Questa tesi tratta le riconfigurazioni attuali delle pratiche femministe in Italia grazie alla presenza di donne che interrogano e trasformano queste pratiche a partire da visioni postcoloniali e da sessualità non eteronormate. Questi “soggetti eccentrici” secondo la definizione di Teresa de Lauretis, scardinano ogni dinamica di opposizione ideologica e mettono in questione le dicotomie e le polarizzazioni proprie della modernità.Yuderkis Espinosa afferma che il sistema binario oppressivo contro il quale lottiamo è il risultato della violenza e della colonizzazione ; sottrarsi implica fuggire i meccanismi stessi della neocolonizzazione economica, politica e culturale. Solo a partire dalla memoria della violenza che ha imposto i binarismi (lesbica vs eterosessuale, migrante vs nativa, musulmana vs atea, lesbica vs migrante etc.) è possibile creare delle nuove configurazioni identitarie. Le donne impegnate politicamente contro il razzismo e l’omofobia vivono su linee di fuga dei processi di divenire che le conducono a trovare un posizionamento politico ed esistenziale nelle loro genealogie simboliche e reale, e da qui, nella storia collettiva. Nei movimenti sociali contemporanei si incontrano delle soggettività di donne in divenire che eccedono e danno nuova forma alle categorie esistenti, trasgrediscono e debordano le frontiere normative, sessuali, culturali, linguistiche e geografiche, non identificandosi nè in una sola comunità né in un solo “mondo”. Questa etnografia si propone di indagare le pratiche, le rappresentazioni e le narrazioni dei soggetti eccentrici impegnati nei movimenti antirazzisti, femministi e antiomofobi a Palermo, il capoluogo dell’isola più a Sud d’Italia (la Sicilia) e mio luogo di nascita, e a Verona (città a Nord-est d’Italia). La ricerca è durata sei anni, tra 2009 e 2015, di cui due e mezzo di campo. La tesi si compone di cinque capitoli. Nel primo espongo il lavoro metodologico, l’anatomia del metodo, e in particolare rendo conto del moi posizionamento di ricercatrice e del processo di elaborazione del progetto di dottorato. Grazie a un lavoro auto etnografico, ho oggettivato la mia storia, il mio impegno femminista, le mie origini siciliane e i miei spostamenti verso il Nord dell’Europa (Parigi) e dell’Italia (Verona), da cui nascono le principali questioni della ricerca. Si profila un’etnografia terrona (parola peggiorativa impiegata al Nord Italia per indicare i meridionali emigrati), una pratica di ricerca che riconosce le origini e il posizionamento della ricercatrice in quanto nativa ed emigrata, che nomina lo spazio di rappresentazioni culturali competitive tra Nord e Sud nel quale la ricerca ha luogo. L’etnografia terrona prende in contro le appartenenze e l’iscrizione della ricercatrice in quanto soggetto della ricerca, implicata e impegnata da un punto di vista emotivo e politico in ognuna delle sue fasi. Per ogni tappa, metto a tema le riflessioni suscitate da questioni metodologiche precise : quando e dove scrivere (a Verona) ; chi parla e con chi ? (a Parigi); come le persone che hanno partecipato con ruoli diversi alla ricerca hanno costruito le relazioni tra di noi? Quali relazioni emotive esistono con i luoghi della ricerca? (a Palermo). La proposta di un’antropologia postesotica è una forma di ricerca propria dei soggetti postcoloniali, diasporici o che si identificano come nativi. Di conseguenza non è possibile applicare la tripartizione classica pre-campo/campo/post-campo: il lavoro dell’antropologa diviene allora un insieme di “pratiche motivate di spostamento”. Nel secondo capitolo sono tematizzati i luoghi comuni sul Nord e sul Sud in relazione alle questioni dell’omofobia e del razzismo. Palermo è una villa più omofoba e meno razzista? E viceversa Verona è un contesto di vita meno omofobo ma più razzista? Quali altri posizionamenti possiamo trovare rispetto alle coppie ritardo e progresso, integrazione e autonomia, unità nazionale e federalismo ? La prima risposta è che pensare in termini comparativi prevedendo necessariamente una misura meglio/peggio positivo/negativo è impossibile, se non inutile. Nel corso della tesi, proprio a causa del mio posizionamento non neutro, ho corso diverse volte il rischio di cadere in una dinamica dialettica, ovvero di negare la tesi (per esempio: l’antropologia sessuale de Sud Italia non ha caratteristiche omofobe più che nel resto del paese) proponendo l’antitesi (il tasso più elevato di omofobia si trova al Nord Italia) o la sintesi (proporre una sorta di indifferenziazione o di estrema differenziazione). Non si tratta di disfarsi delle categorie Nord/Sud, ma di de-esoticizzare le relazioni tra questi mondi : da una parte il capitolo analizza i processi di storicizzazione delle differenze Nord/Sud della nazione e dall’altra introduce un’ottica transnazionale e postcoloniale propria ai temi dell’antirazzismo e della migrazione femminile globale verso l’Italia. Avendo