La responsabilità degli Stati membri dell'Ue per le violazioni del diritto europeo commesse dai loro organi giurisdizionali di ultimo grado è stata espressamente riconosciuta per la prima volta dalla Corte di giustizia Ue nella sentenza Köbler del 2003. Tale sentenza ha stabilito che, così come avviene quando la violazione del diritto comunitario sia stata commessa da organi appartenenti ad altri poteri statali, per l'accertamento della responsabilità dello Stato per un danno provocato da un organo di vertice del potere giudiziario devono sussistere tre condizioni: a) la norma giuridica violata deve essere «preordinata a conferire diritti ai singoli»; b) la violazione deve essere «sufficientemente caratterizzata»; c) tra la violazione dell’obbligo spettante allo Stato e il danno subìto dai soggetti lesi deve esserci un «nesso causale diretto». Dopo avere completato l'esame dei «precedenti» giurisprudenziali parlando della sentenza Traghetti del Mediterraneo del 2006, lo scritto si sofferma sulla sentenza 24 novembre 2011, causa C-379/10 (Commissione contro Italia), con la quale la Corte di giustizia ha dichiarato che, escludendo la responsabilità dello Stato per le violazioni del diritto Ue determinate dall’interpretazione di norme di diritto nonché dalla valutazione di fatti e prove e limitando tale responsabilità ai casi di dolo e colpa grave, lo Stato italiano è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per le violazioni del diritto Ue commesse dai loro organi giurisdizionali di ultimo grado. Lo scritto sottolinea che l'intervento richiesto dalla Corte di giustizia al legislatore italiano è circoscritto alla responsabilità dello Stato, e non riguarda la responsabilità del magistrato. Il legislatore dovrebbe inserire nell’ordinamento interno una norma secondo la quale, in caso di violazione manifesta del diritto Ue commessa da un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, il soggetto danneggiato può esercitare un’azione nei confronti dello Stato per ottenere il risarcimento del danno, a prescindere dalle cause che hanno determinato la violazione stessa e, quindi, dalla responsabilità del giudice. Tuttavia, al fine di evitare che possa crearsi un'irragionevole disparità di trattamento fra i soggetti danneggiati, l'intervento del legislatore italiano dovrebbe essere di portata più ampia. Esso dovrebbe estendere la tutela risarcitoria prevista per i soggetti danneggiati dalla violazione del diritto Ue a quelli danneggiati dalla violazione del diritto interno, che altrimenti potrebbero essere risarciti soltanto ove ricorressero le condizioni previste dall’art. 2 della legge n. 117/1988.

La responsabilità dello Stato per la violazione del diritto Ue commessa dal giudice nazionale e la legge sulla responsabilità civile dei magistrati

FERRI, Giampietro
Writing – Original Draft Preparation
2012-01-01

Abstract

La responsabilità degli Stati membri dell'Ue per le violazioni del diritto europeo commesse dai loro organi giurisdizionali di ultimo grado è stata espressamente riconosciuta per la prima volta dalla Corte di giustizia Ue nella sentenza Köbler del 2003. Tale sentenza ha stabilito che, così come avviene quando la violazione del diritto comunitario sia stata commessa da organi appartenenti ad altri poteri statali, per l'accertamento della responsabilità dello Stato per un danno provocato da un organo di vertice del potere giudiziario devono sussistere tre condizioni: a) la norma giuridica violata deve essere «preordinata a conferire diritti ai singoli»; b) la violazione deve essere «sufficientemente caratterizzata»; c) tra la violazione dell’obbligo spettante allo Stato e il danno subìto dai soggetti lesi deve esserci un «nesso causale diretto». Dopo avere completato l'esame dei «precedenti» giurisprudenziali parlando della sentenza Traghetti del Mediterraneo del 2006, lo scritto si sofferma sulla sentenza 24 novembre 2011, causa C-379/10 (Commissione contro Italia), con la quale la Corte di giustizia ha dichiarato che, escludendo la responsabilità dello Stato per le violazioni del diritto Ue determinate dall’interpretazione di norme di diritto nonché dalla valutazione di fatti e prove e limitando tale responsabilità ai casi di dolo e colpa grave, lo Stato italiano è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per le violazioni del diritto Ue commesse dai loro organi giurisdizionali di ultimo grado. Lo scritto sottolinea che l'intervento richiesto dalla Corte di giustizia al legislatore italiano è circoscritto alla responsabilità dello Stato, e non riguarda la responsabilità del magistrato. Il legislatore dovrebbe inserire nell’ordinamento interno una norma secondo la quale, in caso di violazione manifesta del diritto Ue commessa da un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, il soggetto danneggiato può esercitare un’azione nei confronti dello Stato per ottenere il risarcimento del danno, a prescindere dalle cause che hanno determinato la violazione stessa e, quindi, dalla responsabilità del giudice. Tuttavia, al fine di evitare che possa crearsi un'irragionevole disparità di trattamento fra i soggetti danneggiati, l'intervento del legislatore italiano dovrebbe essere di portata più ampia. Esso dovrebbe estendere la tutela risarcitoria prevista per i soggetti danneggiati dalla violazione del diritto Ue a quelli danneggiati dalla violazione del diritto interno, che altrimenti potrebbero essere risarciti soltanto ove ricorressero le condizioni previste dall’art. 2 della legge n. 117/1988.
2012
violazione del diritto dell'Unione europea; giudice nazionale di ultimo grado; responsabilità dello Stato; responsabilità civile dei magistrati
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/389922
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