Questa tesi esamina molteplici aspetti della morfologia del cinese mandarino e le loro implicazioni nel dominio della sintassi, della fonologia e della semantica lessicale. Lo scopo principale di questa ricerca è dimostrare che, contrariamente a comuni convinzioni, il cinese mandarino fa uso di processi morfologici e gli elementi utilizzati nella formazione delle parole cinesi hanno caratteristiche analoghe ad alcune forme morfologiche delle lingue occidentali (ad esempio Italiano, Spagnolo, Inglese, Tedesco e Olandese). Molti sono i casi ed i dati che supportano quest’ultima ipotesi e che permettono di confermare l’assunzione di stampo generativista che vede la stessa struttura in tutte le lingue umane e che dimostra da sempre come una funzione svolta in una lingua da certi elementi (sintattici, morfologici o fonologici) possa essere soddisfatta da elementi diversi in un’altra pur mantenendo lo stesso fine. E’ quello che accade nella formazione delle parole cinesi: una forma che non può essere usata indipendentemente (ossia un morfema legato) viene suffissata da un morfema semanticamente vuoto, ma morfologicamente attivo dal momento che senza modificarne il significato lessicale ne permette l’utilizzo nel lessico e nella sintassi e marca (ossia mette in rilievo) alcuni tratti semantici della parola stessa (nello specifico il tratto [+numerabile]). Lo stesso accade nelle lingue europee. Tra i diversi casi illustrati, particolarmente significativo è quello dell’Italiano e dello Spagnolo: entrambe le lingue utilizzano morfemi semanticamente vuoti, come i suffissi marcanti il genere (-a ed -o) al fine di permettere l’uso morfologico e fonologico delle basi nominali e di marcare in queste parole alcuni tratti morfologici e sintattici. Il fine di questa analisi è perciò vedere come le stesse funzioni morfologiche siano assolte in tutte le lingue ma da elementi diversi. L’analisi si concentra sui processi di derivazione e di composizione e si focalizza sullo studio dei nomi e delle formazioni bisillabiche. A tal scopo, si adottano gli studi di morfologia svolti da Jerome Packard e le analisi condotte da Sproat e Shih sul processo di composizione con radici legate nel cinese. Altre ipotesi illustrate, discusse ed adottate sono quelle di Rint Sybesma sulla morfosintassi dei nomi contabili, di San Duanmu sulla fonologia, di Tanhia Reinhart sulle operazioni lessicali e le ipotesi relative alla sintassi dei classificatori proposte da Lisa Cheng e Rint Sybesma. Lo studio di processi morfologici del cinese parte dall’analisi di uno dei morfemi più frequenti nel lessico del cinese mandarino moderno, zi. Zi ha due distinte realizzazioni nella lingua: è radice legata utilizzata per la creazione di un lessico specifico e spesso nuovo (legato alla scienza e alla tecnologia) ed è suffisso.

This thesis examines several word-formation processes in modern Mandarin Chinese and compares the functions and the usages of some Mandarin morphological elements with various Indo-European roots and affixes. The main purpose of this work is to show that, despite the common belief, Mandarin Chinese has morphological processes and the elements used in word-formation have the same structure and the same triggers of several forms found in the morphology of Italian, Spanish, English, German and Dutch. Our analysis considers exclusively Mandarin nouns and principally concentrates on twosyllable words. More specifically, we focus on the morphological aspects and on the functions of three bound elements, (z-zi), (ér-r) and (tóu/tou) and on their involvement in two morphological processes, compounding and derivation. Concerning the process of compounding, these three elements are nominal roots with a lexical meaning and cannot be used alone (they are “bound” morphemes) but only in combination with other roots in order to form a (free) compound-form. With the intention of explaining the usage of these bound roots in the modern lexicon we posit that they derive from ancient free forms which became bound in an uncertain stage of the language. We also point out their tendency of retaining their phonological aspects (i.e., their tone) and of being very productive in the creation of new words, especially technical and scientific terms. In addition, on the grounds of the analyses conducted by Sproat and Shih (1996) and by Packard (2000) we argue for some similarities between Mandarin bound roots and a group of Indo-European bound words which we refer to as “semi-words” (or as semi-parole by adopting the definition and the analysis proposed by Scalise, 1984, 1994); an example is the semi-word –graph– in the English word graphology. We propose that Mandarin and European bound roots are similar in the frequency, in the distribution and in the development of the compounding process they take part to. We support this idea by showing that both Mandarin bound roots and English semi-words (as well as Italian semiparole) have an old origin, both are still productive, both are nowadays used not as free but as bound forms to create new free words. Moreover, both their original old meanings can change according to new and more technical contexts and to their frequency. Finally we state that even though Mandarin bound roots and European semi-words are bound morphemes they are not “real affixes” (i.e., bound elements with a grammatical function) and behave more like content words with a lexical meaning (i.e., like constituents in complex words).