decostruito la dicotomia « disgregazione sociale del Sud » vs. «società civile organizzata a Nord», gli altri tre capitoli della tesi sono centrati sulle forme di mobilitazione formale e informale dei soggetti eccentrici nei movimenti femministi, antirazzisti e antiomofobi a Palermo e a Verona. Il terzo capitolo analizza le pratiche dei movimenti: come le idee di identità, differenza, minoranza agiscono al loro interno; quali sono le tipologie e i livelli di impegno politico. Una parte specifica è dedicata agli spazi del femminismo per valorizzare le connessioni tra tutti gli spazi riconosciuti dalle donne come luoghi di impegno: dalla dimensione della casa alla piazza, dal corpo della protesta al corpo dell’attivista con i suoi vissuti emotivi, intimi e anatomici. La molteplicità e capillarità dell’azione politica si realizza grazie alla capacità delle donne di trasformare certi spazi urbani (per esempio il campo da calcio) in eterotopie. Il quarto capitolo esplora l’articolazione delle differenze delle teorie femministe alle quali faccio riferimento (pensiero della differenza sessuale italiano e femminismo postcoloniale) che coincidono anche, spesso, con le prospettive delle persone incontrate durante l’esperienza di ricerca. Quali sono gli statuti e i modelli di intersezione delle differenze? Differenze antropologiche, essenziali e originarie, differenze culturali? Le differenze sono delle disparità? E in quale relazione si trovano con i rapporti di potere? Nell’esperienza dei soggetti eccentrici il sentimento di oppressione e il senso della differenza sono considerati come dei vettori che si rinforzano reciprocamente. Se percepire le oppressioni mette in luce le contraddizioni sociali nelle quali siamo implicate, ma che sono predeterminate alla nostra esistenza, il lavoro genealogico ci permette di ricostruire le relazioni politiche e i legami con la storia collettiva. Il quarto capitolo si configura come uno studio delle categorie, dei significati, dei nomi e soprannomi, delle parole d’ordine del movimento per mostrare gli usi non ideologici che ne fanno i soggetti eccentrici. La circolazione delle auto definizioni genera un gioco continuo di traduzioni nelle quali le attiviste sono continuamente impegnate: i nomi diventano dei veri e propri “termini di traduzione” e ci mostrano il movimento sempre vivo di corrispondenze e scarti proprio dell’atto di nominarsi. Attraverso un’analisi del lessico delle donne impegnate, si prenderà in esame come le questioni sessuali e delle minoranze etniche si incrociano, mescolano ed entrano in competizione. L’omonazionalismo è presente nella rivendicazione dei diritti LGBT in Italia, ma il paradigma della democrazia sessuale si rivela insufficiente per rendere conto delle pratiche trasversali dei soggetti eccentrici. Il quinto capitolo ci conduce verso l’interiorità dell’impegno politico: scommettendo sul potenziale di trasformazione di sé, e a partire da li’, del mondo, i soggetti della ricerca sono rappresentati dal punto di vista del loro percorso esistenziale e corporeo. Diventano delle “passatrici tra i mondi” secondo l’elaborazione di F; Sironi: durante i loro percorsi di lotta e di vita si espongono alla vulnerabilità, alla trasformazione corporea radicale, all’allontanamento, al ritorno, alle “crisi di presenza”. L’ultima parte della tesi è costituita da una sorta di esplorazione anatomica, da itinerari corporei collettivi –seguendo la proposta metodologica di Mari Luz Esteban, ma trasformata per essere adattata ai miei contesti di ricerca - : due gruppi di donne, a partire da « frammenti non addomesticati » (Putino 1987) dei loro corpi –i loro occhi- dalle visioni, dagli immaginari e dall’invisibile hanno sperimentato pratiche politiche efficaci per lottare contro il potere esercitato sui loro corpi dalla cultura etero-etnocentrica italiana. Nell’esplorazione del movimento femminista contemporaneo, non più marcato dal separatismo ma da pratiche di coalizione trasversali, la molteplicità dei posizionamenti politici si mette in relazione attraverso un lavoro genealogico e sulle origini. Questo determina un lavoro comune conflittuale e solidale per formare delle rappresentazioni comuni lontane dagli stereotipi e dalle immagini esotizzanti, inferiorizzanti o vittimizzanti. Allora diventa possibile acquisire visibilità e riconoscimento sociale. All’interno dei movimenti il tema della visibilità non si risolve nè esaurisce trasformando il l’invisibile in visibile, ma generando immagini e azioni che creino delle connessioni tra i mondi. Il lavoro politico consiste allora non solo nel gesto di rendere visibile in sé ma anche nella capacità collettiva e nella responsabilità condivisa di creare passaggi postesotici tra più mondi e più visioni del reale. Introdurre l’invisibile nello spazio politico significa avvicinarsi ad una trama di appartenenze in cui la dimensione del divino, di cui siamo part, e l’umano si toccano.

