La tesi di dottorato ha come obiettivo la comprensione e l’analisi del fenomeno dei “fondi sovrani”. Le motivazioni sottostanti alla scelta della tematica sono connesse alla consistente crescita che questi investitori istituzionali hanno registrato negli ultimi anni, in particolare a partire dal 2005, e al significativo impatto nei mercati finanziari che hanno avuto durante la crisi finanziaria originata dai mutui subprime, in relazione alla partecipazione alle numerose operazioni di ricapitalizzazione del sistema bancario europeo ed americano. L’approfondimento di tale tematica è inoltre interessante date le diverse opinioni degli accademici, economisti, dei media e dei politici con riferimento ai fondi sovrani: da alcuni infatti sono considerati come “barbarians at the gate”, ovvero barbari alle porte, che perseguono interessi politico-strategici ai fini di acquisire know how tecnologico attraverso partecipazioni di rilevanza in imprese operanti in settori strategici di Stati sviluppati, mentre da altri sono considerati come investitori istituzionali che gestiscono il loro portafoglio alla ricerca di obiettivi di carattere finanziario, ovvero la massimizzazione del binomio rischio/rendimento. E proprio seguendo quest’ultima impostazione si è condotta l’analisi del fenomeno: in primis si è cercato di definire i fondi sovrani, dato che la comunità scientifica non è giunta alla determinazione di una definizione condivisa. Attraverso una review delle definizioni, si è arrivati ad una proposta definitoria che considera i fondi sovrani come particolari veicoli di investimento che: 1. Sono costituiti e controllati da uno Stato (anche a livello federale); 2. Raccolgono risorse finanziarie principalmente, ma non unicamente, attraverso trasferimenti di eccessi di riserve in valuta estera; 3. Possono avere passività; 4. Hanno un’asset allocation e un orizzonte temporale estremamente diversificati a seconda degli obiettivi perseguiti. Tale definizione da un lato consente di identificare un universo di 56 fondi sovrani, dall’altro evidenzia alcune peculiarità degli stessi rispetto ad altri intermediari finanziari: e proprio in ottica di raffronto con gli altri investitori istituzionali è stata condotta un’analisi delle scelte di portafoglio, dei meccanismi di governance e dei profili di ordine regolamentare dei fondi sovrani. Particolare attenzione è stata posta all’indagine delle scelte di asset allocation strategica, geografica e settoriale dei veicoli di investimento governativi. Sotto il profilo metodologico è stata condotta una verifica empirica prima attraverso una review della letteratura, poi analizzando, ove disponibili, gli Annual Report e i siti internet dei fondi sovrani in modo da determinare l’asset allocation negli anni 2007-2011. Vi è da segnalare come tra l’universo dei 56 fondi sovrani, solo 36 hanno un sito internet e 17 hanno un Annual Report (nel 2011, mentre cala il numero se si retrocede con gli anni); infine sono stati seguiti i flussi di investimento dei veicoli di investimento governativi tra l’ultimo trimestre 2007 e l’ultimo trimestre 2008 in modo tale da verificare la presenza di un “political bias”. Tale verifica ha dimostrato che i fondi sovrani perseguono obiettivi di carattere finanziario, tesi alla massimizzazione del rapporto rischio/rendimento (ancorchè subordinato ad obiettivi di carattere macro-istituzionale), ma che, in alcune circostanze, possono adottare logiche di natura politica (“political bias”), non presenti in altri investitori istituzionali; in particolare ciò si è verificato quando hanno partecipato consistentemente alle operazioni di ricapitalizzazione del sistema bancario occidentale nella prima parte dell’anno 2008 e quando hanno fornito liquidità ai sistemi finanziari domestici- soprattutto i fondo medio-orientali- nell’ultimo trimestre del medesimo anno. In relazione alle scelte di portafoglio si è cercato di valutare anche un futuro impatto nei mercati finanziari, considerando da un lato la crescita del loro asset under management che si è verificata dal 2000 ad oggi, dall’altro la sempre maggior propensione ad investire in attività a maggior grado di rischio/rendimento (azioni, alternatives): l’investimento in tali asset class occupa in media più del 50% delle risorse finanziarie disponibili dei fondi di risparmio, dei Sovereign Pension Reserve Funds e delle reserve investment corporation e possono provocare variazioni nelle direzioni dei flussi di capitale nei mercati finanziari internazionali, ma anche problemi di corporate governance delle imprese partecipate se tali veicoli di investimento iniziano a comportarsi come soggetti attivi nella governance d’impresa. Dal lato della regolamentazione, i fondi sovrani non sono soggetti ai medesimi requisiti di trasparenza, di diffusione di informazioni dei altri investitori