Da sempre l’alimentazione è stata oggetto di interesse da parte di antropologi e psicologi, con una attenzione rivolta alla sua rilevanza come strumento di socializzazione. In tal senso, sono significativi gli studi di Levi-Strauss e di Mary Douglas, nei quali le dinamiche alimentari di una società, di un gruppo, di una famiglia o di un clan, diventano griglie per l’analisi delle relazioni che si instaurano tra i membri del gruppo stesso. Si pensi al tentativo di Domenico Secondulfo (2012) di schematizzare le relazioni mediate dal cibo e dall’alimentazione attraverso i rituali legati al cibo, a partire dalla riflessione di Levi-Strauss. Nell’ambito sociologico, manca quindi una riflessione che cerchi di cogliere le diverse sfumature che assume il cibo nella relazione corpo-salute, superando una visione medica e, contemporaneamente, una analisi specifica delle dinamiche di consumo. Il cibo emerge, infatti, in realtà come particolare aspetto della cultura materiale perché strettamente correlato alla nuova visione del concetto di salute ed al nuovo modo di intendere e vivere il benessere. Rispetto alla prospettiva antropologica e psicologica, il cibo assume in questa sede una valenza soprattutto individuale. Nell’ambito della cultura materiale, il cibo è sempre stato un elemento caratterizzante la sfera di relazione comunitaria e il sistema di stratificazione sociale. Nel primo caso, perché esplica le relazioni tra i componenti del gruppo, nel secondo caso, perché indice di ricchezza e strumento di divisione sociale. In questa sede, il cibo ha una valenza diversa e diventa elemento importante in un’ottica di consumo autoriferito, relativa alla comunicazione del soggetto con se stesso, perché le dinamiche alimentari, la cura del corpo e la visione della salute esplicitano il gusto e le tendenze diffuse socialmente. È questo il grado “zero” della socialità dove il soggetto ha un rapporto ricorsivo ed autoriflessivo con se stesso, nel quale il cibo funge da tramite in un processo di proiezione/introiezione di significati da sé a sé.Strettamente collegato, infatti, alla visione di salute che ha il soggetto, il cibo sano si declina in diversi modi: 1. cibo dietetico, in una visione che vede la salute correlata alla quantità di calorie ingerite; 2. cibo naturale, che spinge alla ricerca di elementi nutrizionali presenti in natura e non contaminati, ovvero non prodotti dal mondo industriale; 3. cibo vegetariano, macrobiotico o altro, come veri e propri stili di vita che associano alla visione della salute quella di un corpo che non deve essere nutrito con sostanze morte (come la carne). In una prospettiva che si avvicina molto alla magia, l’energia del corpo, la sua salute, è data da sostanze nutritive ricche di vita; 4. cibo funzionale, il cibo è bene prezioso per il corpo perché arricchito con sostanze create in laboratorio finalizzate ad incrementarne le prestazioni. Questo sottolinea l’aspetto polisemico del cibo, che, pur con caratteristiche diverse, è giudicato comunque utile a migliorare e curare il corpo. L’intento di questo lavoro è riflettere sulla posizione del cibo nella relazione salute-cura del corpo, cercando di presentare una riflessione che abbracci il suo aspetto polisemico. L’analisi cerca di approfondire alcune specifiche aree di studio nella mediazione attuata dal cibo nel legame corpo-salute. Nello specifico l’ambito della cultura materiale e la posizione che ha il cibo al suo interno, le dinamiche di consumo legate al cibo nella ricerca di benessere e quali sono gli aspetti comunicativi che emergono dal marketing alimentare che segue le direttive del benessere. Questo ultimo aspetto è stata spesso indagato in ambito alimentare, ma ciò che qui si è voluto fare è stato analizzare le strategie comunicative del marketing alimentare, sotto la lente della ricerca di salute.

