Questo lavoro muove da due punti che lascia non discussi. Esiste una cultura occidentale e il pensiero e i vissuti delle comunità ebraiche in Occidente ne sono parte e meritano quindi una considerazione particolare. L'obiettivo generale è proporre una visione “di minoranza”, interna al pensiero occidentale, che possa in futuro aiutare a capirlo in una prospettiva diversa. Centrare il discorso su Franz Rosenzweig è apparsa la scelta migliore per condurre tale analisi. Rosenzweig offre prima di tutto un’interpretazione possibile di cosa sia l’identità ebraica, di chi cioè noi intendiamo quando nominiamo in modo scontato “gli ebrei”. Questa lettura è stata considerata quasi marginale nella prima parte del Ventesimo secolo, ma ha acquistato negli ultimi decenni sempre più considerazione, e non solo fra le diverse comunità israelitiche. Anche se sviluppa temi e problemi che hanno una marcata ambientazione ebraica, Rosenzweig si sforza sempre di rivolgersi e di confrontarsi in modo aperto a correnti diverse della comune cultura occidentale. Il paradosso è solo apparente. Le comunità israelitiche vietano di fare proselitismo, giacché qualsiasi essere umano può salvarsi, senza bisogno di farsi circoncidere o di portare la kippah – basta che osservi i comandamenti dati da Dio. Proprio questo fatto contrasta con forza la tentazione sempre presente nelle comunità ebraiche di chiudersi “nei vicoli del ghetto”. Se questa è la norma che decide per tutta l'umanità, resta per chi l'ha ricevuta la responsabilità di chiarirla di fronte al mondo, o almeno di ripensare di continuo, e a voce alta, chi sono Mosè e il roveto in fiamme di fronte a lui. All'inizio del testo si è cercato di evitare un luogo comune che, probabilmente, ha poco a vedere con la comunità degli ebrei. Una nozione troppo diffusa pensa gli israeliti come eredi di Ahasver, la figura mitologica dell'ebreo errante, e li immagina quindi necessariamente senza uno stato. Il punto di vista che si cercherà di sviluppare è che gli ebrei, come tali, possono tranquillamente organizzarsi, usando le stesse forme di qualsiasi altro popolo, anche dopo la distruzione del secondo Tempio. E non solo, possono essere cittadini leali di stati non ebraici, e arruolarsi volontari per difendere la patria tedesca, come ha fatto effettivamente Rosenzweig. La loro identità ebraica tuttavia non è toccata da questa lealtà o appartenenza, che si trovino in Israele o a Berlino. Questo perché il loro essere ebrei si orienta su parametri diversi da quelli delle nazioni nella storia del mondo. Capire cosa è questa identità, e su quali assi si orienta, è il ruolo dei capitoli successivi. Se gli ebrei sono il popolo della Legge, collocarli concettualmente richiede prima di tutto la comprensione di che cosa sia questa legge, seguendo la lettura che ne dà Rosenzweig. Su questa linea, la Legge non va intesa come una norma immobile ma come una narrazione, quale è il racconto biblico della Torah, i primi cinque libri dell’Antico Testamento per i cristiani. Di fronte alla Legge, seguendo ancora Rosenzweig, l’atteggiamento del suo popolo è essenzialmente e prima di tutto silenzio: la parola include l’ascolto silenzioso del testo, e la sua traduzione attiva, silenziosa nel senso che è fatta di gesti, nelle azioni umane in comunità. Usando un termine moderno, possiamo parlare di una Legge come performance. Solo in un secondo momento, dopo che le azioni sono state compiute e hanno dato un senso particolare alla vita, vengono tradotte in comandi e in rituali nella teorizzazione dei commentatori. I comandi, le norme, le teorizzazioni sono comunque sempre legati per molti aspetti al tempo, alla situazione storica, alle circostanze singolari. Il racconto e i commenti saranno arricchiti ancora e sempre di nuovo dalle generazioni successive: non saranno negati, saranno sviluppati, in modo anche imprevisto, come si sviluppa un’entità viva. In maniera ancora una volta polemica con gli antisemiti, Rosenzweig usa il termine e il concetto