This thesis explores the current reconfiguration of feminism in Italy, particularly the practices and self-representations of women who struggle against racism and homophobia from a postcolonial standpoint and with a freely interpreted sense of sexual difference. These women create spaces of resistance that allow the emergence of new political positionalities, which go beyond western categories of ‘lesbian’, ‘feminist’ and ‘migrant’ by re-signifying them in novel ways. These “eccentric subjects” (de Lauretis 1999) work on the separatisms inside social movements, confounding their ideological polarizations by living difference as instances of vital conflict. They thus open up forms of participation based on the need for transversality. The analysis of the activists’ bodily itineraries and of the movements’ practices and cartographies shows that two main elements of connection exist between these women, who are characterized by multiplicity: on the one hand, their genealogies and origins; on the other, the dimensions of visibility, invisibility and representation. This terrona ethnography draws on a post-exotic anthropological tradition predicated on the researcher’s auto-ethnographic implication, and on a revision of the relation between research participants and the notion of the field. The thesis connects experiences in Paris, Palermo (southern Italy) and Verona (northeast Italy), problematizing forms of cultural competition and the representation of (different parts of) Italy from a postcolonial perspective.

Etnografia terrona di soggetti eccentrici. Pratiche, rappresentazioni e narrazioni per contrastare il razzismo e l’omofobia in Italia

ALGA, MARIA LIVIA
2016-01-01

Abstract

This thesis explores the current reconfiguration of feminism in Italy, particularly the practices and self-representations of women who struggle against racism and homophobia from a postcolonial standpoint and with a freely interpreted sense of sexual difference. These women create spaces of resistance that allow the emergence of new political positionalities, which go beyond western categories of ‘lesbian’, ‘feminist’ and ‘migrant’ by re-signifying them in novel ways. These “eccentric subjects” (de Lauretis 1999) work on the separatisms inside social movements, confounding their ideological polarizations by living difference as instances of vital conflict. They thus open up forms of participation based on the need for transversality. The analysis of the activists’ bodily itineraries and of the movements’ practices and cartographies shows that two main elements of connection exist between these women, who are characterized by multiplicity: on the one hand, their genealogies and origins; on the other, the dimensions of visibility, invisibility and representation. This terrona ethnography draws on a post-exotic anthropological tradition predicated on the researcher’s auto-ethnographic implication, and on a revision of the relation between research participants and the notion of the field. The thesis connects experiences in Paris, Palermo (southern Italy) and Verona (northeast Italy), problematizing forms of cultural competition and the representation of (different parts of) Italy from a postcolonial perspective.