Mangiar simboli. Cibo, benessere e cultura materiale

SECONDULFO, Domenico;VIVIANI, Debora
2013-01-01

Abstract

Da sempre l’alimentazione è stata oggetto di interesse da parte di antropologi e psicologi, con una attenzione rivolta alla sua rilevanza come strumento di socializzazione. In tal senso, sono significativi gli studi di Levi-Strauss e di Mary Douglas, nei quali le dinamiche alimentari di una società, di un gruppo, di una famiglia o di un clan, diventano griglie per l’analisi delle relazioni che si instaurano tra i membri del gruppo stesso. Si pensi al tentativo di Domenico Secondulfo (2012) di schematizzare le relazioni mediate dal cibo e dall’alimentazione attraverso i rituali legati al cibo, a partire dalla riflessione di Levi-Strauss. Nell’ambito sociologico, manca quindi una riflessione che cerchi di cogliere le diverse sfumature che assume il cibo nella relazione corpo-salute, superando una visione medica e, contemporaneamente, una analisi specifica delle dinamiche di consumo. Il cibo emerge, infatti, in realtà come particolare aspetto della cultura materiale perché strettamente correlato alla nuova visione del concetto di salute ed al nuovo modo di intendere e vivere il benessere. Rispetto alla prospettiva antropologica e psicologica, il cibo assume in questa sede una valenza soprattutto individuale. Nell’ambito della cultura materiale, il cibo è sempre stato un elemento caratterizzante la sfera di relazione comunitaria e il sistema di stratificazione sociale. Nel primo caso, perché esplica le relazioni tra i componenti del gruppo, nel secondo caso, perché indice di ricchezza e strumento di divisione sociale. In questa sede, il cibo ha una valenza diversa e diventa elemento importante in un’ottica di consumo autoriferito, relativa alla comunicazione del soggetto con se stesso, perché le dinamiche alimentari, la cura del corpo e la visione della salute esplicitano il gusto e le tendenze diffuse socialmente. È questo il grado “zero” della socialità dove il soggetto ha un rapporto ricorsivo ed autoriflessivo con se stesso, nel quale il cibo funge da tramite in un processo di proiezione/introiezione di significati da sé a sé.Strettamente collegato, infatti, alla visione di salute che ha il soggetto, il cibo sano si declina in diversi modi: 1. cibo dietetico, in una visione che vede la salute correlata alla quantità di calorie ingerite; 2. cibo naturale, che spinge alla ricerca di elementi nutrizionali presenti in natura e non contaminati, ovvero non prodotti dal mondo industriale; 3. cibo vegetariano, macrobiotico o altro, come veri e propri stili di vita che associano alla visione della salute quella di un corpo che non deve essere nutrito con sostanze morte (come la carne). In una prospettiva che si avvicina molto alla magia, l’energia del corpo, la sua salute, è data da sostanze nutritive ricche di vita; 4. cibo funzionale, il cibo è bene prezioso per il corpo perché arricchito con sostanze create in laboratorio finalizzate ad incrementarne le prestazioni. Questo sottolinea l’aspetto polisemico del cibo, che, pur con caratteristiche diverse, è giudicato comunque utile a migliorare e curare il corpo. L’intento di questo lavoro è riflettere sulla posizione del cibo nella relazione salute-cura del corpo, cercando di presentare una riflessione che abbracci il suo aspetto polisemico. L’analisi cerca di approfondire alcune specifiche aree di studio nella mediazione attuata dal cibo nel legame corpo-salute. Nello specifico l’ambito della cultura materiale e la posizione che ha il cibo al suo interno, le dinamiche di consumo legate al cibo nella ricerca di benessere e quali sono gli aspetti comunicativi che emergono dal marketing alimentare che segue le direttive del benessere. Questo ultimo aspetto è stata spesso indagato in ambito alimentare, ma ciò che qui si è voluto fare è stato analizzare le strategie comunicative del marketing alimentare, sotto la lente della ricerca di salute.
2013
9788864642352
cibo dieta salute; cibo cultura materiale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/626562
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