Il contributo esamina i riflessi penali delle relativamente recenti riforme del diritto tributario ed in particolare dell’introduzione di una specifica definizione e disciplina normativa dell’abuso del diritto ad opera del d.lgs. 5 agosto 2015, n. 128, in forza della quale le condotte di “elusione” di norme tributarie per conseguire indebiti vantaggi fiscali mantengono carattere di illegittimità solo sotto il profilo fiscale ed amministrativo, ma sono dichiarate espressamente “non punibili”, in contrasto con quella che era stata l’interpretazione giurisprudenziale degli ultimi anni (pur aspramente criticata dalla dottrina prevalente), che le aveva ricondotte alle fattispecie di dichiarazione infedele o di omessa dichiarazione, sulla base di esigenze di tutela affermate anche in sede europea. In parziale dissenso con i primi orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità e dalla dottrina, l’A. sostiene – anche alla luce della coeva revisione delle fattispecie penali tributarie, portata dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 – che non si tratta tuttavia di abolitio criminis, seppur parziale, ex art. 2, comma 2 c.p., non essendovi stata alcuna abrogazione di norme incriminatrici, ma di una lex mitior che certamente incide sulla prassi giurisprudenziale, ponendo opportunamente fine all’interpretazione pregressa, ma tramite una causa di non punibilità che non ha effetti sulle pronunce di condanna già passate in giudicato.
RIFLESSI PENALI DELLE RECENTI RIFORME SULL'ABUSO DEL DIRITTO IN CAMPO TRIBUTARIO
PICOTTI L
2017-01-01
Abstract
Il contributo esamina i riflessi penali delle relativamente recenti riforme del diritto tributario ed in particolare dell’introduzione di una specifica definizione e disciplina normativa dell’abuso del diritto ad opera del d.lgs. 5 agosto 2015, n. 128, in forza della quale le condotte di “elusione” di norme tributarie per conseguire indebiti vantaggi fiscali mantengono carattere di illegittimità solo sotto il profilo fiscale ed amministrativo, ma sono dichiarate espressamente “non punibili”, in contrasto con quella che era stata l’interpretazione giurisprudenziale degli ultimi anni (pur aspramente criticata dalla dottrina prevalente), che le aveva ricondotte alle fattispecie di dichiarazione infedele o di omessa dichiarazione, sulla base di esigenze di tutela affermate anche in sede europea. In parziale dissenso con i primi orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità e dalla dottrina, l’A. sostiene – anche alla luce della coeva revisione delle fattispecie penali tributarie, portata dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 – che non si tratta tuttavia di abolitio criminis, seppur parziale, ex art. 2, comma 2 c.p., non essendovi stata alcuna abrogazione di norme incriminatrici, ma di una lex mitior che certamente incide sulla prassi giurisprudenziale, ponendo opportunamente fine all’interpretazione pregressa, ma tramite una causa di non punibilità che non ha effetti sulle pronunce di condanna già passate in giudicato.File | Dimensione | Formato | |
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