istituzionali quali fondi pensione e fondi comuni di investimento, ma, per ora, possono aderire ad un codice di condotta volontario noto come “I principi di Santiago”, che promuove un incremento delle informazioni diffuse dai fondi sovrani in termini di composizione del portafoglio, asset under management, governance del fondo, attivismo/passivismo etc. Numerose sono state le proposte, da quelle minimali a quelle maggiormente invasive (come ad esempio la sospensione dei diritti di voto delle azioni detenute dai fondi sovrani stessi), data la natura governativa di tali veicoli di investimento, ma per il momento si è scelta la linea del codice di condotta volontario. Oltre alla verifica empirica condotta con riferimento alla composizione del portafoglio, si è scelto di esaminare un caso di studio, il Korea Investment Corporation, dato che non è stato ancora analizzato dalla comunità scientifica. Tale fondo non-commodity, ovvero le cui risorse finanziarie provengono da trasferimenti di riserve in valuta estera in eccesso da parte della Banca Centrale, si è distinto principalmente per la composizione particolarmente aggressiva del suo portafoglio e per l’affidamento delle gestione di parte dell’asset under management a manager esterni. L’analisi è effettuata partendo dalla situazione economica della Corea del Sud e dal surplus di riserve generato dalla strategia di tipo export led che ha consentito la costituzione del fondo; successivamente sono stati estratti da Thomson Reuters alcuni dati che consentono di identificare l’asset allocation strategica, geografica e settoriale, ma anche le partecipazioni detenute in modo tale da identificarne lo stile di gestione. Da ultimo sono state analizzate le performance e i progressi in termini di trasparenza registrati dal fondo in esame

The growth in sovereign wealth funds’ (SWFs) assets under management has gone together with their increased relevance as investment vehicles on the international financial markets. This is par-ticularly true for the very recent years, i.e. from 2008 on, since the bursting of the subprime crisis made it almost necessary for many banks to recapitalize. SWFs’ investments in globally strategic sectors led many countries – that were the addressees of these investments – to protect themselves, given they thought SWFs were pursuing objectives different from what other institutional investors were looking at, i.e. the maximization of the well known risk/yield relationship. Given the importance of SWFs as global investors, this paper aims at shedding light on their in-vestment strategies as governmental institutional investors, in order to clarify whether they act as other institutional investors – mutual funds, hedge funds and pension funds – or whether their un-said objectives are of a non-financial nature. In the latter case it may be justified to regulate this complex phenomenon. In this paper an analysis of the strategic, tactic as well as geographical SWFs’ asset allocation will be conducted, aiming at i) verify whether they tend or not to an optimal asset allocation given their institutional objectives and time horizon, and ii) identify potential biases (home bias and political bias). Our dataset comprises 56 SWFs and we collected data from their annual reports and/or web-sites for the period December 2007-December 2010. This reference period has been chosen due to the fact that in 2007 many SWFs began disclosing information in a more ordered way, while in 2010 information is available for a still quite numerous set of SWFs, so that a comparison can be made. Moreover the 2007-2010 period takes into account the bursting of the subprime credit crisis, with its effects also on SWFs’ optimal asset allocation. Firstly, the analysis of the benchmarks SWFs chose will be done, in order to ex-ante identify the in-vestment portfolio of an institutional investor. Secondly, the strategic asset allocation will be stud-ied to distinguish four asset classes, i.e. cash, bond, equity and alternatives. Finally, the existence of home bias and political bias (that is, political influence on the asset allocation decisions) will be in-vestigated. The existing literature has studied SWFs in a fragmented way, focussing on different aspects. In first place, the asset allocation has been analysed: Balding (2008), Chhaochharia and Laeven (2008), Fernandez and Eschweiler (2008) have studied the portfolio of SWFs at a particular point in time, while Mercer (2008) found out that, given their institutional objectives, SWFs may be less risk-averse and invest in equity as well as alternatives, coherently with both equity risk premium and illiquidity premium. Kunzel et al. (2011) have studied the strategic asset allocation of SWFs before and after the subprime crisis, identifying four asset classes in both cases: cash, bond, equity and