Morphological processes in the mandarin nominal domain

PIRANI, Laura
2007-01-01

Abstract

This thesis examines several word-formation processes in modern Mandarin Chinese and compares the functions and the usages of some Mandarin morphological elements with various Indo-European roots and affixes. The main purpose of this work is to show that, despite the common belief, Mandarin Chinese has morphological processes and the elements used in word-formation have the same structure and the same triggers of several forms found in the morphology of Italian, Spanish, English, German and Dutch. Our analysis considers exclusively Mandarin nouns and principally concentrates on twosyllable words. More specifically, we focus on the morphological aspects and on the functions of three bound elements, (z-zi), (ér-r) and (tóu/tou) and on their involvement in two morphological processes, compounding and derivation. Concerning the process of compounding, these three elements are nominal roots with a lexical meaning and cannot be used alone (they are “bound” morphemes) but only in combination with other roots in order to form a (free) compound-form. With the intention of explaining the usage of these bound roots in the modern lexicon we posit that they derive from ancient free forms which became bound in an uncertain stage of the language. We also point out their tendency of retaining their phonological aspects (i.e., their tone) and of being very productive in the creation of new words, especially technical and scientific terms. In addition, on the grounds of the analyses conducted by Sproat and Shih (1996) and by Packard (2000) we argue for some similarities between Mandarin bound roots and a group of Indo-European bound words which we refer to as “semi-words” (or as semi-parole by adopting the definition and the analysis proposed by Scalise, 1984, 1994); an example is the semi-word –graph– in the English word graphology. We propose that Mandarin and European bound roots are similar in the frequency, in the distribution and in the development of the compounding process they take part to. We support this idea by showing that both Mandarin bound roots and English semi-words (as well as Italian semiparole) have an old origin, both are still productive, both are nowadays used not as free but as bound forms to create new free words. Moreover, both their original old meanings can change according to new and more technical contexts and to their frequency. Finally we state that even though Mandarin bound roots and European semi-words are bound morphemes they are not “real affixes” (i.e., bound elements with a grammatical function) and behave more like content words with a lexical meaning (i.e., like constituents in complex words).
2007
morphological processes; mandarin nominal domain
Questa tesi esamina molteplici aspetti della morfologia del cinese mandarino e le loro implicazioni nel dominio della sintassi, della fonologia e della semantica lessicale. Lo scopo principale di questa ricerca è dimostrare che, contrariamente a comuni convinzioni, il cinese mandarino fa uso di processi morfologici e gli elementi utilizzati nella formazione delle parole cinesi hanno caratteristiche analoghe ad alcune forme morfologiche delle lingue occidentali (ad esempio Italiano, Spagnolo, Inglese, Tedesco e Olandese). Molti sono i casi ed i dati che supportano quest’ultima ipotesi e che permettono di confermare l’assunzione di stampo generativista che vede la stessa struttura in tutte le lingue umane e che dimostra da sempre come una funzione svolta in una lingua da certi elementi (sintattici, morfologici o fonologici) possa essere soddisfatta da elementi diversi in un’altra pur mantenendo lo stesso fine. E’ quello che accade nella formazione delle parole cinesi: una forma che non può essere usata indipendentemente (ossia un morfema legato) viene suffissata da un morfema semanticamente vuoto, ma morfologicamente attivo dal momento che senza modificarne il significato lessicale ne permette l’utilizzo nel lessico e nella sintassi e marca (ossia mette in rilievo) alcuni tratti semantici della parola stessa (nello specifico il tratto [+numerabile]). Lo stesso accade nelle lingue europee. Tra i diversi casi illustrati, particolarmente significativo è quello dell’Italiano e dello Spagnolo: entrambe le lingue utilizzano morfemi semanticamente vuoti, come i suffissi marcanti il genere (-a ed -o) al fine di permettere l’uso morfologico e fonologico delle basi nominali e di marcare in queste parole alcuni tratti morfologici e sintattici. Il fine di questa analisi è perciò vedere come le stesse funzioni morfologiche siano assolte in tutte le lingue ma da elementi diversi. L’analisi si concentra sui processi di derivazione e di composizione e si focalizza sullo studio dei nomi e delle formazioni bisillabiche. A tal scopo, si adottano gli studi di morfologia svolti da Jerome Packard e le analisi condotte da Sproat e Shih sul processo di composizione con radici legate nel cinese. Altre ipotesi illustrate, discusse ed adottate sono quelle di Rint Sybesma sulla morfosintassi dei nomi contabili, di San Duanmu sulla fonologia, di Tanhia Reinhart sulle operazioni lessicali e le ipotesi relative alla sintassi dei classificatori proposte da Lisa Cheng e Rint Sybesma. Lo studio di processi morfologici del cinese parte dall’analisi di uno dei morfemi più frequenti nel lessico del cinese mandarino moderno, zi. Zi ha due distinte realizzazioni nella lingua: è radice legata utilizzata per la creazione di un lessico specifico e spesso nuovo (legato alla scienza e alla tecnologia) ed è suffisso.
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