Il contributo analizza la fattispecie del licenziamento illegittimo del lavoratore inidoneo, tracciando una linea interpretativa che trova il proprio perno nel coordinamento con il diritto antidiscriminatorio di matrice europea. La riflessione non può che partire da un rilievo: l’art. 18 St. lav., al comma 7, contempla espressamente l’ipotesi di illegittimità del licenziamento per difetto di giustificazione «per motivo oggettivo consistente nella inidoneità fisica o psichica del lavoratore», prevedendo l’applicazione di una tutela reintegrazione attenuata; diversamente il d.lgs. 23/15, che regola il regime sanzionatorio per i rapporti costituitisi dopo il 6 marzo 2015, non fa alcun riferimento testuale all’inidoneità, disciplinando invece l’ipotesi relativa al difetto di giustificazione «per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore» (così ai sensi dell’art. 2, ultimo comma), per cui dispone l’applicazione di un regime reintegratorio pieno. Le ragioni che spiegano la scelta del legislatore storico e la conseguente differenza tra i due corpus normativi sono presto dette. Nel più ampio contesto di riforma della disposizione statutaria, la volontà era quella di sottrarre integralmente una fattispecie ascrivibile all’ambito del giustificato motivo oggettivo dall’area della tutela indennitaria (forte). Nel contesto di riscrittura della disciplina operata dal legislatore del Jobs Act, la differenza consegue all’accoglimento di quanto proposto nel parere obbligatorio del Senato. Se, infatti, il testo originario era sostanzialmente in linea con quanto già previsto nell’art. 18 St. lav. riformato, nel parere si contestava l’ambiguità della formulazione e si rilevava come la legge-delega non avesse fatto un esplicito riferimento all’ipotesi in esame, richiedendo invece di limitare il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato. Si concludeva, pertanto, affermando che la norma dovesse riferirsi solo alla discriminazione di disabili certificati e, per questo motivo, meritasse una formulazione e collocazione diversa, coerente con la disciplina dei licenziamenti discriminatori. Seguendo questa indicazione, il termine “inidoneità” veniva, quindi, sostituito con “disabilità” e la fattispecie era spostata dal regime di reintegrazione attenuata a quello di reintegrazione piena. La tesi che si vuole sostenere in questo contributo è che, a prescindere dalle differenze tra i due corpus normativi, la fattispecie del licenziamento illegittimo del lavoratore inidoneo può comunque seguire una prospettiva di inquadramento comune, derivante dall’incidenza del diritto antidiscriminatorio e dall’inevitabile attrazione che essa può subire al suo interno . L’impatto di tale sistema normativo di matrice europea implica non solo una traduzione della fattispecie secondo la sua specifica grammatica, anzitutto per quanto riguarda l’individuazione dei fatti costitutivi e impeditivi. Implica altresì determinate conseguenze per quanto riguarda il regime di tutela applicabile.
Il licenziamento illegittimo del lavoratore inidoneo/disabile alla luce del diritto antidiscriminatorio
Marco Peruzzi
2020-01-01
Abstract
Il contributo analizza la fattispecie del licenziamento illegittimo del lavoratore inidoneo, tracciando una linea interpretativa che trova il proprio perno nel coordinamento con il diritto antidiscriminatorio di matrice europea. La riflessione non può che partire da un rilievo: l’art. 18 St. lav., al comma 7, contempla espressamente l’ipotesi di illegittimità del licenziamento per difetto di giustificazione «per motivo oggettivo consistente nella inidoneità fisica o psichica del lavoratore», prevedendo l’applicazione di una tutela reintegrazione attenuata; diversamente il d.lgs. 23/15, che regola il regime sanzionatorio per i rapporti costituitisi dopo il 6 marzo 2015, non fa alcun riferimento testuale all’inidoneità, disciplinando invece l’ipotesi relativa al difetto di giustificazione «per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore» (così ai sensi dell’art. 2, ultimo comma), per cui dispone l’applicazione di un regime reintegratorio pieno. Le ragioni che spiegano la scelta del legislatore storico e la conseguente differenza tra i due corpus normativi sono presto dette. Nel più ampio contesto di riforma della disposizione statutaria, la volontà era quella di sottrarre integralmente una fattispecie ascrivibile all’ambito del giustificato motivo oggettivo dall’area della tutela indennitaria (forte). Nel contesto di riscrittura della disciplina operata dal legislatore del Jobs Act, la differenza consegue all’accoglimento di quanto proposto nel parere obbligatorio del Senato. Se, infatti, il testo originario era sostanzialmente in linea con quanto già previsto nell’art. 18 St. lav. riformato, nel parere si contestava l’ambiguità della formulazione e si rilevava come la legge-delega non avesse fatto un esplicito riferimento all’ipotesi in esame, richiedendo invece di limitare il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato. Si concludeva, pertanto, affermando che la norma dovesse riferirsi solo alla discriminazione di disabili certificati e, per questo motivo, meritasse una formulazione e collocazione diversa, coerente con la disciplina dei licenziamenti discriminatori. Seguendo questa indicazione, il termine “inidoneità” veniva, quindi, sostituito con “disabilità” e la fattispecie era spostata dal regime di reintegrazione attenuata a quello di reintegrazione piena. La tesi che si vuole sostenere in questo contributo è che, a prescindere dalle differenze tra i due corpus normativi, la fattispecie del licenziamento illegittimo del lavoratore inidoneo può comunque seguire una prospettiva di inquadramento comune, derivante dall’incidenza del diritto antidiscriminatorio e dall’inevitabile attrazione che essa può subire al suo interno . L’impatto di tale sistema normativo di matrice europea implica non solo una traduzione della fattispecie secondo la sua specifica grammatica, anzitutto per quanto riguarda l’individuazione dei fatti costitutivi e impeditivi. Implica altresì determinate conseguenze per quanto riguarda il regime di tutela applicabile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.