del sangue per definire questa comunità della performance. Il Blut, che aveva spaziato dalla “purezza di sangue” del Medioevo al Blut und Boden del razzismo germanico, viene trasmutato di ambiente e di senso. Il popolo della Legge è una comunità di sangue. Questo sangue è prima di tutto quello delle madri, il sangue di vita che si estende fisicamente attraverso le generazioni – quello che però mantiene ebraiche queste generazioni, e non le lascia disperdere nel labirinto delle genti, è la trasmissione continua dei racconti della Legge, ascoltati e agiti in silenzio, commentati e riformalizzati. Ciò che rende ebraico il flusso del sangue fra le generazioni non è un impossibile DNA, è il flusso del racconto senza fine. In questa cornice acquista senso celebrare i riti della vita fisica quotidiana, dalla nascita, ai cicli del lavoro agricolo nelle feste dell'anno ebraico, fino alle memorie degli antenati scomparsi. Kafka è stato un autore particolarmente amato da Rosenzweig e ci ha offerto alcuni motivi narrativi per spiegare meglio la natura della Legge in questa dimensione di fisicità. Uno dei più importanti viene dalla “Costruzione della muraglia cinese”. La grande opera sembra destinata al fallimento, perché viene condotta a spezzoni, con lavori enormi e faticosi che si dispongono in un territorio sterminato, senza una speranza vera che i diversi compiti si ricongiungano in un quadro solido e sensato. La prospettiva paradossale di Rosenzweig vede anche in questo caso un momento di forza nella debolezza apparente. Anche l'ascolto silenzioso del racconto, la performance della Torah, si compie senza completarsi mai, inseguendo un significato finale irraggiungibile. Ma proprio questa incompletezza ricca e inesauribile è la Legge, vissuta nel limite naturale degli umani. La muraglia merita di essere costruita, anche se nessuno la vedrà mai completata. Con coerenza, il giovane suicida della “Condanna” (Das Urteil) viene visto da Rosenzweig come una figura sarcasticamente ridicola, preda di tutti i pregiudizi della scienza e delle interpretazioni sbagliate della religione. Il giovane ha voluto leggere gli eventi che lo coinvolgono, e che potevano essere atti seri, ma anche stupidaggini o follie, come una costruzione logica e sensata, una catena necessaria senza scampo e senza misericordia. Per Rosenzweig, la follia vera è pensare la Legge come un senso totale, esplicito e immutabile, come una nor-ma formalizzata e scritta sopra le nostre teste (o sulla nostra schiena, avrebbe forse pensato Kafka). In positivo, diventa necessario spiegare come una Legge non pietrificata si leghi di continuo alla libertà e all'imprevisto. Nel capitolo finale si chiude il cerchio mostrando come alcuni scritti di Rosenzweig sviluppino a un livello ulteriore la relazione contrastante fra nomos e Torah, in un quadro di storia mondiale. Alla visione hegeliana e storicistica degli stati che combattono senza tregua e senza remissione per la partizione del pianeta, si contrappone la visione di una comunità ormai globale che, anche spazialmente, non si lascia veramente dividere in confini. Gli ebrei, secondo Rosenzweig, si trovano ancora una volta fuori dalla catena della necessità storica, e lontano dalla politica globale, compresa dagli storicisti come pura volontà di potenza degli stati che controllano lo spazio. Il loro ruolo è testimoniare l'esistenza di una dimensione, che non si identifica con questo spazio e questo tempo, e che però è in grado di irrompere in essi in modo completamente imprevisto, e in certo modo di sospenderli. Rosenzweig chiama eternità questa continua possibile apertura. Il suo ruolo è per molti aspetti quello di un elemento residuo, un resto irriducibile che non si lascia mai completamente risolvere dal sistema, e che la logica totale cancella di continuo, per vederlo poi ogni volta riemergere, fuori dallo schema e dalle previsioni. Non sorprende il parallelo fra questa presenza messianica e l’esistenza stessa del popolo di Israele.

