessiva rispetto al momento dell’espressione della domanda può comportare un deterioramento della salute delle persone (3) o una minor efficacia delle cure (4). D’altra parte, i tempi di attesa sono ineliminabili perché agiscono come strumento di razionamento della domanda nei sistemi a prevalente finanziamento pubblico, come quello italiano, dove l’assenza o l’uso limitato di prezzi per l’utilizzo dei servizi sanitari genera sempre un eccesso di domanda (5). Per fronteggiare questo squilibrio esistono anche altri strumenti, quali per esempio l’introduzione di una compartecipazione alla spesa (es. il cosiddetto “ticket sanitario”) o politiche di razionamento esplicito che fissano limiti quantitativi all’accesso alle prestazioni garantite (6). Le liste di attesa costituiscono una forma di razionamento implicito, perché non impediscono la fruizione delle prestazioni sanitarie, ma semplicemente le rimandano nel tempo, rischiando così di abbassare il beneficio atteso (5). È necessario, peraltro, che questo modo di regolare l’accesso alle prestazioni non intacchi il principio dell’equità, principio fondamentale nei sistemi universalistici come quello italiano. Ne consegue che l’unico motivo per graduare l’attesa debba essere l’urgenza del bisogno (5-7). Ogni altro motivo di disparità (età, reddito, istruzione e così via) dovrebbe essere eliminato perché viola il principio dell’equità di accesso.
Condizioni socio-economiche e tempi di attesa in Italia: analisi empirica
LANDI STEFANO;
2016-01-01
Abstract
I tempi d’attesa sono un punto critico dei moderni sistemi sanitari (1). In tutti i principali Paesi dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sono state sviluppate politiche più o meno efficaci per ridurli (2) perché, oltre a produrre insoddisfazione, un’attesa eccessiva rispetto al momento dell’espressione della domanda può comportare un deterioramento della salute delle persone (3) o una minor efficacia delle cure (4). D’altra parte, i tempi di attesa sono ineliminabili perché agiscono come strumento di razionamento della domanda nei sistemi a prevalente finanziamento pubblico, come quello italiano, dove l’assenza o l’uso limitato di prezzi per l’utilizzo dei servizi sanitari genera sempre un eccesso di domanda (5). Per fronteggiare questo squilibrio esistono anche altri strumenti, quali per esempio l’introduzione di una compartecipazione alla spesa (es. il cosiddetto “ticket sanitario”) o politiche di razionamento esplicito che fissano limiti quantitativi all’accesso alle prestazioni garantite (6). Le liste di attesa costituiscono una forma di razionamento implicito, perché non impediscono la fruizione delle prestazioni sanitarie, ma semplicemente le rimandano nel tempo, rischiando così di abbassare il beneficio atteso (5). È necessario, peraltro, che questo modo di regolare l’accesso alle prestazioni non intacchi il principio dell’equità, principio fondamentale nei sistemi universalistici come quello italiano. Ne consegue che l’unico motivo per graduare l’attesa debba essere l’urgenza del bisogno (5-7). Ogni altro motivo di disparità (età, reddito, istruzione e così via) dovrebbe essere eliminato perché viola il principio dell’equità di accesso.File | Dimensione | Formato | |
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