In questo volume, che si fregia di una dedica al presidente della Repubblica, Fulvio Tessitore rielabora cinque contributi presentati in diverse occasioni durante il centocinquantesimo anniversario dell’unità dello stato nazionale, circostanza che spiega il binomio che compare nel titolo: stato e nazione. Decisivo il sottotitolo: l’anomalia di un’identità nazionale italiana che non è stata, non è, forse non sarà, coincidente con un’identità statale italiana. Tessitore pone il problema di stabilire la validità di questa nazione italiana e di questo stato italiano e il valore e il significato dell’unificazione italiana nelle forme e modalità di svolgimento che furono sue, ossia “la difesa o la condanna del Risorgimento italiano, specie quando a esso si è costretti a guardare, purtroppo, in un momento come l’attuale, che potrebbe essere definito quello del Risopimento italiano”. Con acuto sguardo linceo, Tessitore ripropone la domanda fatta da Giustino Fortunato nel dicembre 1920, a ridosso della conclusione della grande guerra sovvertitrice: “Che cosa vale moralmente l’Italia?” In primo luogo, va fatta valere la forza immane del pluralismo etico-culturale di una società che è sì sostanzialmente unitaria, ma non conosce omologazioni, uniformità, in quanto è alimentata da grandi tradizioni, che sono locali solo in un’accezione non convenzionale, mentre in realtà sono di livello e qualità europei. In secondo luogo, il forte rapporto dialettico tra culture, siano esse lombarde, venete, toscane, napoletane o siciliane, che sono espressione di specificità sociali e antropologiche, nella direzione di una forte educazione all’individualità. Diverse ed efficaci le analisi dedicate agli sviluppi del binomio stato e nazione in scritti irrinunciabili di Vincenzo Cuoco, Pasquale Villari e Michele Amari. Ma è alla vitalità della sperequazione indicata da Vico tra individuo e storia, tra storia ideale nel tempo e storia ideale ed eterna che si rifà Tessitore, quando indica nel confronto con la Germania la spiegazione dell’anomalia italiana. Mentre in Germania, fin dai tempi di Wilhelm von Humboldt, andò perduta la rassicurante teleologia della storia elaborata da Kant e Hegel a favore della presa d’atto della spietatezza della storia universale, con il risultato che la grande cultura dello stato e della nazione tedesca ha girato attorno al valore dell’assoluto, la negazione del limite e dunque la negazione del valore della critica, della forza del dubbio, perché l’una e l’altro non pacificano, non conciliano, non tranquillizzano, l’anomalia del pluricentrismo italiano si risolve nella “forza della storia d’Italia, che è la storia della sua vita, ricca e inquieta, fantasiosa e creativa, con le sue bellezze affidate al riconoscimento difficile delle particolarità, alla difesa tenace dell’individualità divisa e indivisa, che è tutt’altra cosa dalla Iità (Ichkeit) nella quale si esprime l’assoluto”. Al posto dell’assoluto, conclude Tessitore, la cultura italiana guarda alla plurimillenaria “storia delle sue bellezze, della sua natura fisica, della sua eccezionale capacità artistica, della sua straordinaria fantasia teoretica delle sue poderose narrazioni”, sempre con molta grazia ed effetti pregevoli. Fulvio Tessitore, Stato e nazione. L’anomalia italiana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 121 p. ISBN 9788863725902

Pluralismo etico e culturale

POZZO, Riccardo
2014-01-01

Abstract

In questo volume, che si fregia di una dedica al presidente della Repubblica, Fulvio Tessitore rielabora cinque contributi presentati in diverse occasioni durante il centocinquantesimo anniversario dell’unità dello stato nazionale, circostanza che spiega il binomio che compare nel titolo: stato e nazione. Decisivo il sottotitolo: l’anomalia di un’identità nazionale italiana che non è stata, non è, forse non sarà, coincidente con un’identità statale italiana. Tessitore pone il problema di stabilire la validità di questa nazione italiana e di questo stato italiano e il valore e il significato dell’unificazione italiana nelle forme e modalità di svolgimento che furono sue, ossia “la difesa o la condanna del Risorgimento italiano, specie quando a esso si è costretti a guardare, purtroppo, in un momento come l’attuale, che potrebbe essere definito quello del Risopimento italiano”. Con acuto sguardo linceo, Tessitore ripropone la domanda fatta da Giustino Fortunato nel dicembre 1920, a ridosso della conclusione della grande guerra sovvertitrice: “Che cosa vale moralmente l’Italia?” In primo luogo, va fatta valere la forza immane del pluralismo etico-culturale di una società che è sì sostanzialmente unitaria, ma non conosce omologazioni, uniformità, in quanto è alimentata da grandi tradizioni, che sono locali solo in un’accezione non convenzionale, mentre in realtà sono di livello e qualità europei. In secondo luogo, il forte rapporto dialettico tra culture, siano esse lombarde, venete, toscane, napoletane o siciliane, che sono espressione di specificità sociali e antropologiche, nella direzione di una forte educazione all’individualità. Diverse ed efficaci le analisi dedicate agli sviluppi del binomio stato e nazione in scritti irrinunciabili di Vincenzo Cuoco, Pasquale Villari e Michele Amari. Ma è alla vitalità della sperequazione indicata da Vico tra individuo e storia, tra storia ideale nel tempo e storia ideale ed eterna che si rifà Tessitore, quando indica nel confronto con la Germania la spiegazione dell’anomalia italiana. Mentre in Germania, fin dai tempi di Wilhelm von Humboldt, andò perduta la rassicurante teleologia della storia elaborata da Kant e Hegel a favore della presa d’atto della spietatezza della storia universale, con il risultato che la grande cultura dello stato e della nazione tedesca ha girato attorno al valore dell’assoluto, la negazione del limite e dunque la negazione del valore della critica, della forza del dubbio, perché l’una e l’altro non pacificano, non conciliano, non tranquillizzano, l’anomalia del pluricentrismo italiano si risolve nella “forza della storia d’Italia, che è la storia della sua vita, ricca e inquieta, fantasiosa e creativa, con le sue bellezze affidate al riconoscimento difficile delle particolarità, alla difesa tenace dell’individualità divisa e indivisa, che è tutt’altra cosa dalla Iità (Ichkeit) nella quale si esprime l’assoluto”. Al posto dell’assoluto, conclude Tessitore, la cultura italiana guarda alla plurimillenaria “storia delle sue bellezze, della sua natura fisica, della sua eccezionale capacità artistica, della sua straordinaria fantasia teoretica delle sue poderose narrazioni”, sempre con molta grazia ed effetti pregevoli. Fulvio Tessitore, Stato e nazione. L’anomalia italiana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 121 p. ISBN 9788863725902
2014
Stato; Nazione; Italia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/712176
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