Enfältig wandeln mit deinem Gott» these words are written on the Gate which opens to the Star of Redemption. They refer to the particular walking of Israel through the desert: the exodus. According to Franz Rosenzweig, the exodus doesn’t happen to Israel by chance but it is what Jewish people are made of. «Judesein» means being deeply rooted in the everlasting lack of any root. As a matter of fact, the Jewish Law – which shapes the Jewish identity – is established though a crossing of the desert, which is the place par excellence without borders and frontiers. Only in the desert the Jewish Law can grow and being set. As a result since its foundation, it shows a fundamental difference with the western nomos, as it is analyzed in the work of Carl Schmitt. According to Schmitt, nomos is defined by a fundamental connection with normativized space. In addition to natural motivations – land is primarily source of food and shelter – there is also a non-natural aspect that binds man to territory: the Landnahme. It is in fact the original possession-taking of land that starts legal history through violent occupations and conquests of areas related to other human communities. The aim of my dissertation is to juxtapose the traditional concept of nomos in Schmitt and the new concept of law in the work of Franz Rosenzweig. As stated in Rosenzweig’s Star of Redemption, Jewish law «counts on period of time, on a future». This temporal dimension is related more to what the philosopher calls the “eternal life” of the Jewish people than to territorial conquests. As consequence, violence, which appeared being an essential quality of the territorial nomos, is mainly removed in the Rosenzweig’s law. Also the nationalistic connotations of the concept of “people” seem to play a weaker role in this new conceptualization of law, which, rather than being expression of a command, is the expression of a living trust.

Di fronte alla Legge. Rosenzweig e la prospettiva ebraica nella cultura occidentale

CONSOLARO, Francesca
2015-01-01

Abstract

Enfältig wandeln mit deinem Gott» these words are written on the Gate which opens to the Star of Redemption. They refer to the particular walking of Israel through the desert: the exodus. According to Franz Rosenzweig, the exodus doesn’t happen to Israel by chance but it is what Jewish people are made of. «Judesein» means being deeply rooted in the everlasting lack of any root. As a matter of fact, the Jewish Law – which shapes the Jewish identity – is established though a crossing of the desert, which is the place par excellence without borders and frontiers. Only in the desert the Jewish Law can grow and being set. As a result since its foundation, it shows a fundamental difference with the western nomos, as it is analyzed in the work of Carl Schmitt. According to Schmitt, nomos is defined by a fundamental connection with normativized space. In addition to natural motivations – land is primarily source of food and shelter – there is also a non-natural aspect that binds man to territory: the Landnahme. It is in fact the original possession-taking of land that starts legal history through violent occupations and conquests of areas related to other human communities. The aim of my dissertation is to juxtapose the traditional concept of nomos in Schmitt and the new concept of law in the work of Franz Rosenzweig. As stated in Rosenzweig’s Star of Redemption, Jewish law «counts on period of time, on a future». This temporal dimension is related more to what the philosopher calls the “eternal life” of the Jewish people than to territorial conquests. As consequence, violence, which appeared being an essential quality of the territorial nomos, is mainly removed in the Rosenzweig’s law. Also the nationalistic connotations of the concept of “people” seem to play a weaker role in this new conceptualization of law, which, rather than being expression of a command, is the expression of a living trust.