2016
feminism, antiracism, LGBT movements, post-exotic, auto-ethnography, Italy
Questa tesi tratta le riconfigurazioni attuali delle pratiche femministe in Italia grazie alla presenza di donne che interrogano e trasformano queste pratiche a partire da visioni postcoloniali e da sessualità non eteronormate. Questi “soggetti eccentrici” secondo la definizione di Teresa de Lauretis, scardinano ogni dinamica di opposizione ideologica e mettono in questione le dicotomie e le polarizzazioni proprie della modernità.Yuderkis Espinosa afferma che il sistema binario oppressivo contro il quale lottiamo è il risultato della violenza e della colonizzazione ; sottrarsi implica fuggire i meccanismi stessi della neocolonizzazione economica, politica e culturale. Solo a partire dalla memoria della violenza che ha imposto i binarismi (lesbica vs eterosessuale, migrante vs nativa, musulmana vs atea, lesbica vs migrante etc.) è possibile creare delle nuove configurazioni identitarie. Le donne impegnate politicamente contro il razzismo e l’omofobia vivono su linee di fuga dei processi di divenire che le conducono a trovare un posizionamento politico ed esistenziale nelle loro genealogie simboliche e reale, e da qui, nella storia collettiva. Nei movimenti sociali contemporanei si incontrano delle soggettività di donne in divenire che eccedono e danno nuova forma alle categorie esistenti, trasgrediscono e debordano le frontiere normative, sessuali, culturali, linguistiche e geografiche, non identificandosi nè in una sola comunità né in un solo “mondo”. Questa etnografia si propone di indagare le pratiche, le rappresentazioni e le narrazioni dei soggetti eccentrici impegnati nei movimenti antirazzisti, femministi e antiomofobi a Palermo, il capoluogo dell’isola più a Sud d’Italia (la Sicilia) e mio luogo di nascita, e a Verona (città a Nord-est d’Italia). La ricerca è durata sei anni, tra 2009 e 2015, di cui due e mezzo di campo. La tesi si compone di cinque capitoli. Nel primo espongo il lavoro metodologico, l’anatomia del metodo, e in particolare rendo conto del moi posizionamento di ricercatrice e del processo di elaborazione del progetto di dottorato. Grazie a un lavoro auto etnografico, ho oggettivato la mia storia, il mio impegno femminista, le mie origini siciliane e i miei spostamenti verso il Nord dell’Europa (Parigi) e dell’Italia (Verona), da cui nascono le principali questioni della ricerca. Si profila un’etnografia terrona (parola peggiorativa impiegata al Nord Italia per indicare i meridionali emigrati), una pratica di ricerca che riconosce le origini e il posizionamento della ricercatrice in quanto nativa ed emigrata, che nomina lo spazio di rappresentazioni culturali competitive tra Nord e Sud nel quale la ricerca ha luogo. L’etnografia terrona prende in contro le appartenenze e l’iscrizione della ricercatrice in quanto soggetto della ricerca, implicata e impegnata da un punto di vista emotivo e politico in ognuna delle sue fasi. Per ogni tappa, metto a tema le riflessioni suscitate da questioni metodologiche precise : quando e dove scrivere (a Verona) ; chi parla e con chi ? (a Parigi); come le persone che hanno partecipato con ruoli diversi alla ricerca hanno costruito le relazioni tra di noi? Quali relazioni emotive esistono con i luoghi della ricerca? (a Palermo). La proposta di un’antropologia postesotica è una forma di ricerca propria dei soggetti postcoloniali, diasporici o che si identificano come nativi. Di conseguenza non è possibile applicare la tripartizione classica pre-campo/campo/post-campo: il lavoro dell’antropologa diviene allora un insieme di “pratiche motivate di spostamento”. Nel secondo capitolo sono tematizzati i luoghi comuni sul Nord e sul Sud in relazione alle questioni dell’omofobia e del razzismo. Palermo è una villa più omofoba e meno razzista? E viceversa Verona è un contesto di vita meno omofobo ma più razzista? Quali altri posizionamenti possiamo trovare rispetto alle coppie ritardo e progresso, integrazione e autonomia, unità nazionale e federalismo ? La prima risposta è che pensare in termini comparativi prevedendo necessariamente una misura meglio/peggio positivo/negativo è impossibile, se non inutile. Nel corso della tesi, proprio a causa del mio posizionamento non neutro, ho corso diverse volte il rischio di cadere in una dinamica dialettica, ovvero di negare la tesi (per esempio: l’antropologia sessuale de Sud Italia non ha caratteristiche omofobe più che nel resto del paese) proponendo l’antitesi (il tasso più elevato di omofobia si trova al Nord Italia) o la sintesi (proporre una sorta di indifferenziazione o di estrema differenziazione). Non si tratta di disfarsi delle categorie Nord/Sud, ma di de-esoticizzare le relazioni tra questi mondi : da una parte il capitolo analizza i processi di storicizzazione delle differenze Nord/Sud della nazione e dall’altra introduce un’ottica transnazionale e postcoloniale propria ai temi dell’antirazzismo e della migrazione femminile globale verso l’Italia. Avendo decostruito la dicotomia « disgregazione sociale del Sud » vs. «società civile organizzata a Nord», gli altri tre capitoli della tesi sono centrati sulle forme di mobilitazione formale e informale dei soggetti eccentrici nei movimenti femministi, antirazzisti e antiomofobi a Palermo e a Verona. Il terzo capitolo analizza le pratiche dei movimenti: come le idee di identità, differenza, minoranza agiscono al loro interno; quali sono le tipologie e i livelli di impegno politico. Una parte specifica è dedicata agli spazi del femminismo per valorizzare le connessioni tra tutti gli spazi riconosciuti dalle donne come luoghi di impegno: dalla dimensione della casa alla piazza, dal corpo della protesta al corpo dell’attivista con i suoi vissuti emotivi, intimi e anatomici. La molteplicità e capillarità dell’azione politica si realizza grazie alla capacità delle donne di trasformare certi spazi urbani (per esempio il campo da calcio) in eterotopie. Il quarto capitolo esplora l’articolazione delle differenze delle teorie femministe alle quali faccio riferimento (pensiero della differenza sessuale italiano e femminismo postcoloniale) che coincidono anche, spesso, con le prospettive delle persone incontrate durante l’esperienza di ricerca. Quali sono gli statuti e i modelli di intersezione delle differenze? Differenze antropologiche, essenziali e originarie, differenze culturali? Le differenze sono delle disparità? E in quale relazione si trovano con i rapporti di potere? Nell’esperienza dei soggetti eccentrici il sentimento di oppressione e il senso della differenza sono considerati come dei vettori che si rinforzano reciprocamente. Se percepire le oppressioni mette in luce le contraddizioni sociali nelle quali siamo implicate, ma che sono predeterminate alla nostra esistenza, il lavoro genealogico ci permette di ricostruire le relazioni politiche e i legami con la storia collettiva. Il quarto capitolo si configura come uno studio delle categorie, dei significati, dei nomi e soprannomi, delle parole d’ordine del movimento per mostrare gli usi non ideologici che ne fanno i soggetti eccentrici. La circolazione delle auto definizioni genera un gioco continuo di traduzioni nelle quali le attiviste sono continuamente impegnate: i nomi diventano dei veri e propri “termini di traduzione” e ci mostrano il movimento sempre vivo di corrispondenze e scarti proprio dell’atto di nominarsi. Attraverso un’analisi del lessico delle donne impegnate, si prenderà in esame come le questioni sessuali e delle minoranze etniche si incrociano, mescolano ed entrano in competizione. L’omonazionalismo è presente nella rivendicazione dei diritti LGBT in Italia, ma il paradigma della democrazia sessuale si rivela insufficiente per rendere conto delle pratiche trasversali dei soggetti eccentrici. Il quinto capitolo ci conduce verso l’interiorità dell’impegno politico: scommettendo sul potenziale di trasformazione di sé, e a partire da li’, del mondo, i soggetti della ricerca sono rappresentati dal punto di vista del loro percorso esistenziale e corporeo. Diventano delle “passatrici tra i mondi” secondo l’elaborazione di F; Sironi: durante i loro percorsi di lotta e di vita si espongono alla vulnerabilità, alla trasformazione corporea radicale, all’allontanamento, al ritorno, alle “crisi di presenza”. L’ultima parte della tesi è costituita da una sorta di esplorazione anatomica, da itinerari corporei collettivi –seguendo la proposta metodologica di Mari Luz Esteban, ma trasformata per essere adattata ai miei contesti di ricerca - : due gruppi di donne, a partire da « frammenti non addomesticati » (Putino 1987) dei loro corpi –i loro occhi- dalle visioni, dagli immaginari e dall’invisibile hanno sperimentato pratiche politiche efficaci per lottare contro il potere esercitato sui loro corpi dalla cultura etero-etnocentrica italiana. Nell’esplorazione del movimento femminista contemporaneo, non più marcato dal separatismo ma da pratiche di coalizione trasversali, la molteplicità dei posizionamenti politici si mette in relazione attraverso un lavoro genealogico e sulle origini. Questo determina un lavoro comune conflittuale e solidale per formare delle rappresentazioni comuni lontane dagli stereotipi e dalle immagini esotizzanti, inferiorizzanti o vittimizzanti. Allora diventa possibile acquisire visibilità e riconoscimento sociale. All’interno dei movimenti il tema della visibilità non si risolve nè esaurisce trasformando il l’invisibile in visibile, ma generando immagini e azioni che creino delle connessioni tra i mondi. Il lavoro politico consiste allora non solo nel gesto di rendere visibile in sé ma anche nella capacità collettiva e nella responsabilità condivisa di creare passaggi postesotici tra più mondi e più visioni del reale. Introdurre l’invisibile nello spazio politico significa avvicinarsi ad una trama di appartenenze in cui la dimensione del divino, di cui siamo part, e l’umano si toccano.
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Tipologia: Tesi di dottorato
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