«La ragione dell’infliggere una pena ci sfugge allo stesso modo in cui ci sfugge la ragione del vivere», a detta di Pedro Dorado Montero. Se così fosse, pur affidata – nel corso della storia – a varie teorie di giustificazione, la pena parrebbe piuttosto avvicinarsi a una consuetudine, trovando la propria ‘misteriosa’ origine nella stessa condizione umana più che in specifiche forme di civilizzazione. Peraltro, dacché nell’Occidente moderno è venuta emergendo, a partire – grossomodo – dalla seconda metà del XVI secolo, una particolare tipologia di pena, la pena carceraria, in capo a poco tutto è parso mutare. Diffusasi pressoché ovunque, per via del suo garantire – all’apparenza – un efficace controllo sociale non disgiunto dalla ‘giusta’ proporzione nella reazione punitiva e dal rispetto, entro certi limiti, della dignità umana (se non altro nel preservare la vita del condannato), la pena carceraria venne presto considerata la pena per antonomasia: paradigma di razionalizzazione delle precedenti prassi detentive, essa parve dapprincipio consentire di soppiantare senza eccessivi rimpianti le tipologie di pena in precedenza prevalenti (gradualmente abbandonate, marginalizzate, o – in qualche modo – inglobate). Questo il quadro generale, ancora agli inizi del Novecento. A tre secoli dall’affermazione della pena carceraria, però, in quello stesso Occidente che ne ha costituito la ‘culla’ se ne deve constatare il sostanziale fallimento: in prosieguo di tempo ne sono stati infatti revocati in dubbio pressoché tutti i pretesi benefici che ne avevano determinato l’affermazione, e ormai si levano più alte e numerose le voci che ne propugnano il drastico ridimensionamento, o addirittura il deciso abbandono, che non quelle rimaste a suo sostegno – perlomeno così com’è. Pertanto, oggi più che mai sembra legittimo chiedersi se la pena carceraria è destinata a scomparire, se non altro là dove appunto è nata, oppure se anche per essa si sta preparando – o si può concepire, progettare, sperare (?) – un nuovo avvenire.

Tempo al tempo. A proposito del declino della pena carceraria nell'Occidente contemporaneo

Daniele Velo Dalbrenta
2020-01-01

Abstract

«La ragione dell’infliggere una pena ci sfugge allo stesso modo in cui ci sfugge la ragione del vivere», a detta di Pedro Dorado Montero. Se così fosse, pur affidata – nel corso della storia – a varie teorie di giustificazione, la pena parrebbe piuttosto avvicinarsi a una consuetudine, trovando la propria ‘misteriosa’ origine nella stessa condizione umana più che in specifiche forme di civilizzazione. Peraltro, dacché nell’Occidente moderno è venuta emergendo, a partire – grossomodo – dalla seconda metà del XVI secolo, una particolare tipologia di pena, la pena carceraria, in capo a poco tutto è parso mutare. Diffusasi pressoché ovunque, per via del suo garantire – all’apparenza – un efficace controllo sociale non disgiunto dalla ‘giusta’ proporzione nella reazione punitiva e dal rispetto, entro certi limiti, della dignità umana (se non altro nel preservare la vita del condannato), la pena carceraria venne presto considerata la pena per antonomasia: paradigma di razionalizzazione delle precedenti prassi detentive, essa parve dapprincipio consentire di soppiantare senza eccessivi rimpianti le tipologie di pena in precedenza prevalenti (gradualmente abbandonate, marginalizzate, o – in qualche modo – inglobate). Questo il quadro generale, ancora agli inizi del Novecento. A tre secoli dall’affermazione della pena carceraria, però, in quello stesso Occidente che ne ha costituito la ‘culla’ se ne deve constatare il sostanziale fallimento: in prosieguo di tempo ne sono stati infatti revocati in dubbio pressoché tutti i pretesi benefici che ne avevano determinato l’affermazione, e ormai si levano più alte e numerose le voci che ne propugnano il drastico ridimensionamento, o addirittura il deciso abbandono, che non quelle rimaste a suo sostegno – perlomeno così com’è. Pertanto, oggi più che mai sembra legittimo chiedersi se la pena carceraria è destinata a scomparire, se non altro là dove appunto è nata, oppure se anche per essa si sta preparando – o si può concepire, progettare, sperare (?) – un nuovo avvenire.
2020
978-88-13-378202
PENA, CARCERE, CONTROLLO SOCIALE
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/1029083
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