La premessa da cui parto in questo contributo è che una parte dell’antropologia filosofica del Novecento, nella misura in cui prende forma attorno al concetto di eccedenza, possa essere letta al di fuori del paradigma immunitario. In questa prospettiva l’antropologia filosofica, invece di ruotare attorno al primato dell’umano, può offrire una riflessione su di una forma di “superamento” dell’umano alternativo a quello ipotizzato dalle diverse forme di postumanismo: non un mutamento tecnologico, ma una trasformazione relativa alla forma mentis. Questa “seconda via”, che oggi è oscurata dalle aspettative in ambito tecnologico, è sempre esistita in numerose tradizioni religiose e filosofiche. La tesi che qui mi propongo di sviluppare è che questa “seconda via” di trasformazione si avvalga di particolari pratiche di emotional sharing di tipo non semplicemente cooperativo ma solidaristico. Per argomentare tale tesi analizzo in particolare l’origine del concetto di emotional sharing in ambito filosofico e i suoi sviluppi nell’ambito della psicologia dello sviluppo facendo riferimento in particolare alle opere del fenomenologo tedesco Max Scheler (1874-1928) e dello psicologo statunitense Michael Tomasello. Mentre Tomasello individua, all’origine della differenza fra lo sviluppo cognitivo umano e quello dello scimpanzé, pratiche di emotional sharing che seguono una logica di tipo cooperativo, Scheler caratterizza l’animale umano in base a un concetto più complesso di solidarietà, implicante il momento etico della capacità di trascendere il proprio punto di vista autoreferenziale.
Per un'antropologia filosofica dell'emotional sharing
guido cusinato
2020-01-01
Abstract
La premessa da cui parto in questo contributo è che una parte dell’antropologia filosofica del Novecento, nella misura in cui prende forma attorno al concetto di eccedenza, possa essere letta al di fuori del paradigma immunitario. In questa prospettiva l’antropologia filosofica, invece di ruotare attorno al primato dell’umano, può offrire una riflessione su di una forma di “superamento” dell’umano alternativo a quello ipotizzato dalle diverse forme di postumanismo: non un mutamento tecnologico, ma una trasformazione relativa alla forma mentis. Questa “seconda via”, che oggi è oscurata dalle aspettative in ambito tecnologico, è sempre esistita in numerose tradizioni religiose e filosofiche. La tesi che qui mi propongo di sviluppare è che questa “seconda via” di trasformazione si avvalga di particolari pratiche di emotional sharing di tipo non semplicemente cooperativo ma solidaristico. Per argomentare tale tesi analizzo in particolare l’origine del concetto di emotional sharing in ambito filosofico e i suoi sviluppi nell’ambito della psicologia dello sviluppo facendo riferimento in particolare alle opere del fenomenologo tedesco Max Scheler (1874-1928) e dello psicologo statunitense Michael Tomasello. Mentre Tomasello individua, all’origine della differenza fra lo sviluppo cognitivo umano e quello dello scimpanzé, pratiche di emotional sharing che seguono una logica di tipo cooperativo, Scheler caratterizza l’animale umano in base a un concetto più complesso di solidarietà, implicante il momento etico della capacità di trascendere il proprio punto di vista autoreferenziale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.