2015
EBREI
Questo lavoro muove da due punti che lascia non discussi. Esiste una cultura occidentale e il pensiero e i vissuti delle comunità ebraiche in Occidente ne sono parte e meritano quindi una considerazione particolare. L'obiettivo generale è proporre una visione “di minoranza”, interna al pensiero occidentale, che possa in futuro aiutare a capirlo in una prospettiva diversa. Centrare il discorso su Franz Rosenzweig è apparsa la scelta migliore per condurre tale analisi. Rosenzweig offre prima di tutto un’interpretazione possibile di cosa sia l’identità ebraica, di chi cioè noi intendiamo quando nominiamo in modo scontato “gli ebrei”. Questa lettura è stata considerata quasi marginale nella prima parte del Ventesimo secolo, ma ha acquistato negli ultimi decenni sempre più considerazione, e non solo fra le diverse comunità israelitiche. Anche se sviluppa temi e problemi che hanno una marcata ambientazione ebraica, Rosenzweig si sforza sempre di rivolgersi e di confrontarsi in modo aperto a correnti diverse della comune cultura occidentale. Il paradosso è solo apparente. Le comunità israelitiche vietano di fare proselitismo, giacché qualsiasi essere umano può salvarsi, senza bisogno di farsi circoncidere o di portare la kippah – basta che osservi i comandamenti dati da Dio. Proprio questo fatto contrasta con forza la tentazione sempre presente nelle comunità ebraiche di chiudersi “nei vicoli del ghetto”. Se questa è la norma che decide per tutta l'umanità, resta per chi l'ha ricevuta la responsabilità di chiarirla di fronte al mondo, o almeno di ripensare di continuo, e a voce alta, chi sono Mosè e il roveto in fiamme di fronte a lui. All'inizio del testo si è cercato di evitare un luogo comune che, probabilmente, ha poco a vedere con la comunità degli ebrei. Una nozione troppo diffusa pensa gli israeliti come eredi di Ahasver, la figura mitologica dell'ebreo errante, e li immagina quindi necessariamente senza uno stato. Il punto di vista che si cercherà di sviluppare è che gli ebrei, come tali, possono tranquillamente organizzarsi, usando le stesse forme di qualsiasi altro popolo, anche dopo la distruzione del secondo Tempio. E non solo, possono essere cittadini leali di stati non ebraici, e arruolarsi volontari per difendere la patria tedesca, come ha fatto effettivamente Rosenzweig. La loro identità ebraica tuttavia non è toccata da questa lealtà o appartenenza, che si trovino in Israele o a Berlino. Questo perché il loro essere ebrei si orienta su parametri diversi da quelli delle nazioni nella storia del mondo. Capire cosa è questa identità, e su quali assi si orienta, è il ruolo dei capitoli successivi. Se gli ebrei sono il popolo della Legge, collocarli concettualmente richiede prima di tutto la comprensione di che cosa sia questa legge, seguendo la lettura che ne dà Rosenzweig. Su questa linea, la Legge non va intesa come una norma immobile ma come una narrazione, quale è il racconto biblico della Torah, i primi cinque libri dell’Antico Testamento per i cristiani. Di fronte alla Legge, seguendo ancora Rosenzweig, l’atteggiamento del suo popolo è essenzialmente e prima di tutto silenzio: la parola include l’ascolto silenzioso del testo, e la sua traduzione attiva, silenziosa nel senso che è fatta di gesti, nelle azioni umane in comunità. Usando un termine moderno, possiamo parlare di una Legge come performance. Solo in un secondo momento, dopo che le azioni sono state compiute e hanno dato un senso particolare alla vita, vengono tradotte in comandi e in rituali nella teorizzazione dei commentatori. I comandi, le norme, le teorizzazioni sono comunque sempre legati per molti aspetti al tempo, alla situazione storica, alle circostanze singolari. Il racconto e i commenti saranno arricchiti ancora e sempre di nuovo dalle generazioni successive: non saranno negati, saranno sviluppati, in modo anche imprevisto, come si sviluppa un’entità viva. In maniera ancora una volta polemica con gli antisemiti, Rosenzweig usa il termine e il concetto del sangue per definire questa comunità della performance. Il Blut, che aveva spaziato dalla “purezza di sangue” del Medioevo al Blut und Boden del