alternatives. In the second place, some Authors tried to identify the political influence on investment decisions made by SWFs: for example, OECD (2009) compared the portfolios of 17 SWFs and of 25 mutual fund, the ones with the highest assets under management, and found out that this political bias real-ly has a very small impact on the investment decisions by SWFs. Balding (2008), Kotter and Lel (2008), Bortolotti et al. (2009) reached similar outcomes comparing SWFs and other institutional investors. Finally, only few Authors postulated the importance of unsaid non-financial objectives: for exam-ple, Bernstein et. al (2009) showed that SWFs’ activity strongly depends on political pressures, par-ticularly when the Board of Directors is made up of politicians and the management of assets is not left to external managers. Instead, Chhaochharia and Laeven (2008) showed that SWFs invest more likely in countries with similar culture and religion. Our paper contributes to the existing literature in three ways: firstly, it analyses SWFs asset alloca-tion in a broad sense, given that the existing literature has focused alternatively only on the portfolio at a particular point in time, on the comparison between portfolios in two different periods, or on the importance of political objectives. Secondly, we consider a broader time horizon (2007-2010) that takes into account, but is not strictly dependent only on, the subprime credit crisis: we can then identify a sort of structural trend in the asset allocation, not much influenced by conjuncture. Final-ly, we accurately test for the presence of political biases in portfolio management when particular macroeconomic aspects seem to influence SWFs’ optimal asset allocation. Our results suggest that SWFs follow the same investment strategies chosen by other institutional investors and that their long-run asset allocation is optimal given their institutional objectives. In the short-run though they may deviate from the maximization of the well-known risk/yield relationship due to an asset management that does not take into account financial objectives. Given these prem-ises, we can say that SWFs are to be considered important institutional investors in the asset man-agement industry.

Il ruolo dei fondi sovrani nei mercati finanziari: caratteristiche gestionali, implicazioni operative e problematiche regolamentari

PALTRINIERI, Andrea
2012-01-01

Abstract

The growth in sovereign wealth funds’ (SWFs) assets under management has gone together with their increased relevance as investment vehicles on the international financial markets. This is par-ticularly true for the very recent years, i.e. from 2008 on, since the bursting of the subprime crisis made it almost necessary for many banks to recapitalize. SWFs’ investments in globally strategic sectors led many countries – that were the addressees of these investments – to protect themselves, given they thought SWFs were pursuing objectives different from what other institutional investors were looking at, i.e. the maximization of the well known risk/yield relationship. Given the importance of SWFs as global investors, this paper aims at shedding light on their in-vestment strategies as governmental institutional investors, in order to clarify whether they act as other institutional investors – mutual funds, hedge funds and pension funds – or whether their un-said objectives are of a non-financial nature. In the latter case it may be justified to regulate this complex phenomenon. In this paper an analysis of the strategic, tactic as well as geographical SWFs’ asset allocation will be conducted, aiming at i) verify whether they tend or not to an optimal asset allocation given their institutional objectives and time horizon, and ii) identify potential biases (home bias and political bias). Our dataset comprises 56 SWFs and we collected data from their annual reports and/or web-sites for the period December 2007-December 2010. This reference period has been chosen due to the fact that in 2007 many SWFs began disclosing information in a more ordered way, while in 2010 information is available for a still quite numerous set of SWFs, so that a comparison can be made. Moreover the 2007-2010 period takes into account the bursting of the subprime credit crisis, with its effects also on SWFs’ optimal asset allocation. Firstly, the analysis of the benchmarks SWFs chose will be done, in order to ex-ante identify the in-vestment portfolio of an institutional investor. Secondly, the strategic asset allocation will be stud-ied to distinguish four asset classes, i.e. cash, bond, equity and alternatives. Finally, the existence of home bias and political bias (that is, political influence on the asset allocation decisions) will be in-vestigated. The existing literature has studied SWFs in a fragmented way, focussing on different aspects. In first place, the asset allocation has been analysed: Balding (2008), Chhaochharia and Laeven (2008), Fernandez and Eschweiler (2008) have studied the portfolio of SWFs at a particular point in time, while Mercer (2008) found out that, given their institutional objectives, SWFs may be less risk-averse and invest in equity as well as alternatives, coherently with both equity risk premium and illiquidity premium. Kunzel et al. (2011) have studied the strategic asset allocation of SWFs before and after the subprime crisis, identifying four asset classes in both cases: cash, bond, equity and alternatives. In the second place, some Authors tried to identify the political influence on investment decisions made by SWFs: for example, OECD (2009) compared the portfolios of 17 SWFs and of 25 mutual fund, the ones with the highest assets under management, and found out that this political bias real-ly has a very small impact on the investment decisions by SWFs. Balding (2008), Kotter and Lel (2008), Bortolotti et al. (2009) reached similar outcomes comparing SWFs and other institutional investors. Finally, only few Authors postulated the importance of unsaid non-financial objectives: for exam-ple, Bernstein et. al (2009) showed that SWFs’ activity strongly depends on political pressures, par-ticularly when the Board of Directors is made up of politicians and the management of assets is not left to external managers. Instead, Chhaochharia and Laeven (2008) showed that SWFs invest more likely in countries with similar culture and religion. Our paper contributes to the existing literature in three ways: firstly, it analyses SWFs asset alloca-tion in a broad sense, given that the existing literature has focused alternatively only on the portfolio at a particular point in time, on the comparison between portfolios in two different periods, or on the importance of political objectives. Secondly, we consider a broader time horizon (2007-2010) that takes into account, but is not strictly dependent only on, the subprime credit crisis: we can then identify a sort of structural trend in the asset allocation, not much influenced by conjuncture. Final-ly, we accurately test for the presence of political biases in portfolio management when particular macroeconomic aspects seem to influence SWFs’ optimal asset allocation. Our results suggest that SWFs follow the same investment strategies chosen by other institutional investors and that their long-run asset allocation is optimal given their institutional objectives. In the short-run though they may deviate from the maximization of the well-known risk/yield relationship due to an asset management that does not take into account financial objectives. Given these prem-ises, we can say that SWFs are to be considered important institutional investors in the asset man-agement industry.
2012
Fondi Sovrani; Asset Allocation
La tesi di dottorato ha come obiettivo la comprensione e l’analisi del fenomeno dei “fondi sovrani”. Le motivazioni sottostanti alla scelta della tematica sono connesse alla consistente crescita che questi investitori istituzionali hanno registrato negli ultimi anni, in particolare a partire dal 2005, e al significativo impatto nei mercati finanziari che hanno avuto durante la crisi finanziaria originata dai mutui subprime, in relazione alla partecipazione alle numerose operazioni di ricapitalizzazione del sistema bancario europeo ed americano. L’approfondimento di tale tematica è inoltre interessante date le diverse opinioni degli accademici, economisti, dei media e dei politici con riferimento ai fondi sovrani: da alcuni infatti sono considerati come “barbarians at the gate”, ovvero barbari alle porte, che perseguono interessi politico-strategici ai fini di acquisire know how tecnologico attraverso partecipazioni di rilevanza in imprese operanti in settori strategici di Stati sviluppati, mentre da altri sono considerati come investitori istituzionali che gestiscono il loro portafoglio alla ricerca di obiettivi di carattere finanziario, ovvero la massimizzazione del binomio rischio/rendimento. E proprio seguendo quest’ultima impostazione si è condotta l’analisi del fenomeno: in primis si è cercato di definire i fondi sovrani, dato che la comunità scientifica non è giunta alla determinazione di una definizione condivisa. Attraverso una review delle definizioni, si è arrivati ad una proposta definitoria che considera i fondi sovrani come particolari veicoli di investimento che: 1. Sono costituiti e controllati da uno Stato (anche a livello federale); 2. Raccolgono risorse finanziarie principalmente, ma non unicamente, attraverso trasferimenti di eccessi di riserve in valuta estera; 3. Possono avere passività; 4. Hanno un’asset allocation e un orizzonte temporale estremamente diversificati a seconda degli obiettivi perseguiti. Tale definizione da un lato consente di identificare un universo di 56 fondi sovrani, dall’altro evidenzia alcune peculiarità degli stessi rispetto ad altri intermediari finanziari: e proprio in ottica di raffronto con gli altri investitori istituzionali è stata condotta un’analisi delle scelte di portafoglio, dei meccanismi di governance e dei profili di ordine regolamentare dei fondi sovrani. Particolare attenzione è stata posta all’indagine delle scelte di asset allocation strategica, geografica e settoriale dei veicoli di investimento governativi. Sotto il profilo metodologico è stata condotta una verifica empirica prima attraverso una review della letteratura, poi analizzando, ove disponibili, gli Annual Report e i siti internet dei fondi sovrani in modo da determinare l’asset allocation negli anni 2007-2011. Vi è da segnalare come tra l’universo dei 56 fondi sovrani, solo 36 hanno un sito internet e 17 hanno un Annual Report (nel 2011, mentre cala il numero se si retrocede con gli anni); infine sono stati seguiti i flussi di investimento dei veicoli di investimento governativi tra l’ultimo trimestre 2007 e l’ultimo trimestre 2008 in modo tale da verificare la presenza di un “political bias”. Tale verifica ha dimostrato che i fondi sovrani perseguono obiettivi di carattere finanziario, tesi alla massimizzazione del rapporto rischio/rendimento (ancorchè subordinato ad obiettivi di carattere macro-istituzionale), ma che, in alcune circostanze, possono adottare logiche di natura politica (“political bias”), non presenti in altri investitori istituzionali; in particolare ciò si è verificato quando hanno partecipato consistentemente alle operazioni di ricapitalizzazione del sistema bancario occidentale nella prima parte dell’anno 2008 e quando hanno fornito liquidità ai sistemi finanziari domestici- soprattutto i fondo medio-orientali- nell’ultimo trimestre del medesimo anno. In relazione alle scelte di portafoglio si è cercato di valutare anche un futuro impatto nei mercati finanziari, considerando da un lato la crescita del loro asset under management che si è verificata dal 2000 ad oggi, dall’altro la sempre maggior propensione ad investire in attività a maggior grado di rischio/rendimento (azioni, alternatives): l’investimento in tali asset class occupa in media più del 50% delle risorse finanziarie disponibili dei fondi di risparmio, dei Sovereign Pension Reserve Funds e delle reserve investment corporation e possono provocare variazioni nelle direzioni dei flussi di capitale nei mercati finanziari internazionali, ma anche problemi di corporate governance delle imprese partecipate se tali veicoli di investimento iniziano a comportarsi come soggetti attivi nella governance d’impresa. Dal lato della regolamentazione, i fondi sovrani non sono soggetti ai medesimi requisiti di trasparenza, di diffusione di informazioni dei altri investitori istituzionali quali fondi pensione e fondi comuni di investimento, ma, per ora, possono aderire ad un codice di condotta volontario noto come “I principi di Santiago”, che promuove un incremento delle informazioni diffuse dai fondi sovrani in termini di composizione del portafoglio, asset under management, governance del fondo, attivismo/passivismo etc. Numerose sono state le proposte, da quelle minimali a quelle maggiormente invasive (come ad esempio la sospensione dei diritti di voto delle azioni detenute dai fondi sovrani stessi), data la natura governativa di tali veicoli di investimento, ma per il momento si è scelta la linea del codice di condotta volontario. Oltre alla verifica empirica condotta con riferimento alla composizione del portafoglio, si è scelto di esaminare un caso di studio, il Korea Investment Corporation, dato che non è stato ancora analizzato dalla comunità scientifica. Tale fondo non-commodity, ovvero le cui risorse finanziarie provengono da trasferimenti di riserve in valuta estera in eccesso da parte della Banca Centrale, si è distinto principalmente per la composizione particolarmente aggressiva del suo portafoglio e per l’affidamento delle gestione di parte dell’asset under management a manager esterni. L’analisi è effettuata partendo dalla situazione economica della Corea del Sud e dal surplus di riserve generato dalla strategia di tipo export led che ha consentito la costituzione del fondo; successivamente sono stati estratti da Thomson Reuters alcuni dati che consentono di identificare l’asset allocation strategica, geografica e settoriale, ma anche le partecipazioni detenute in modo tale da identificarne lo stile di gestione. Da ultimo sono state analizzate le performance e i progressi in termini di trasparenza registrati dal fondo in esame
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Tipologia: Tesi di dottorato
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