L’introduzione delle misure dell’art. 709-ter, secondo comma, c.p.c., in particolare di quelle tipizzate, risponde all’esigenza di colmare il vuoto di tutela presente nel nostro ordinamento, data la mancanza di strumenti in grado di assicurare l’effettivo rispetto dei provvedimenti del giudice sull’affidamento della prole, difficilmente eseguibili coattivamente. Avverso l’inottemperanza a detti provvedimenti non vi erano, infatti, strumenti in grado di reagire, salvo voler ricorrere alla tutela penale con tutte le problematiche connesse, oppure alla richiesta modifica delle condizioni dell’affidamento con finalità punitiva. La finalità di una siffatta previsione sarebbe quella di creare un quadro di misure di coercizione indiretta del genitore, spinto dalla minaccia di una sanzione ad adempiere al meglio agli obblighi imposti dai provvedimenti del giudice. Le misure tipizzate formerebbero in tale ottica un quadro di misure aventi funzione sanzionatoria, volte a garantire l’osservanza e la corretta attuazione dei provvedimenti del giudice. Tuttavia, se tale ricostruzione pare condivisibile per quanto riguarda i rimedi indicati ai nn. 1 e 4, diversamente una più ampia riflessione sulla natura delle due misure “risarcitorie” indicate ai nn. 2 e 3, permette di comprendere come non sia invero possibile ricostruire un quadro unitario.La previsione della condanna al risarcimento dei danni contenuta ai nn. 2 e 3 dell’art. 709-ter c.p.c., secondo comma, ha fin da subito attirato l’attenzione, suscitando la formazione di contrapposti schieramenti tra quanti ritengono rappresenti l’espressa codificazione della responsabilità civile endo-familiare e quanti, invece, sostengono trattarsi di pena privata o addirittura di un danno punitivo.

Responsabilità civile e doveri genitoriali

PARINI, Giorgia Anna
2011-01-01

Abstract

L’introduzione delle misure dell’art. 709-ter, secondo comma, c.p.c., in particolare di quelle tipizzate, risponde all’esigenza di colmare il vuoto di tutela presente nel nostro ordinamento, data la mancanza di strumenti in grado di assicurare l’effettivo rispetto dei provvedimenti del giudice sull’affidamento della prole, difficilmente eseguibili coattivamente. Avverso l’inottemperanza a detti provvedimenti non vi erano, infatti, strumenti in grado di reagire, salvo voler ricorrere alla tutela penale con tutte le problematiche connesse, oppure alla richiesta modifica delle condizioni dell’affidamento con finalità punitiva. La finalità di una siffatta previsione sarebbe quella di creare un quadro di misure di coercizione indiretta del genitore, spinto dalla minaccia di una sanzione ad adempiere al meglio agli obblighi imposti dai provvedimenti del giudice. Le misure tipizzate formerebbero in tale ottica un quadro di misure aventi funzione sanzionatoria, volte a garantire l’osservanza e la corretta attuazione dei provvedimenti del giudice. Tuttavia, se tale ricostruzione pare condivisibile per quanto riguarda i rimedi indicati ai nn. 1 e 4, diversamente una più ampia riflessione sulla natura delle due misure “risarcitorie” indicate ai nn. 2 e 3, permette di comprendere come non sia invero possibile ricostruire un quadro unitario.La previsione della condanna al risarcimento dei danni contenuta ai nn. 2 e 3 dell’art. 709-ter c.p.c., secondo comma, ha fin da subito attirato l’attenzione, suscitando la formazione di contrapposti schieramenti tra quanti ritengono rappresenti l’espressa codificazione della responsabilità civile endo-familiare e quanti, invece, sostengono trattarsi di pena privata o addirittura di un danno punitivo.
2011
8814161860
Affidamento condiviso; danni in famiglia; 709-ter c.p.c.
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