razzismo germanico, viene trasmutato di ambiente e di senso. Il popolo della Legge è una comunità di sangue. Questo sangue è prima di tutto quello delle madri, il sangue di vita che si estende fisicamente attraverso le generazioni – quello che però mantiene ebraiche queste generazioni, e non le lascia disperdere nel labirinto delle genti, è la trasmissione continua dei racconti della Legge, ascoltati e agiti in silenzio, commentati e riformalizzati. Ciò che rende ebraico il flusso del sangue fra le generazioni non è un impossibile DNA, è il flusso del racconto senza fine. In questa cornice acquista senso celebrare i riti della vita fisica quotidiana, dalla nascita, ai cicli del lavoro agricolo nelle feste dell'anno ebraico, fino alle memorie degli antenati scomparsi. Kafka è stato un autore particolarmente amato da Rosenzweig e ci ha offerto alcuni motivi narrativi per spiegare meglio la natura della Legge in questa dimensione di fisicità. Uno dei più importanti viene dalla “Costruzione della muraglia cinese”. La grande opera sembra destinata al fallimento, perché viene condotta a spezzoni, con lavori enormi e faticosi che si dispongono in un territorio sterminato, senza una speranza vera che i diversi compiti si ricongiungano in un quadro solido e sensato. La prospettiva paradossale di Rosenzweig vede anche in questo caso un momento di forza nella debolezza apparente. Anche l'ascolto silenzioso del racconto, la performance della Torah, si compie senza completarsi mai, inseguendo un significato finale irraggiungibile. Ma proprio questa incompletezza ricca e inesauribile è la Legge, vissuta nel limite naturale degli umani. La muraglia merita di essere costruita, anche se nessuno la vedrà mai completata. Con coerenza, il giovane suicida della “Condanna” (Das Urteil) viene visto da Rosenzweig come una figura sarcasticamente ridicola, preda di tutti i pregiudizi della scienza e delle interpretazioni sbagliate della religione. Il giovane ha voluto leggere gli eventi che lo coinvolgono, e che potevano essere atti seri, ma anche stupidaggini o follie, come una costruzione logica e sensata, una catena necessaria senza scampo e senza misericordia. Per Rosenzweig, la follia vera è pensare la Legge come un senso totale, esplicito e immutabile, come una nor-ma formalizzata e scritta sopra le nostre teste (o sulla nostra schiena, avrebbe forse pensato Kafka). In positivo, diventa necessario spiegare come una Legge non pietrificata si leghi di continuo alla libertà e all'imprevisto. Nel capitolo finale si chiude il cerchio mostrando come alcuni scritti di Rosenzweig sviluppino a un livello ulteriore la relazione contrastante fra nomos e Torah, in un quadro di storia mondiale. Alla visione hegeliana e storicistica degli stati che combattono senza tregua e senza remissione per la partizione del pianeta, si contrappone la visione di una comunità ormai globale che, anche spazialmente, non si lascia veramente dividere in confini. Gli ebrei, secondo Rosenzweig, si trovano ancora una volta fuori dalla catena della necessità storica, e lontano dalla politica globale, compresa dagli storicisti come pura volontà di potenza degli stati che controllano lo spazio. Il loro ruolo è testimoniare l'esistenza di una dimensione, che non si identifica con questo spazio e questo tempo, e che però è in grado di irrompere in essi in modo completamente imprevisto, e in certo modo di sospenderli. Rosenzweig chiama eternità questa continua possibile apertura. Il suo ruolo è per molti aspetti quello di un elemento residuo, un resto irriducibile che non si lascia mai completamente risolvere dal sistema, e che la logica totale cancella di continuo, per vederlo poi ogni volta riemergere, fuori dallo schema e dalle previsioni. Non sorprende il parallelo fra questa presenza messianica e l’esistenza stessa del popolo di Israele.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Di Fronte Alla Legge.pdf

non disponibili

Tipologia: Tesi di dottorato
Licenza: Accesso ristretto
Dimensione 1.14 MB
Formato Adobe PDF
1.14 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/921182
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact